Sul CORRIERE della SERA di oggi, 10/10/2013, a pag. 21, con il titolo " Egitto, Morsi sarà processato, America verso il taglio agli aiuti ", Cecilia Zecchinelli aggiurna sugli ulimi avvenimenti in Egitto, l'imminente processo all'ex presidente Morsi e il taglio degli aiuti economici deciso dall'amministrazione americana.


Morsi a processo Taglio di $ Usa al Gen.Al-Sisi
Restaurazione guidata dal generale Abdel Fattah Al Sisi prosegue senza cedimenti in Egitto, nonostante le (timide) voci d’allarme che si levano dalla comunità internazionale e dal fronte dei suoi alleati. L’ex raìs islamico Mohammad Morsi, deposto in diretta tv dallo stesso Al Sisi il 3 luglio e da allora sparito in un «luogo sicuro» senza contatti con parenti e avvocati, sarà processato il 4 novembre per «istigazione all’omicidio». L’accusa è di avere incitato elementi violenti a uccidere una decina di dimostranti nel dicembre 2012 a un sit-in contro l’allora sua presidenza. Con lui saranno chiamati alla sbarra altri 14 leader della Fratellanza musulmana, ora in carcere o latitanti. La decisione del generale che ha guidato il golpe di luglio e da allora regge il Paese può essere rischiosa, con i Fratelli certo indeboliti ma non annientati. Privo della leadership, con 2 mila membri in cella e più di un migliaio uccisi dalle forze dell’ordine, dichiarato illegale da una recente sentenza che ne anticipa pure il sequestro dei beni, il movimento insiste nel protestare con sempre meno organizzazione e controllo interno. Domenica durante vari cortei ci sono stati 57 morti, quasi tutti pro Morsi. E da lunedì alcuni attentati mortali hanno colpito militari e polizia, ritorsione delle frange più dure, mentre i jihadisti del Sinai continuano la campagna di attacchi ripresa con forza da luglio. Molti analisti ritengono che processare l’ex raìs in questa fase ancora calda sia avventato. Non a caso si parla di usare come tribunale il carcere di Tora o la stessa aula blindata dell’Accademia militare dove Hosni Mubarak fu condannato all’ergastolo per complicità nell’omicidio dei quasi mille morti della Rivoluzione. Verdetto annullato due mesi fa: Mubarak è ai domiciliari in attesa che si rifaccia il processo. Una sua (probabile) assoluzione e una condanna (altrettanto probabile) di Morsi accenderebbe ulteriormente la rabbia della Fratellanza, o quel che ne resta. Ma Al Sisi e molti suoi alleati hanno fretta di chiudere il capitolo «Fratellanza», annientandola, nonostante le dichiarazioni di «voler includere tutti nel processo politico». Lo stesso vale per l’impegno dei generali a farsi da parte «appena possibile»: ieri Al Sisi non ha escluso di partecipare alle presidenziali del 2014, che vincerebbe vista la sua popolarità e l’assenza di veri rivali. Sayed Al Masri, il leader del maggior partito liberal della coalizione al potere, ha dichiarato di non trovare «auspicabile» la canditatura del generale («farebbe pensare al mondo che è stato un golpe»), di ritenere sbagliata la messa al bando politica della Fratellanza. È in fondo la stessa posizione, più o meno esplicita, di Europa e Stati Uniti. Questi ultimi ieri hanno annunciato un «taglio consistente» degli aiuti versati al Cairo dalla pace con Israele del 1979. In tutto 1,55 miliardi di dollari all’anno, di cui 1,3 direttamente ai militari. Rimarrebbero i fondi per la lotta al terrorismo e la sicurezza dei confini. Dopo averlo anticipato (minacciato?) più volte, il presidente Barack Obama ora ha deciso di agire. Ma per Al Sisi, né i dubbi dal fronte interno né quelli internazionali sembrano contare molto. E se gli Usa si apprestano a tagliare un miliardo di dollari, i sauditi e i loro amici del Golfo gliene hanno da poco concessi 12.
Per inviare al Corriere della Sera la propria opinione, cliccare sulla e-mail sottostante