Il commento di Davide Romano
Davide Romano
Portavoce della sinagoga Beth Shlomo. di Milano, conduttore televisivo, scrittore, autore di opere teatrali, collabora con La Repubblica - Milano
Nelle scorse settimane vi sono state le tante dichiarazioni concilianti del presidente iraniano Rouhani, seguite da cori di sperticati elogi nei suoi confronti da parte del mondo intero. Questa settimana però il commentatore del Corriere della Sera Franco Venturini ha messo i puntini sulle i spiegando che - soprattutto in temi come il nucleare - oltre alle parole servono i fatti. E finchè le centrali non vengono messe sotto controllo e rese non utilizzabili per le armi nucleari, nulla deve cambiare riguardo alle sanzioni previste nei confronti del regime iraniano. Una puntualizzazione importante, vista l'aria di eccessivo entusiasmo che il mondo sta riservando al successore di Ahmadinejad. Certo, è un fatto che Rouhani rispetto al suo delirante predecessore parla in maniera molto meno provocatoria. Ma ricordiamo anche che quando si ascolta un politico bisogna anche guardare al calendario. E proprio la settimana prossima ci sarà un importante incontro legato alla trattativa sul nucleare e le sanzioni che colpiscono il suo Paese.
C’è comunque qualcosa di irreale nella discussione in atto tra chi crede nel premier iraniano Rouhani e chi invece ne diffida. Il motivo per cui la disputa è agguerrita è che si discute della buona o cattiva fede del personaggio. Scrutare e capire quali sono le reali intenzioni nella testa di qualcuno è per definizione materia oscura, figuriamoci se parliamo di un politico. Roba da mago Otelma insomma, più che da osservatori della politica internazionale. In realtà è l'argomento stesso del dibattito a essere senza senso, per almeno tre motivi:
1) Le reali intenzioni di Rouhani sono al momento irrilevanti. Il vero leader nonché detentore del potere in Iran è l’ayatollah Khamenei. Qualunque decisione passa dal suo benestare. Per intenderci, lui è a capo della Commissione che concede o meno il permesso di candidarsi al Parlamento o alla guida del Paese. E’ lui il Capo Supremo della Repubblica, unica autorità indiscussa.
2) Spesso si fa l’errore di applicare alla politica mediorientale le categorie della politica occidentale. L’idea che una persona possa vincere le elezioni e governare come in un qualsiasi paese occidentale è fallace. Ci sono paesi dove non contano tanto i voti, quanto le armi e i guerriglieri di cui disponi (e noi italiani che abbiamo le mafie in casa, dovremmo saperlo). In Libano per esempio, Hezbollah potrebbe anche perdere le elezioni, ma continuerà a decidere. Dispone infatti di una milizia ben armata e addestrata, che non ha nulla da temere di fronte – per esempio - all’esercito libanese. In Iran è lo stesso. Esiste un esercito e esistono delle milizie “rivoluzionarie”. Rouhani può anche essere un vero riformatore, ma finché l’esercito e le milizie restano in mano a fanatici non potrà fare nulla. Per questo sono sbagliati i paralleli tra Gorbaciov e Rouhani: Gorbaciov aveva a che fare “solo” con l'esercito, di cui peraltro aveva il comando. Non così per l’attuale premier iranian o.
3) Spesso dietro alla discussione su Rouhani buono/cattivo si nasconde la volontà di affrontare o meno la scottante questione del nucleare iraniano. In quest’ottica spesso si finisce a parlare solo della sicurezza di Israele. Anche in questo caso però, si fa un errore. La questione di un Iran nucleare infatti non è un pericolo “solo” per Israele, ma per l’intero Medio Oriente e la comunità internazionale. Spesso importanti commentatori scrivono a proposito dell’Iran, che vuole ottenere il “nucleare islamico”. Niente di più sbagliato: l’obiettivo è invece quello di ottenere il “nucleare sciita”. Per questo tutti i paese islamici sunniti sono assai preoccupati dal nucleare iraniano: tra musulmani delle diverse correnti religiose infatti, al di là delle parole, vige un odio settario. Basta guardare a quanto ancora oggi avviene in Iraq nella guerra tra sciiti e sunniti, con attentati quotidiani che puntano allo sterminio dell’altro. Pensiamo solo al tipo di attentati: causati di proposito in moschee o scuole, con la precisa volontà di eliminare l’atro. Per questo se l’Iran dovesse davvero raggiungere il nucleare allora sì, partirà la corsa al nucleare “sunnita” da parte delle varie monarchie dell’area, e il Medio Oriente diventerebbe una polveriera nucleare. Una corsa agli armamenti che, è bene ricordarlo, non è partita quando Israele ha ottenuto la bomba atomica: per il semplice motivo che, al di là della propaganda, tutti sanno – paesi arabi inclusi - quanto Israele sia ragionevole e tutt’altro che intenzionato a usarla.
Ricapitolando, alla prossima discussione televisiva relativa alla bontà o meno delle intenzioni di Rouhani, fate la cosa migliore: cambiate canale. Chi parla di questo parla del nulla. Le questioni reali purtroppo, in Iran, sono altre: chi detiene il potere militare e chi quello politico. E in entrambi casi, non si tiri in ballo Rouhani. Lui non ha né l’uno né l’altro.