Riportiamo da LIBERO di oggi, 18/10/2013, a pag. 1-14, l'articolo di Giordano Tedoldi dal titolo " Sul video di Priebke ci avevano raccontato un sacco di panzane ".
Erich Priebke
Tralasciamo di riprendere le ennesime cronache sul funerale del criminale nazista Erich Priebke. Ci sembra, però, doveroso riportare l'articolo di Tedoldi che contiene valutazioni inaccettabili.
Già un paio di giorni fa Libero aveva tentato un'assurda difesa di Priebke con un articolo di Pierangelo Maurizio non ripreso su IC dato il livello.
Non che il pezzo di Tedoldi sia meglio, anzi. Un insieme di cavilli linguistici e non, totalmente inutile. Già dalle prime righe si può capire quale sarà il tono dell'articolo, che prosegue in una poco comprensibile e contorta difesa di Priebke con attacco al sindaco di Roma, alle autorità e ai giornalisti, colpevoli, secondo Tedoldi, di aver esagerato nelle descrizioni della crudeltà di Priebke.
Ecco il pezzo:
Con la morte del centenario Erich Priebke, era facile immaginare che si sarebbero riaperte antiche ferite. Peccato che l’unico modo che noi italiani conosciamo di ricucirle è l’esagerazione, il fanatismo, quando non l’esplici - ta falsificazione. Il demagogico sindaco di Roma che via twitter nega i funerali «solenni» (e quelli non solenni?) perché la capitale è medaglia d’oro della resistenza contro il nazifascismo. La messa in scena, esibizionistica e vile, di una riproduzione piccolo-boghese, tardo- sessantottina, della «guerra civile», durante le esequie di Priebke nella piazza di Albano. La storia trasformata in una discussione tra energumeni di opposti estremismi (o meglio, idiotismi) che invece di argomenti e prove si scambiano calci e pugni, oppure, quando va bene, tra ex capetti studenteschi ignoranti che al liceo marcavano visita, troppo impegnati a scaldarsi nelle occupazioni anziché leggere i libri, e ora, quando sentono parlare di negazionismo, si trovano sprovveduti, e per loro il grande nemico non è Hitler, nemmeno Himmler, no, è Erich Priebke, uno che di sé diceva «ero in buoni rapporti col caposcorta di Goering», tanto per chiarire la nullità del personaggio. Un uomo per il quale Hannah Arendt avrebbe dovuto adeguare la definizione che riservò ad Adolf Eichmann, il responsabile «logistico» della deportazione degli ebrei: non banalità, ma ultrabanalità del male.
SERIAL KILLER
A leggere certi articoli sulla morte di Priebke, come quello di Emanuela Audisio su Repubblica, pare sia morta un’entità spettrale, il Male assoluto incarnato, un ologramma di Himmler, che si mostrava «fiero di essere un assassino », anzi no, «quasi fiero». Come si può essere quasi fieri? Tutto è possibile nella pubblicistica politicamente corretta, anche provare sentimenti validi solo sul piano cartaceo. La versione che bisogna accogliere è quella che Priebke non fosse un militare, responsabile (altroché se responsabile!) di una rappresaglia in tempo di guerra, no, lui è lo sterminatore che, si legge tra i vaneggiamenti di Facebook, ha ucciso personalmente, ad una ad una, con un colpo alla nuca, le 335 (forse 336) vittime fucilate alle Fosse Ardeatine, perché era un serial killer nazista. Ricostruzioni piene di incoerenze, di sciocchezze. Se Priebke fosse stato quel serial killer che dicono gli storici horror, allora non c’entrava nulla il nazismo, da questo punto di vista, paradossalmente, sarebbe un irresponsabile, un folle da internare più che da giudicare. Se invece era inquadrato nelle SS, allora era quello che era: un capitano che, nella catena di comando, stava in una posizione intermedia. Totalmente responsabile dell’eccidio, ma non più né meno sadico di tutti gli altri suoi commilitoni. Adesso è uscito anche il videotestamento di Priebke, girato dal suo avvocato, e che reca la abbastanza risibile (in questo contesto) frase di Tito Livio, Vae Victis, guai ai vinti. Dal video, piaccia o non piaccia, non c’è la manifestazione di quell’anima dannata in corpo di vecchio decrepito che si legge in tante descrizioni sul boia delle Fosse. C’è una larvale SS che parla di aver ricevuto un ordine al quale «non era possibile rifiutarsi» dal capitano Schultz, che a sua volta era stato nominato dal superiore Kappler, nel quadro della politica di rappresaglia pubblicamente annunciata da Kesselring, e via così. Conosciamo la versione perché è la solita solfa recitata da tutti i soldati accusati di aver commesso eccidi, in tutti i conflitti, quando vengono chiamati a rendere conto delle loro azioni. Non è una specialità del «nazista superbo e stizzoso», come scrive Audisio. La SS centenaria mostra nel video la dichiarazione letta nel 1996 davanti al tribunale militare di Roma in cui dichiara: «Sento, dal profondo del cuore il bisogno di esprimere le mie condoglianze per il dolore dei parenti delle vittime delle Fosse Ardeatine... Come credente non ho mai dimenticato questo tragico fatto, per me l’ordine di partecipare all’azione fu una grande tragedia intima... Io penso ai morti con venerazione e mi sento unito ai vivi nel loro dolore». Cos’è questo? L’ultimo espediente di un diabolico mistificatore di ingannare anche l’Altissimo? La contrizione di chi teme il giudizio di Dio nell’imminenza della fine? Sia pure così, ma come si concilia questa interpretazione con la descrizione fornita dall’Audisio del nazista che, fino alla morte, non ha mostrato «una briciola di pietà per gli orrori suoi e della guerra»? Possiamo argomentare che la «grande tragedia intima» e il «pensare ai morti con venerazione » messi nero su bianco da Priebke siano cavilli ipocriti, blandizie fuori tempo massimo, troppo poco e troppo tardi. Tutto questo si può sostenere. Ma no, non sarebbe una versione abbastanza piccante per i palati che vogliono illudersi che in quelle immagini c’è Satana. il messaggio che deve passare e ficcarsi bene nei cervelli è un altro: il capitano Priebke, di cui nessuno si era occupato per cinquant’anni, mentre era a San Carlos de Bariloche in Argentina, era in realtà peggio del Reichsführer delle SS, Heinrich Himmler. Di un ingranaggio come tanti del dominio totalitario, hanno fatto una testa pensante, un sinistro capo, un avversario carismatico.
L’ANTICRISTO
Improvvisamente si è scoperta l’enormità del negazionismo non perché è esistito Hitler e Himmler, ma perché è morto Priebke o perché Odifreddi straparla, come gli capita spesso, come se vivesse sulla Luna dei matematici costituiti solo di fredda logica vulcaniana. A leggere l’intervista di Priebke al suo avvocato, quella che ha seminato tanto scandalo, sembrava di sentire non Lucifero, ma il suo emissario formatosi su un corso rapido di pratica democratica per principianti. Un florilegio di «se per ipotesi», «ammesso per assurdo che», di scaricabarile, di «hanno cominciato i Russi». Una lettura penosa sul piano storico e, peggio ancora, umano. Di questo figuro, si è fatto un Anticristo, uno da prendere a calci e sputi fin nel feretro, con la benedizione degli articoli di chi lo ha descritto fino all’ultimo come uno pronto a sparare per strada agli ebrei. Benvenuti nella menzogna della bontà.
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