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L'Egitto e il Medio Oriente sono in ebollizione Analisi di Mordechai Kedar (Traduzione dall’ebraico di Sally Zahav, versione italiana di Yehudit Weisz) le sbarre si sono spostate a destra L'indicatore più importante e sensibile dello stato attuale di stabilità politica è ciò che sta accadendo nel sistema educativo: se le scuole aprono come previsto, gli studenti vanno a scuola come al solito e le lezioni sono regolari in tutti gli istituti, è segno che lo Stato è stabile, che il governo funziona, sulla base della legittimità e di un largo consenso pubblico. Quando la vita quotidiana si interrompe, il primo a risentirne è il sistema educativo perché i genitori non mandano i loro figli per strada in una situazione pericolosa. L'anno scolastico egiziano avrebbe dovuto iniziare in questi giorni. Ma anche se molti dei suoi dirigenti sono in carcere, la Fratellanza Musulmana ha preso posizione con questo slogan: "La Dirasa wala tadris hata yarga al-Rais" - "Nessuna scuola e nessuna istruzione fino a quando non sarà tornato il Presidente".
Le università non sono solo istituti d’istruzione superiore, ma anche luoghi d’incontro in cui i giovani “guardiani”, i più forti tra i Fratelli Musulmani, possono esprimere solidarietà e svolgere varie attività. Essi sanno bene che, terminati con successo i loro studi accademici, impiegheranno anni a cercare un lavoro adatto alla propria qualifica, e che dovranno subire molte frustrazioni e delusioni a causa della corruzione diffusa all'interno del mercato del lavoro egiziano, e, a maggior ragione, all'interno di quello governativo. Oggi, per le difficoltà economiche, l'età media del matrimonio è salita oltre i 30 anni: i giovani incanalano energie, frustrazioni e aggressività in politica, in assenza di qualsiasi altro legittimo sbocco in una società conservatrice come l'Egitto. Per l’età e il loro stato di famiglia, gli studenti non hanno ancora bisogno di cedere alla necessità di corruzione e di adulazione, come fanno invece i capifamiglia al fine di mantenere il loro sostentamento, e questo consente loro di dire, e anche di gridare, la verità al potere e ai suoi scagnozzi. In questi giorni nelle scuole superiori, e nelle università in tutto l'Egitto, specialmente nelle zone povere e legate alla tradizione, si svolgono molte manifestazioni: anche se queste sono per lo più di carattere pacifico, esprimono le emozioni delle masse esasperate perchè la rivoluzione ha portato alla caduta dei Fratelli Musulmani. Alcuni dei giovani sono armati di coltelli e pistole, per cui c’è un’elevato rischio che esplodano episodi di violenza. In parallelo allo sciopero degli insegnanti ci sono stati tentativi di organizzare scioperi nel comparto dei commercianti, ma sono falliti, perché molti disoccupati in Egitto sono diventati venditori ambulanti non sindacalizzati, quindi è difficile ottenere la loro cooperazione, perchè il loro reddito ne uscirebbe penalizzato. Una Terza Intifada? In questi giorni il movimento di Hamas ha cercato di riaccendere gli animi dei palestinesi, sui siti dei social network e con l’attivo aiuto del canale al-Jazeera.
La rabbia per quel che è successo in Egitto tormenta anche gli jihadisti "palestinesi", che sono particolarmente ostili per "l'atto di omicidio di massa", che è stato effettuato - secondo loro - da parte dell'infedele esercito egiziano contro i loro fratelli musulmani nella Penisola del Sinai. L'operazione nel Sinai ha anche un’influenza negativa nello Stato di Hamas a Gaza, un altro motivo per la crescente rabbia tra gli islamici "palestinesi". Il fatto che Israele sostenga il regime militare in Egitto e l’aiuti nella sua lotta contro gli jihadisti del Sinai, aumenta la motivazione a indirizzare la rabbia specificatamente nei confronti di Israele, anche perché è una posizione che vediamo pure nell’Autorità Palestinese. Il terzo fattore che favorisce l'inizio di una Terza Intifada è l'ondata di violenza in molte località di tutto il mondo, lanciata dagli jihadisti: l’assalto da parte delle milizie di "Shabab Al-Mujahidin", un ramo di al-Qaeda in Somalia, al centro commerciale di Nairobi, in Kenya, che ha attirato l'attenzione mondiale dei media; il massacro che Boko Haram ("l'Occidente è vietato") ha compiuto in Nigeria, in cui sono stati uccisi circa 150 cristiani; le stragi quotidiane in Iraq; il massacro nella chiesa a Peshawar, in Pakistan; la fallita destituzione dell’infedele Assad, da parte degli americani, nonostante abbia usato armi chimiche; la crescente influenza sugli eventi in Medio Oriente dei russi, che hanno ucciso a loro volta migliaia di musulmani ceceni, e sostengano Assad, assassino di musulmani . Nel mezzo di un ambiente così instabile, il fatto che Israele goda di pace e tranquillità è una aggravante particolare per i palestinesi islamisti, che li motiva ad utilizzare gli stessi metodi che usano i combattenti islamici, che attualmente dettano l'agenda di molti paesi nel mondo. Israele deve stare all’erta, non deve cedere all’euforia di sentirsi una "casa nella giungla" [un tranquillo rifugio civile in mezzo a un ambiente barbaro] o di essere " l'unica democrazia del Medio Oriente ". Proprio per il fatto di essere un paese pacifico, democratico, sicuro, rispettoso dei diritti umani e delle libertà politiche, queste specifiche qualità sollevano l'invidia e l’ira dei suoi nemici, che non vedono l’ora di minarne la stabilità, anche se il risultato produrrà una situazione peggiore. L’Islam alza la bandiera del “sabra” (il nativo israeliano) "la pazienza e la capacità di sopportare difficoltà e disagi" e promette al musulmano che soffre "al-Farj b'ad al-Shida" - il riscatto dopo le difficoltà. Perciò, anche se la Terza Intifada causa un deterioramento della qualità della vita, il prezzo vale ancora la pena, perché per loro, la liberazione di tutta la Palestina, in futuro, in sha Allah, giustifica la sofferenza e le difficoltà. Gli israeliani tendono a valutare la probabilità che esploda un’intifada, in base a costi e benefici, considerazione caratteristica delle società occidentali. Queste considerazioni, per degne e importanti che siano, non sono sempre le considerazioni che fanno i musulmani che vivono tra noi e vicino a noi. Il coinvolgimento dei media Sembra che in questi giorni Al-Jazeera promuova di nuovo la violenza islamica in Egitto e in Israele. Basta un confronto: l'Egitto occupa solo uno spazio marginale nelle notizie dal mondo arabo di oggi, e la Siria è davanti e al centro dell'interesse dei media. Su al-Jazeera invece, l’Egitto occupa ancora una posizione centrale, con molti rapporti e dettagli sulle manifestazioni delle masse - in particolare dei Fratelli Musulmani - contro il governo militare. Al-Jazeera dà ampi servizi sugli scioperi delle scuole e dei commercianti attualmente in corso in alcune città dell’Egitto. Questa è la ragione per cui il regime egiziano ha chiuso gli uffici di al-Jazeera in Egitto, e la Tv è stata costretta ad attingere le notizie dai video dei ribelli traendoli da siti come YouTube. Israele deve considerare se seguire l’esempio degli egiziani, perché il canale jihadista di al-Jazeera non è limitato all’Egitto, e Israele è un obiettivo permanente della jihad. Se c'è un mezzo che può accendere lo spirito di una Terza Intifada, questo è al-Jazeera. Israele deve rimuovere il canale jihadista dal suo territorio prima che l'intero paese venga messo a fuoco. Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi. |
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