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La Stampa Rassegna Stampa
04.10.2013 Ma gli egiziani sono musulmani, non arabi
Un egiziano fra i giusti a Yad Vashem

Testata: La Stampa
Data: 04 ottobre 2013
Pagina: 20
Autore: Francesca Paci
Titolo: «Allo Yad Vashem il primo arabo accolto fra i 'giusti'»

Dalla STAMPA di oggi, 04/10/2013, a pag.20, con il titolo "Allo Yad Vashem il primo arabo accolto fra i 'giusti' ", Francesca Paci racconta come un medico egiziano abbia salvato nel 1942 una sua paziente ebrea dalla cattura, e oggi venga onorato fra i giusti a Yad Vashem.
Si rimane però stupiti nel leggere che gli egiziani vengono definita da Paci "arabi", sono musulmani, non arabi. Chiamare arabo un egiziano viene recepito quasi come un insulto ! Curioso, Paci è stata molte volte in Egitto,come fa a non saperlo ?

 Il giardino dei giusti a Yad Vashem

Sarò grata al dottor Helmy per tutta la vita» scriveva dopo la Seconda guerra mondiale Anna Boros, ricordando il medico egiziano che nella Berlino nazista aveva aiutato lei e la sua famiglia a mettersi in salvo dalla persecuzione hitleriana. Oggi lo Yad Vashem, il museo dell'Olocausto di Gerusalemme, riconosce a Mohammed Helmy la qualifica di «Giusto tra le nazioni», l'alta onorificienza attribuita da Israele agli stranieri che si sono adoperati per salvare anche un solo ebreo dallo sterminio, la prima, nell'elenco di quasi 25 mila coraggiosi provenienti da 44 Paesi, conferita a un arabo. Nel 1942, quando comincia a proteggere la sua paziente 2lenne dalla deportazione (ormai in corso anche nella capitale), Helmy non lavora già più da 5 anni all'istituto Robert Koch di Berlino da cui è stato estromesso dal regime. Non appartenendo alla razza ariana, il dottore, che vive in Germania dal 1922, può esercitare l'attività solo privatamente. Il controllo della polizia, da cui è stato arrestato nel 1939 e rilasciato nel 1940 per motivi di salute, non lo scoraggia però dal darsi da fare per la ragazza già braccata, potendo contare sul sostegno della sua fidanzata tedesca Frieda Szturmann, che sposerà solo quando le leggi razziali saranno archiviate (anche lei ha ottenuto il titolo di «Giusto tra le nazioni»). Lo Schindler egiziano riesce così nel suo piccolo a nascondere Anna Boros nel quartiere berlinese di Buch e a aiutare la madre Julie, la nonna Cede Rudnik e il patrigno Georg Wehr. Sono mesi di caccia agli ebrei casa per casa, nella vicina Olanda un'altra Anna si eclissa invano in una soffitta redigendo il celebre diario giorno dopo giorno fino all'arrivo della Gestapo. «Pur essendo stato preso di mira dal regime, Helmy criticò le politiche naziste e rischiò la vita per aiutare i suoi amici ebrei» scrive, citando lo Yad Vashem, il quotidiano egiziano «Al Ahram», tra i pochissimi a registrare la notizia nel mondo arabo. Nonostante il presidente iraniano Rohani abbia denunciato i crimini nazisti violando il tabù per eccellenza d'una regione che preferisce ignorare come «storia europea» l'Olocausto salvo poi paragonarlo alla sorte dei palestinesi sotto il giogo israeliano, l'opinione pubblica egiziana fatica ad associarsi in qualsiasi modo a Israele (anche le operazioni d'intelligence congiunte israelo-egiziane in Sinai non vengono pubblicizzate più di tanto dai media). Ma, per quanto (o proprio perché) pioniere, «il Giusto» dottor Helmy, morto nel 1982 a poca distanza dalla sua protetta, illumina con la luce di un passato comune il buio del presente diviso.

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