Su TUTTOLIBRI/LA STAMPA di oggi, 12/10/2013, a pag.III, con il titolo "Nel Sud della Francia gli sposi ebrei in crisi", Lorenzo Mondo recensisce il nuovo romanzo di Elena Loewenthal "La lenta nevicata dei giorni", Einaudi editore.
La copertina Elena Loewenthal
Nel romanzo "La lenta nevicata dei giorni "di Elena Loewenthal, ciascun capitolo è contrassegnato da una data e tutti insieme danno vita a un percorso narrativo che si svolge dal 1941 ai nostri giorni. Senza rispettare l’ordinata successione temporale, ma scambiando il prima e il dopo in un modo che può apparire capriccioso e risponde invece, come vedremo, a una motivazione profonda. Si comincia con il ritorno a Parigi di Fernande e André dopo la guerra. Sono due giovani sposi, entrambi ebrei, scampati fortunosamente ai campi di sterminio avendo trovato rifugio nel Sud della Francia. La distrazione dei tedeschi e occulte protezioni li rinserrano in uno spazio che, al confronto con la tragica realtà della guerra e della persecuzione, assume a tratti i colori di un Eden, sospeso tra cielo e mare.Ma resiste in loro la sensazione di essere braccati, l’angoscia per i familiari spariti e annientati. Con la libertà ritrovata (e i sostanziosi beni familiari recuperati da André) viene meno paradossalmente, anzichè rafforzarsi, il loro amore. Non basterà a salvare il matrimonio, al di là di una duratura amicizia, la «casa dei sogni», la villetta sotto il faro che hanno ac- quistato dopo averla vagheggiata durante la fuga. Come le donne dei pescatori che un tempo scendevano sulla riva del mare ad attendere il ritorno dei loro uomini, anche lei è prigioniera di una assenza. Inutilmente cerca di colmarla concedendosi, con passiva tenerezza, al Poeta, un artista stravagante che sembra incarnare una figura paterna. Non riesce infatti a cancellare le notizie dell’orrore che giungono dal passato, l’ossessione di una neve che cade densa e cinerina, sporcata dai fumi dei forni crematori (un’estensione del verso di Primo Levi, la «la lenta nevicata dei giorni», che dà titolo al romanzo). La sua è in fondo la storia di una salvezza rifiutata, inappagata dalla positività che viene espressa nel libro dalla luce mediterranea. Si comprende allora il senso di una narrazione che non soltanto procede a strappi di memoria, ma abolisce il regolare svolgersi del tempo, di un tempo che, per Fernande, non passa mai. Sembrano evocata da lei le altre storie, di parenti e conoscenti, che si diramano dalla Costa Azzurra toccando Torino, Tubinga, Praga... Dove si registrano razzie, trasferimenti nei vagoni piombati, fosse comuni, camere a gas. Impressionante, tra gli altri più consueti, il capitolo sul «museo dellamorte» istituito a Praga dai nazisti. Doveva essere ilmuseo della razza estinta, che avrebbe testimoniato per i posteri la definitiva vittoria del Reich sul giudaismo. Ernst, il curatore superstite, catalogamanoscritti e oggetti depredati in ogni parte d’Europa, materiali che si infoltiscono a mano a mano che nelle strade vanno rarefacendosi gli ebrei. In attesa che venga il suo turno. Tra i vigorosi personaggi disegnati da Elena Loewenthal, Fernande resta la protagonista. Tant’è che ad un certo punto non esita ad impossessarsi della prima persona ed a ricapitolare, ormai vecchia, sopravvissuta alle persone care, il senso del libro, e della propria esistenza. Viene quasi a proporsi come una vestale della memoria, come una custode inesorabile di eventi terribili.
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