Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 08/10/2013, a pag. 39, l'articolo di Francesco Battistini dal titolo " Botticelli superstar, un capolavoro a Gerusalemme ".

L'Annunciazione di San Martino alla Scala, esposto all'Israel Museum di Gerusalemme
GERUSALEMME — Compare di colpo coi suoi drappeggi, gli abiti gonfi e i puri gigli, dopo un lungo corridoio dell’Israel Museum che già sembra una prospettiva botticelliana. Ben illuminato, molto sorvegliato, l’hanno messo vicino ai Rotoli del Mar Morto: meglio di quanto fecero coi disegni di Leonardo, che alla Knesset si vedevano appena. Anche sui giornali, gli hanno riservato un’accoglienza da star: più titoli, tanto per capire, di quanti ne ebbero l’anno scorso gli M-346 che abbiamo venduto all’aviazione israeliana. Se lo merita, «L’Annunciazione di San Martino alla Scala»: un sei metri per tre del periodo mediceo del Botticelli, che già ebbe vita tormentata — lo danneggiarono subito nell’ospedale dove il fiorentino l’aveva dipinto, lo staccarono negli anni Venti rovinandolo ancora di più, lo sbattezzarono nel Novecento attribuendolo al Lippi— ed è arrivato a Gerusalemme da un prestito in Cina, via Innsbruck-Liegi, trasportato in due casse con un cargo, sfidando all’ultimo pure i rinvii legati alla sicurezza e all’eventualità d’un peggioramento della guerra in Siria.
Coraggioso Botticelli. «Il modo migliore per mostrare la parte migliore del nostro Paese», per dirla col ministro della Cultura, Massimo Bray, che ieri è stato alla Natività di Betlemme e nei territori palestinesi, per visitare poi l’esposizione (fino al 10 gennaio) assieme alla collega israeliana Limor Livnat, all’ambasciatore italiano a Tel Aviv, Francesco Maria Talò, e al presidente della Fondazione Italia-Israele, Piergaetano Marchetti. «L’Annunciazione» è il primo dei quattro capolavori che l’Italia intende prestare a Israele, «magari contestualizzandoli — dice Bray — in convegni e iniziative che in parallelo ne raccontino il valore». «È la chiave del nostro lavoro — spiega Marchetti —: scambiare l’esperienza artistica italiana, frutto della classicità e del Rinascimento, con le espressioni israeliane di maggiore avanguardia. A Roma c’è già stata un’esibizione di loro pittori, a Venezia una testimonianza degli illustratori per bambini, a Milano col Teatro Parenti abbiamo appoggiato cinque performance di teatro moderno. L’idea è uno scambio fra il nostro gusto classico e la capacità, tutta israeliana, d’esprimersi nel linguaggio della modernità».
Si sa che il classico parla al moderno, ma nel caso di Botticelli e di Gerusalemme si va oltre. Per sconfinare, addirittura, nella politica locale. Mentre un paio d’anni fa infuriava la guerra santa degli ebrei ultraortodossi alle pubblicità sui bus e sui muri, «troppe donne scollacciate», accadde che un gruppo d’ebrei laici scelse nottetempo di tappezzare il quartiere superconservatore di Mea Shearim, incollando a ogni incrocio un manifesto con la botticelliana «Nascita di Venere»: guardate questa nudità, dicevano i provocatori, e diteci voi se non è assurdo umiliare il corpo femminile con le vostre cuffie e le vostre vestaglie. Coraggioso Botticelli, anche allora: finì che le strapparono tutte, le Veneri senza pelliccia. Ma in silenzio, e senza contraddire.
Per inviare la propria opinione al Corriere della Sera, cliccare sull'e-mail sottostante