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Il Giornale Rassegna Stampa
01.10.2013 Turchia: lo Stato laico, ormai, è solo un pallido ricordo
cronaca di Gian Micalessin, intervista di Rolla Scolari a Ilter Turan

Testata: Il Giornale
Data: 01 ottobre 2013
Pagina: 15
Autore: Gian Micalessin - Rolla Scolari
Titolo: «La Turchia si rimette il velo. Lo Stato laico cede all’islam - Per la gente sono più importanti altre libertà»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 01/10/2013, a pag. 15, l'articolo di Gian Micalessin dal titolo " La Turchia si rimette il velo. Lo Stato laico cede all’islam ", l'intervista di Rolla Scolari a Ilter Turan dal titolo " Per la gente sono più importanti altre libertà ".

Gian Micalessin - "La Turchia si rimette il velo. Lo Stato laico cede all’islam"


Gian Micalessin       Recep Erdogan

Recep Tayyip Erdogan le chiama riforme, ma sulla stra­da che sostiene di aver disegna­to per «condurre il Paese alla de­mocrazia » c'è almeno un cada­vere. È quello della vecchia Tur­chia laica e secolarista figlia di Mustafà Kemal Atatürk. Per as­sestarle il colpo di grazia il pre­mier turco nasconde la stiletta­ta fatale in un pacchetto di rifor­me destinato, a suo dire, ad abo­lire il settarismo, garantire la pa­ce sociale e ad aprire alle mino­ranze, prima fra tutte quelle cur­de. In parte è anche vero. Can­cellare le odiose regole che vie­ta­no l'utilizzo nei documenti uf­ficiali di qualsiasi nome conte­nente la Q, la W o la X- lettere im­pronunciabi­li e inutilizza­bili perché parte dell'alfa­beto curdo e non di quello turco- è senza dubbio un passo dovuto. Come lo è apri­re a­ll'insegna­mento in lin­gua curda all' interno delle scuole priva­te. O abbatte­re quella bar­riera del 10 per cento che impedisce a partiti di note­vole rilevanza politica, tra cui quelli cur­di, di accede­re al Parla­mento.
Dietro que­sto rifo­rmismo di facciata s'insi­nua però l'abolizione della nor­ma che impedisce l'uso del velo negli uffici pubblici, ovvero di un legge simbolo della Turchia laica disegnata dal padre della patria. Dopo quell'abolizione il divieto resterà in vigore soltan­to per poliziotti, giudici e milita­ri. Troppo poco per continuare a parlare di sopravvivenza del­la cultura laica e non- confessio­nale. L'inserimento del provve­dimento in un­pacchetto di nor­me apparentemente riformiste è un'astuzia tipica del trasformi­smo in stile Erdogan. Un trasfor­mismo che in questi anni gli ha permesso di dissimulare le sue origini fondamentaliste senza rinunciare al voto degli islami­sti più conservatori e di far fuori gli oppositori interni senza atti­rarsi g­li strali della comunità in­ternazionale. Questa lunga e fortunata fase si è esaurita lo scorso luglio quando il «sulta­no » Erdogan, abituato ad im­porre decreti e opere pubbli­che, ha dovuto ricorrere ad una sfrenata svolta repressiva per sgomberare i manifestanti sce­si in piazza a contestare le sue politiche arbitrarie ed autorita­rie. E a rendere il tutto più diffici­le si sono aggiunti gli insuccessi della campagna siriana. Lì il so­stegno di Ankara alle falangi fondamentaliste ha spinto Da­masco e gi alleati iraniani a fo­raggiare le fazioni curde trasfor­mando la frontiera turca in un pericoloso vespaio ed alimen­tando le ansie e i timori di un ri­torno della Turchia al terrori­smo e alla violenza politica.
Prigioniero dei suoi guai e contestato da una larga fetta dell'opinione pubblica Erdo­gan è dunque costretto ad ac­cantonare le ambizioni da in­contrastato «sultano» di un nuovo immaginifico «impero Ottomano» per rituffarsi nell' agone della politica quotidia­na. Il primo appuntamento all' orizzonte è quello delle elezio­ni presidenziali del 2014. In pas­sato il premier progettava uno scambio di ruoli - in stile Putin-Medvedev - con il fedelissimo Abdullah Gül parcheggiato dal 2007 nel palazzo presidenziale di Cankaya. Ma per realizzare lo spregiudicato giochino Erdo­gan deve innanzitutto recupe­rare consensi e preferenze. L'abolizione del divieto del ve­lo è fondamentale per riconqui­stare il tradizionale elettorato islamista e convincerlo di aver consegnato al passato l'imma­gine la­ica e se­colare del Pae­se. La mano te­sa alle mino­ranze curde punta invece a convincere i peshmerga
del Pkk a ri­spettare i re­centi accordi di pace evitan­do una loro perniciosa al­leanza con quei curdi si­riani che dete­stano Erdo­gan, combat­tono contro i gruppi islami­sti armati da Ankara e si di­cono pronti a valicare la frontie­ra per riportare la lotta armata sul suolo dell'odiata Turchia.

Rolla Scolari - " Per la gente sono più importanti altre libertà "


Rolla Scolari, un volantino contro Erdogan, Ilter Turan

Ilter Turan minimizza la portata delle 'riforme' pro islamiche in Turchia, sostenendo che, più che altro, il problema sia che Erdogan non fa abbastanza per garantire la libertà d'espressione. A maggior ragione, non essendo quello del velo un problema prioritario per la Turchia, dovrebbe preoccupare la decisione di Erdogan di occuparsene.
Da oggi il velo è 'permesso', quando diventerà 'obbligatorio'?
Ecco l'intervista:

Il premier turco Recep Tayyip Erdogan ha annunciato l'elimina­zione di un antico divieto per le donne d'indossare il velo islamico negli uffici pubblici. La mossa fa parte di un pacchetto di riforme per la democratizzazione presen­tato ieri. Tra le novità centrali, l'ampliamento dei diritti linguisti­ci delle minoranze etniche, soprat­tutto dei curdi. Il pacchetto arriva tre mesi dopo l'ondata di manife­st­azioni che ha messo in crisi il go­verno Erdogan. Tra le diverse criti­che mosse contro il partito islami­sta mode­rato al potere anche quel­la di andare verso una progressiva islamizzazione del Paese che ha fatto per decenni del suo laicismo una bandiera. L'Europa - in cui la controversia sul velo islamico toc­ca tanti Paesi - guarda con atten­zione alla Turchia. Il divieto era da tempo «ignorato», spiega il profes­sore di Scienze politiche Ilter Tu­ran, dell'università Bilgi di Istan­bul. In Turchia l'interesse però è al­trove: in molti vorrebbero vedere il premier affrontare ad esempio il tema della libertà d'espressione.
L'eliminazione del divieto d'in­dossare il velo­ negli uffici pubbli­ci rappresenta un cambiamento epocale per la società turca?
«Ci si stava già muovendo da tempo in questa direzione. Nono­stante ci fosse un divieto, era igno­rato in pratica: nelle università e negli uffici municipali molte don­ne indossano il velo. C'era già un processo di cambiamento in atto, questo è semplicemente un passo di approvazione. Inoltre, il divieto resta nell'esercito, nella polizia, nella magistratura».
Ci saranno critiche e opposi­zioni?
«Certo, una parte della popola­zione si opporrà. Accade in Gran Bretagna, in Francia sulla stessa questione, figurarsi qui».
Che cosa significa per la storia del laicismo turco?
«Per me rappresenta la liberaliz­zazione di una linea politica trop­po severa. Abbiamo strafatto a ri­guardo. Il velo non è un indice di misura dell'islamizzazione».
Qual è il cuore del pacchetto di democratizzazione presentato?
«Ci aspettavamo misure di rilas­samento per la minoranza curda, non mi sembra però che ci sia mol­to. Il pacchetto sembra focalizzar­si sulla legge elettorale, i finanzia­menti ai partiti in vista delle elezio­ni dell'anno prossimo».
I politici curdi ieri hanno detto che si aspettavano di più.
«Il pacchetto contiene soltanto un rilassamento sulle restrizioni dell'uso della lingua curda, non dà poteri agli enti locali come loro speravano».
Che tipo di riforme i turchi vor­rebbero da Erdogan?
«Gran parte della popolazione vorrebbe vedere miglioramenti per quanto riguarda la libertà di espressione e maggiori libertà per le amministrazioni locali».

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