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Ugo Volli
Cartoline
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La verità sulla politica di Israele 09/10/2013
La verità sulla politica di Israele
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

Cari amici,

Informazione Corretta è nata una dozzina d'anni fa per dare un resoconto critico di come la stampa italiana racconta il Medio Oriente, e continua a farlo ogni giorno con pazienza e determinazione. Ma spesso criticare non basta, bisogna dare le notizie ignorate, con la speranza che qualcuno ci riprenda, che i lettori spargano la voce in quel gigantesco mezzo di comunicazione che è il web, in cui le informazioni si diffondono solo se chi le legge si impegna a rilanciarle. C'è infatti un paradosso nella stampa occidentale e italiana in particolare rispetto a Israele: un'attenzione quasi maniacale, del tutto sproporzionata alla dimensione del conflitto e dei suoi attori, ma insieme anche una censura molto forte, che sottolineo spesso: la regola è che i giornali parlano  solo delle cose che possono  danneggiare Israele, ma ignorano le sue posizioni e sottavalutano sistematicamente le notizie a suo favore o quelle che documentano la malafede e la violenza araba.

Prendete Netanyahu: è il primo ministro israeliano con più anni di servizio dopo Ben Gurion, continua ad avere un forte appoggio personale nell'elettorato, dato il sistema di governo israeliano è colui che avrà l'ultima parola su questioni cruciali per la regione e il mondo intero, non solo la trattativa con l'Anp, ma anche le reazioni ad eventuali attacchi terroristici (leggete qui per un quadro terrorizzante ma non certo improbabile: http://www.i24news.tv/fr/actu/israel/diplomatie-defense/131008-terrorisme-le-scenario-catastrophe-de-benny-gantz ) e soprattutto l'azione militare per neutralizzare l'armamento atomico che l'Iran sta cercando di allestire. E' un politico freddo e calcolatore, ma anche un uomo appassionato e segnato da forti ideali. Comunque è colui che esprime le posizioni di Israele. Bene, avete mai letto su un giornale italiano un'intervista, o un'analisi seria delle sue posizioni, anche solo un riferimento attendibile a quel che dice in pubblico?

Eppure non è difficile. Nell'ultima settimana o giù di lì, Netanyahu ha fatto due importanti discorsi. Il primo è stato pronunciato il 1 ottobre all'assemblea generale dell'Onu (lo trovate qui: http://www.timesofisrael.com/full-text-netanyahus-2013-speech-to-the-un-general-assembly/   trascritto e anche in registrazione video, consigliabile per chi conosce un po' l'inglese, dato che Netanyahu è anche un ottimo oratore sia in ebraico che in inglese). I giornali ne hanno accennato appena, ma è importante seguire il suo ragionamento. Il secondo è stato detto invece tre giorni fa in ebraico a un convegno dell'Università Bar Ilan. La traduzione inglese è qui (http://www.pmo.gov.il/English/MediaCenter/Speeches/Pages/speechbegin061013.aspx ), la registrazione con doppiaggio in inglese è qui (http://www.youtube.com/watch?v=WqS0gaBleOY , attenzione, il discorso di Netanyahu incomincia al minuto 51 e 20 secondi circa, prima ci sono altri oratori e anche lunghe pause). E' un discorso importante anche per il luogo, dato che proprio a Bar Ilan il primo ministro israeliano annunciò quattro anni fa per la prima volta la sua accettazione della soluzione dei "due stati per due popoli" alla crisi e questo è naturalmente un aggiornamento di quella dichiarazione. Ma i giornali occidentali non ne hanno quasi parlato.

Non ve ne faccio un riassunto, vorrei invitarvi davvero a leggere e a guardare questi discorsi, che sono la sintesi della posizione politica israeliana in questo momento. Ma vi sottolineo i punti principali.

All'Onu Netanyahu ha parlato soprattutto dell'Iran, cercando di mostrare ancora una volta al mondo i pericoli del suo armamento atomico e di smascherare l'offensiva propagandistica di Rohani. Senza contraddire apertamente Obama, ha posto dei paletti alla sua politica di apertura nei confronti degli ayatollah, annunciando che Israele, in caso di necessità, è pronto a procedere da solo e accennando in maniera marginale ma molto significativa che ha in questo il sostegno di alcuni paesi arabi.  Trovate una sintesi di queste posizioni qui: http://www.gatestoneinstitute.org/4007/israel-warning-iran. Netanyahu ha concluso il discorso dell'Onu spiegando l'ethos fondamentale dello stato ebraico, la sua determinazione a difendersi e a impedire con tutte le sue forze una nuova Shoà, che è anche la ragione per cui tutti gli ebrei non ubriachi di ideologia o dimentichi di se stessi appoggiano Israele.

Il discorso di Bar Ilan è dedicato soprattutto al rapporto con l'Anp. Netanyahu ha confermato la sua disponibilità per le trattative, ma ha smontato punto a punto la propaganda filoaraba.
 

Gran Mufti Haj Amin al-Husseini  con Hitler

Ecco il riassunto del Jerusalem Post: "La radice dei problemi, ha detto, non sta nei "cosiddetti territori" o negli insediamenti in Cisgiordania. Arabi palestinesi attaccarono gli Ebrei a Jaffa e massacrato gli ebrei a Hebron, distruggendo una comunità antica già nel 1921. Allora non era un conflitto territoriale, gli ebrei non avevano alcun territorio. Poi il primo ministro ha ribadito il suo argomento, osservando che il Gran Mufti Haj Amin al-Husseini era socio e consulente di Hitler e di Eichmann[...] Il mufti ha offerto musulmani come soldati delle SS e fatto trasmissioni di propaganda nazista. Gli ebrei non aveva ancora uno stato allora. Non c'erano insediamenti in Cisgiordania. La radice del conflitto, Netanyahu ha insistito, è che i palestinesi non vogliono che gli ebrei stiano in Israele. L'Autorità palestinese dice che riconosce Israele, ma che non è sufficiente. Devono riconoscere Israele come Stato ebraico e patria del popolo ebraico, e fino a quando ciò non accade, non ci può essere pace."  (http://www.jpost.com/Diplomacy-and-Politics/Netanyahu-puts-a-damper-on-Israeli-Palestinian-peace-process-at-2013-Bar-Ilan-speech-328052

E' una posizione molto forte, ma non bisogna pensarla come astrattamente ideologica o contraria alla pace. Il punto è che la pace si fa sì fra nemici, ma solo alla condizione di un riconoscimento reciproco almeno parziale delle posizioni di fondo e della loro legittimità. L'ostacolo principale alla pace è il rifiuto dell'Anp e in genere del mondo arabo di riconoscere la realtà dei legami degli ebrei con Israele, che sfocia da un lato nella grottesca negazione dell'esistenza di cose benissimo documentate nella storia e nell'archeologia, come il Tempio di Gerusalemme; dall'altro in una demonizzazione martellante degli ebrei, che alimenta il terrorismo. (Per un'analisi di questa posizione, consiglio di leggere questo bell'articolo: http://www.timesofisrael.com/the-nature-of-peacemaking-a-la-netanyahu/ ) E' imprtante anche la dimensione storica, il richiamo pubblico al legame fra le origini del movimento palestinese e la Shoà, che smonta la propaganda per cui i palestinesi sarebbero le vittime inconsapevoli delle colpe europee verso gli ebrei. Tutto al contrario, è documentato ampiamente che c'è stata una connessione, un incoraggiamento, una collaborazione, perfino una consulenza tecnica sulla macchina dello sterminio, una pressione politica costante del movimento palestinese alle sue origini con Hitler e i suoi scherani; detto in altri termini, che c'è continuità fra la leadership attuale e il nazismo (http://nocompulsion.com/finally-netanyahu-links-palestinian-leadership-with-the-nazis/ ).

Di fronte a questa lucidità d'analisi e al pessimismo che ne deriva, bisogna chiedersi perché Israele sta al gioco di Obama, accetta trattative di cui non vede le premesse fondamentali, non si oppone frontalmente neppure al gioco col fuoco che Obama fa nei confronti dell'Iran. E' un problema serio, con risvolti molto gravi. La risposta la trovate in questo importante articolo di Caroline Glick, che spero qualcuno traduca in italiano e diffonda:  http://www.jpost.com/Opinion/Columnists/Column-One-Obamas-power-and-its-limitations-327188 . Israele è forte sul piano economico e militare, ma è anche fragile rispetto alla potenza americana su questi piani e su quello della politica internazionale. 

I governanti di Israele sanno che basterebbe al presidente americano ordinare l'interruzione dei rifornimenti e dei pezzi di ricambio militari, per indebolire molto Tzahal. Lo fece Kissinger nei primi giorni della guerra del '73, quando la situazione era estremamente critica e Israele combatteva per la sua sopravvivenza sul suo territorio (fra l'altro la controffensiva riuscì perché i confini erano quelli attuali e non quelli "del 67" che vorrebbero i suoi nemici: http://www.jpost.com/Opinion/Op-Ed-Contributors/Remembering-the-1973-war-327600 ).  I rifornimenti ripresero quando gli americani si accorsero che Israele era disposto in estrema istanza a usare anche l'atomica per difendersi. L'economia israeliana fiorisce, ma è legata al mercato americano e farebbe fatica a resistere a un boicottaggio. Se gli Usa non opponessero il loro veto alle risoluzioni antisraeliane all'Onu, i rischi per lo stato ebraico sarebbero gravissimi. Insomma Israele è sotto ricatto: lo sanno i suoi governanti, lo sa Obama, la cui ostilità è evidente. Da cinque anni, e ancora per tre, il problema di Israele è di sopravvivere a un'amministrazione che fa di tutto per accordarsi con i nemici e detesta il solo alleato vero che ha in Medio Oriente. Il popolo americano e il Congresso non condividono l'ideologia di Obama, ma le leve di potere sono in mano a lui. 

Nonostante tutto questo, con pazienza e lucidità, con sapienza tattica e dedizione agli ideali, Netanyahu ha gestito questa situazione non solo evitando il disastro, ma anche ottenendo dei successi importanti, per esempio evitando di farsi coinvolgere nell'incendio arabo. Per questo ascoltarlo, capire bene il suo pensiero, spiegarlo a chi ha incertezze o pregiudizi, è un compito importante.
 

Ugo Volli

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