Sul CORRIERE della SERA di oggi, 19/10/2013, a pag.13, con il titolo " L'apertura degli Stati Uniti , sanzioni più leggere all'Iran", Guido Olimpio riferisce sui previsti successi che la teocrazia iraniana sta ottenendo negli Stati Uniti grazie alla linea calabrache del Presidente Obama.

Il credulone e il furbastro
WASHINGTON — Siamo ancora alla fase della discussione. Un’ipotesi di lavoro, ma il fatto stesso che se ne discuta conta. Così come pesa che la notizia sia uscita. Gli Stati Uniti stanno considerando di alleggerire le sanzioni nei confronti dell’Iran. Secondo il New York Times è possibile che vengano scongelati dei beni iraniani all’estero. Inoltre la Casa Bianca chiederà al Senato di rinviare un nuovo pacchetto di misure contro i mullah (riguardano il settore petrolifero) a dopo il 7 novembre, data prevista per altri negoziati sul programma nucleare. La doppia mossa dell’amministrazione Obama, da un lato vuole mandare un segnale di incoraggiamento agli iraniani affinché intraprendano trattative serie, dall’altro punta comunque a mantenere la pressione sul regime con un apparato di sanzioni sempre piuttosto pesanti. Le manovre del Dipartimento di Stato dovranno però superare il giudizio del Congresso e di molti critici. Per questo i funzionari parlano di idee preliminari, ancora al centro di un dibattito nei corridoi della diplomazia americana. Che riparte comunque dal summit a Ginevra. L’ultimo colloquio con la delegazione iraniana ha creato un’atmosfera positiva, i toni sono cambiati, è emerso dell’ottimismo, però non c’è stata alcuna svolta drammatica. E probabilmente era impensabile che accadesse. Tuttavia in molti aspettano passi concreti da parte di Teheran che, per ora, ha offerto ben poco. Gli iraniani vorrebbero concentrarsi sull’arricchimento dell’uranio al 5%, abbandonando quello al 20% (suscettibile di impieghi militari). Poi hanno presentato una sorta di «roadmap» per arrivare ad un’intesa. Tutto interessante, ma che richiede delle verifiche, anche perché al tempo stesso l’Iran continua nella sue ricerche nell’impianto sotterraneo di Fordo e ha posto dei paletti. Inoltre c’è l’eterna incognita sul peso dell’ala più radicale e della Guida Alì Khamenei. I contatti sono seguiti da vicino dagli israeliani, per nulla contenti del disgelo sull’asse Teheran-Washington. Oggi più che mai il premier Bibi Netanyahu invoca fermezza e chiede agli Usa di mantenere le sanzioni. Tutto si sviluppa in un quadro instabile, dove non mancano colpi bassi. L’ultimo riguarda il Mit, il servizio segreto turco. Sembra che l’intelligence di Ankara abbia rivelato all’Iran l’identità di una rete di informatori iraniani basati sul territorio turco al servizio del Mossad israeliano. Erano talpe alla ricerca di informazioni sui siti nucleari? Forse. Di sicuro si è trattato di un «botta e risposta» tra spie provocato — si dice — dall’abbordaggio da parte di Israele alla nave turca piena di attivisti diretta a Gaza nel 2010. Alla guida del Mit, c’è Hakan Fidan, uomo di fiducia del premier Erdogan. Molto abile, tessitore silenzioso, è tenuto d’occhio anche dagli Usa. Non sono pochi i sospetti di un rapporto stretto tra le «ombre» turche e quelle iraniane. Inoltre inquietano gli aiuti logistici garantiti, fino a poche settimane fa, ai qaedisti in Siria.
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