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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
08.10.2013 Iran: protesta su twitter contro le dichiarazioni di Bibi Netanyahu
ma che cos'è questo boom di iscritti in un Paese che vieta internet ?

Testata: Corriere della Sera
Data: 08 ottobre 2013
Pagina: 16
Autore: Francesco Battistini
Titolo: «Piovono jeans (su Twitter). L'ironica rivolta dei giovani iraniani»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 08/10/2013, a pag. 16, l'articolo di Francesco Battistini dal titolo " Piovono jeans (su Twitter). L'ironica rivolta dei giovani iraniani ".

Una valanga di proteste in jeans su twitter per le dichiarazioni di Netanyahu. Come nota anche Battistini, c'è la "stranezza di tanti twittatori in un regime che (l'ha ripetuto ieri il ministro delle Comunicazioni) proibisce Internet, pur tollerando che lo usino molte aziende private e, clandestinamente, 3o milioni (su 75) d'iraniani". In ogni caso, jeans o no, l'Iran di Rohani non è diverso da quello dei suoi predecessori a partire dal '79. Non è una democrazia, ma una teocrazia.
Ecco il pezzo:

GERUSALEMME — A sorriso, sorriso e mezzo. Molto meno sicuro di sé e da qualche giorno più preoccupato dall'offensiva a trentadue denti del nuovo presidente iraniano Rouhani, il premier israeliano Bibi Netanyahu aveva accettato l'intervista in persiano. Armato di simpatia. Grintosamente rassicurante. Per piacere soprattutto ai tanti ragazzi di Teheran che guardano il canale farsi della Bbc: «Rouhani cinguetta all'estero, ma non a casa sua — li aveva ammoniti —. Dice belle cose sulla democrazia iraniana. Poi però ne condannano a morte a centinaia, ne imprigionano a migliaia..». A quel punto, guardando un attimo al cielo, s'era gettato a cercare un esempio. Trovando solo una mezza gaffe: «C'è una doppia morale — aveva aggiunto, sempre un occhiolino ai ragazzi —. Se la popolazione dell'Iran fosse davvero libera, la gente potrebbe indossare i jeans e ascoltare musica occidentale». Piovono jeans, adesso. E i social network s'intasano di gambe e di chiappe in bella posa, tutte rigorosamente made in Iran. Perché a Teheran, i jeans, s'indossano senza problemi: se non sa nemmeno che qui abbiamo i jeans — scrive il più caustico —, come fa a sapere che abbiamo le armi nucleari?». Twittano di tutto. L'immagine d'un iPad sopra una pila di denim, «ecco come passo il tempo, idiota», in sottofondo una canzone di Missy Higgins. Una bancarella di Roy Rogers al mercato: «Tipico negozio d'armi di distruzione di massa». Il profilo d'un achemenide del V secolo a.C., ovviamente in jeans. Le foto dei volontari alla guerra con l'Iraq, anni 8o, tutti jeansati. Nasce l'inevitabile gruppo Facebook, «i nostri jeans nella gola di Bibi», con l'hashtag #iranjeans e mille commenti: «Ho appena finito d'ascoltare Charlie Parker e Frank Zappa, ora mi metto i miei jeans», de ragazze non solo li portano, ma se li tolgono», «va bene che i jeans li ha inventati l'ebreo Levi Strauss, ma non esagerare»... Interviene una sedicente nipote di Khomeini, a ricordare che comunque il denim è out e che le ragazze iraniane preferiscono altri pantaloni. C'è anche il ritratto d'un bambino coi calzoni a sigaretta «Ehi Netanyahu, guarda Ahmad Roshan. E il figlio d'uno scienziato nucleare che hai fatto ammazzare. Veste jeans iraniani». In fondo, che talvolta fosse un problema indossare i jeans, l'aveva già scritto Oriana Fallaci ne «La rabbia e l'orgoglio», raccontando la sua intervista a Khomeini. E certe musiche, per esempio il rap, sono ancora proibite. Ma l'arte del download, il fiorire delle parabole satellitari hanno sconfitto molti divieti, cancellato vecchi cliché. Cambiando i tempi. La scivolata di Bibi, così, muove all'ironia anche i giornalisti che più lo seguono, da John Williams dell'Abc («dovrebbe farsi un giro a'I heran») a Laura Rosen: «È rimasto congelato nella Guerra fredda». «Gli sarebbe bastato guardare il sito Teheran Street Style — lo bacchetta Haaretz —: sembra di stare a Tel Aviv». Nessun commento dal premier, anche se i suoi notano la stranezza di tanti twittatori in un regime che (l'ha ripetuto ieri il ministro delle Comunicazioni) proibisce Internet, pur tollerando che lo usino molte aziende private e, clandestinamente, 3o milioni (su 75) d'iraniani. Inutile stupirsi: sul Web ci vanno pure Rouhani e il suo ministro Zarif. Naviga addirittura la Guida suprema, Ali Khamenei. Almeno in questo, «la doppia morale», Bibi non ha torto. Ma guai a dirgli, dell'ayatollah supremo, quel che a Teheran sanno tutti. Che da giovane suonava la chitarra. E sotto la veste, americani o no che fossero, tollerava solo un tipo di pantaloni: i jeans.

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