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La Repubblica - La Stampa - Corriere della Sera Rassegna Stampa
26.09.2013 Iran all'Onu: interviste ad Hasan Rohani, Elie Wiesel, Anne-Marie Revcolevschi
di Christiane Amanpour, Maurizio Molinari, Stefano Montefiori

Testata:La Repubblica - La Stampa - Corriere della Sera
Autore: Christiane Amanpour - Maurizio Molinari - Stefano Montefiori
Titolo: «L’Olocausto è stato un crimine, condanno i massacri dei nazisti - Il sopravvissuto Elie Wiesel: smettere di negare non basta. Insegnino l’Olocausto a scuola - L’Olocausto per l’Islam. Ignorato o banalizzato»

Riportiamo da REPUBBLICA di oggi, 26/09/2013, a pag. 19, l'intervista di Christiane Amanpour ad Hasan Rohani dal titolo " L’Olocausto è stato un crimine, condanno i massacri dei nazisti ". Dalla STAMPA, a pag. 13, l'intervista di Maurizio Molinari a Elie Wiesel dal titolo " Il sopravvissuto Elie Wiesel: smettere di negare non basta. Insegnino l’Olocausto a scuola ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 19, l'intervista di Stefano Montefiori ad Anne-Marie Revcolevschi dal titolo " L’Olocausto per l’Islam. Ignorato o banalizzato".
Ecco i pezzi:

La REPUBBLICA - Christiane Amanpour : " L’Olocausto è stato un crimine, condanno i massacri dei nazisti "

Amanpour: Why Rouhani may be different
Christiane Amanpour con Hasan Rohani

Di tutta l'intervista, segnaliamo un pezzo della risposta di Rohani, il quale paragona, tra le righe, sionismo e nazismo "Sopprimere una vita umana è qualcosa che tutte le religioni rigettano, ma d’altra parte questo non significa che se i nazisti hanno commesso crimini contro un gruppo allora è giusto sottrarre la terra a un altro gruppo e occuparla. Anche questo è un atto che dovrebbe essere condannato.  ". Cambiamento? Moderatezza?
Ecco l'intervista:

Signor presidente Rohani, come ci si sente a essere il protagonista di questa Assemblea generale delle Nazioni Unite. Come ho anticipato, lei sembra essere al centro dell’attenzione e – cosa insolita per un presidente iraniano – la gente guarda a lei con un cauto ottimismo. Come ci si sente in questa posizione?
«Prima di rispondere alla sua domanda, vorrei estendere i miei saluti al popolo americano, che è molto vicino al cuore del popolo iraniano, e fargli i nostri migliori auguri per il futuro ».
Molti si aspettavano, forse con troppo ottimismo, che lei e il presidente Obama poteste almeno stringervi la mano alle Nazioni Unite. Nessuno si aspettava un incontro formale, però almeno un saluto, una stretta di mano, un modo per rompere il ghiaccio. Invece non c’è stato nulla. Perché?
«Si era parlato di organizzare questo incontro tra me e il presidente Obama, per avere l’occasione di parlare fra di noi, ed erano stati fatti anche alcuni preparativi in tal senso: gli Stati Uniti erano chiaramente interessati a fare questo incontro, e in linea di principio l’Iran, in certe circostanze, poteva essere d’accordo, ma io credo che non ci sia stato tempo a sufficienza per coordinare in modo adeguato l’incontro. Ma venendo al rompere il ghiaccio a cui prima accennava, direi che sta già cominciando a rompersi, perché l’atmosfera sta cambiando e il popolo iraniano è determinato a inaugurare una nuova era nei rapporti tra l’Iran e il resto del mondo».
Lei è autorizzato ad avviare colloqui, un negoziato con gli Stati Uniti, lei è autorizzato dalla Guida suprema?
«La mia opinione è che il presidente iraniano abbia l’autorità, in tutti quei casi in cui è gioco l’interesse nazionale e quando è necessario, opportuno e indispensabile, di parlare e dialogare con altri allo scopo di promuovere i diritti della propria nazione. Per venire alle circostanze specifiche, la Guida Suprema ha detto che se dovessero rendersi necessari dei negoziati nell’interesse del Paese, lui non è contrario. E ha menzionato specificamente, in un recente discorso, che adesso non è ottimista riguardo ai colloqui con gli Stati Uniti. Però, quando si tratta di questioni specifiche, gli esponenti del Governo possono parlare con i loro corrispettivi americani. Ora, se si fosse creata, se si fosse presentata un’opportunità oggi, e se fosse stato fatto il lavoro preparatorio, molto probabilmente i colloqui avrebbero avuto luogo e sarebbero stati incentrati principalmente sulla questione nucleare e sugli sviluppi in Medio Oriente. Perciò le posso assicurare che la Guida Suprema ha dato al mio Governo l’autorizzazione a negoziare liberamente su questi temi».
Una delle cose che il suo predecessore era solito dire da questo palco era negare l’Olocausto e pretendere che fosse un mito. Voglio sapere qual è la sua posizione sull’Olocausto: lei riconosce quello che è stato? Cos’è stato l’Olocausto?
«Ho già detto che non sono uno storico, e quando si tratta di parlare delle dimensioni dell’Olocausto sono gli storici che dovrebbero fare considerazioni. Ma in generale posso dirle che qualsiasi crimine contro l’umanità avvenuto nella storia, compreso il crimine che i nazisti hanno commesso nei confronti degli ebrei, e anche di non ebrei, è riprovevole e condannabile. Qualsiasi atto criminale abbiano commesso contro gli ebrei noi lo condanniamo, ma sopprimere una vita umana è qualcosa di spregevole, e non fa differenza se la vita soppressa è di un ebreo, di un cristiano o di un musulmano: per noi è lo stesso. Sopprimere una vita umana è qualcosa che tutte le religioni rigettano, ma d’altra parte questo non significa che se i nazisti hanno commesso crimini contro un gruppo allora è giusto sottrarre la terra a un altro gruppo e occuparla. Anche questo è un atto che dovrebbe essere condannato. Di queste cose si dovrebbe discutere in modo imparziale».
Per concludere, può dirmi una frase che vorrebbe rivolgere al popolo americano?
«Vorrei dire al popolo americano che porto pace e amicizia da parte degli iraniani».

La STAMPA - Maurizio Molinari : " Il sopravvissuto Elie Wiesel: smettere di negare non basta. Insegnino l’Olocausto a scuola "


Elie Wiesel         Maurizio Molinari

«Non è abbastanza, ma si tratta di un buon inizio»: così Elie Wiesel, premio Nobel per la Pace e sopravvissuto alla Shoa, reagisce alle parole pronunciate dal presidente iraniano Hasan Rohani nell’intervista alla tv Cnn.

Rohani ha adoperato l’espressione «crimine» riferendosi alla Shoa. Che giudizio dà?

«Non è abbastanza. Tutti sanno che la Shoa è stato un crimine. E inoltre lo ha detto con un linguaggio che ha avvalorato un paragone con altri crimini, parlando con una voluta generalizzazione. Il presidente iraniano ha espresso un pensiero assai generico, affermando un fatto che è ben noto a tutti».

Non crede tuttavia che le parole di Rohani abbiano un valore particolare in ragione del fatto che il predecessore Mahmud Ahmadinejad negava apertamente la Shoa?

«Proprio perché viene dopo Ahmadinejad, quello che dice Rohani non è abbastanza».

Che cosa intende dire?

«Ahmadinejad ha avvalorato il negazionismo sulla Shoa con l’autorità che solo un capo di governo possiede. Nessun leader politico nazionale prima di lui lo aveva mai fatto in maniera tanto esplicita, costante, provocatoria. Per anni ha negato lo sterminio degli ebrei da parte dei nazisti. Lo ha fatto parlando in pubblico, lanciando iniziative, inaugurando mostre e altri eventi, divulgando falsi riferimenti storici al fine di infondere dubbi nel maggior numero possibile di persone nel mondo. Ha portato un intero governo e un’intera nazione sovrana ad essere coinvolti nella negazione della Shoa. È stato un evento di gravità assoluta, i cui danni devono essere ancora ponderati fino in fondo. Ebbene, è proprio perché alle spalle di Rohani c’è tutto questo che quanto ha detto nell’intervista alla Cnn non è sufficiente».

Cosa dovrebbe fare Rohani per cancellare l’eredità negazionista di Ahmadinejad?

«C’è una priorità che si impone su tutto. Dovrebbe far insegnare la storia della Shoa nelle scuole iraniane. Nulla è più importante dell’educazione delle nuove generazioni. La conoscenza è il più efficace e importante antitodo al negazionismo come al razzismo. Il vero terreno sul quale Rohani può distinguersi dal predecessore non sono tanto le dichiarazioni ai media ma l’istruzione delle nuove generazioni di iraniani».

Non crede che Rohani abbia voluto dissociarsi da quanto affermava Ahmadinejad sullo sterminio degli ebrei ?

«Certo che lo credo. Per questo ritengo che quanto Rohani ha detto sia un buon inizio. È il segnale che vuole lasciarsi alle spalle il negazionismo di Ahmadinejad, intende distinguersi e forse procedere su una strada diversa. Ma ora sta a lui, a Rohani, decidere con quali azioni avvalorare tale riposizionamento. Anni di negazionismo di Ahmadinejad hanno avuto conseguenze. Singoli e gruppuscoli che negano la Shoa si sono sentiti giustificati, sostenuti, legittimati. Si sono nutriti di bugie e falsità tese a cancellare la memoria dello sterminio di sei milioni di ebrei. Tocca a Rohani identificare le azioni più efficaci per riuscire a rimediare a tutto ciò».

CORRIERE della SERA - Stefano Montefiori : " L’Olocausto per l’Islam. Ignorato o banalizzato "


Anne-Marie Revcolevschi

PARIGI — Le parole del presidente iraniano Rouhani sono da considerare un'apertura importante o no? «Io credo di sì, voglio avere un atteggiamento ottimista. Dobbiamo ricordare che il suo predecessore, il presidente Ahmadinejad, aveva fatto della negazione dell'Olocausto la priorità del suo mandato. Negli ultimi anni l'Iran ha inondato tutto il mondo musulmano di retorica negazionista con convegni, libri, trasmissioni tv, film. Le frasi di Rouhani rappresentano comunque un passo in avanti, perché finalmente vengono pronunciate le parole "condanniamo i crimini dei nazisti contro gli ebrei"». Anne-Marie Revcolevschi è la fondatrice del «Projet Aladin», un'associazione basata a Parigi che si occupa di diffondere la conoscenza reciproca tra ebrei e musulmani, e quindi dell'Olocausto, nell'Islam. Si deve al «Projet Aladin» se il dia-rio di Anna Frank o i libri di Primo Levi sono stati tradotti in arabo, farsi e turco e diffusi — sia pure a fatica — in Paesi dove pochi anni fa questi libri erano completaLa studiosa Anne-Marie Revcolevschi, 69 anni, è la presidente del «Projet Aladin», Ong con sede a Parigi che promuove la conoscenza e il dialogo tra ebrei e musulmani mente ignorati. Poche ore dopo l'intervista di Rouhani, l'agenzia iraniana «Fars» ha tenuto a fare marcia indietro correggendo la traduzione fatta dalla «Cnn». «Non mi sorprende, l'agenzia Fars è l'organo di stampa più legato ai guardiani della rivoluzione, i pasdaran non possono tollerare simili novità. Ma l'agenzia ufficiale Irna non ha emesso alcuna smentita, e questo è molto importante. Al di là del gioco delle traduzioni e delle interpretazioni che si è scatenato, i miei amici iraniani mi confermano che Rouhani, quelle parole, le ha dette». Che succederà adesso? «Naturalmente dopo le parole ora aspettiamo i fatti. Per esempio, spero che il presidente Rouhani accetterà la proposta mia e di Claude Lanzmann di ospitarci a Teheran per una proiezione di Shoah, il film di Lanzmann». Qual è il grado di conoscenza del popolo iraniano? «Abbiamo trasmesso Shoah di Lanzmann grazie a una rete tv della diaspora iraniana basata a Los Angeles che molti in Iran riescono a captare grazie alle parabole. Credo che milioni di iraniani l'abbiano visto, siamo stati inondati dalle reazioni». E nel resto del mondo musulmano? Il popolo conosce l'Olocausto? Qualcuno ne parla ai bambini nelle scuole? «Dipende molto da Paese a Paese, ma possiamo dire che generalmente l'Olocausto non viene insegnato a scuola. Poi ci sono grandi differenze legate alle volontà dei governi e anche alle storie dei singoli Paesi. Direi che in Africa del Nord la gente sa che durante la Seconda guerra mondiale gli ebrei sono stati sterminati: lo sanno in Tunisia perché ci furono deportazioni, in Algeria perché c'era Vichy, in Marocco perché il re cercò di difendere gli ebrei marocchini». In Medio Oriente? «Nei Paesi vicini di Israele, cioè in Libano, Siria, Giordania, Iraq, le persone sanno dell'Olocausto ma lo banalizzano, non ne riconoscono l'unicità, e c'è il continuo paragone con la Naqba, la "catastrofe" dei palestinesi nel 1948. Questo è un altro problema, è il fare confusione, paragonare cose diversissime». La percezione dell'Olocausto è ancora influenzata dal conflitto arabo-israeliano? «Sì, moltissimo, perché molti governi arabi continuano a strumentalizzarlo, dicono che l'Olocausto è un mito che serve a giustificare la nascita dello Stato di Israele, anche se tutti sanno che il sionismo è nato ben prima. Di recente, il Libano ha impedito che noi inviassimo a Beirut la nostra edizione del Diario di Anna Frank». In Pakistan, Indonesia? «Lì ci sono disinteresse e ignoranza totali, in particolare in Indonesia, dove la gente comune avverte questi eventi come lontanissimi. Negli emirati del Golfo? «Qui è stupefacente come in luoghi ricchi, moderni e sempre più attratti dall'Occidente come Abu Dhabi resista un blackout totale. Sono stata di recente alla Fiera del libro di Abu Dhabi per portare le nostre traduzioni: nessuno sa niente, e soprattutto i governanti vogliono lasciare tutto così». Quali sono le prossime iniziative del «Projet Aladin»? «In ottobre a Istanbul terremo il primo seminario per educatori di Turchia, Iraq, Marocco e Tunisia, per cercare di capire insieme come insegnare l'Olocausto nei Paesi islamico .

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