Sulla STAMPA di oggi, 24/09/2013,a pag. 14, con il titolo " Dal Minnesota al Kenia, la jihad che viene dagli Usa ", Maurizio Molinari commenta i legami tra il terrorismo islamico e l'Occidente.
Maurizio Molinari
Con le forze di sicurezza kenyote impegnate nell’assalto finale alle zone del Westgate Mall ancora in mano al commando Al-Shabaab, l’Fbi arriva in forze a Nairobi con l’obiettivo di smantellare la «legione americana» dei jihadisti somali. È il presidente americano, Barack Obama, che incontrando il collega nigeriano Goodluck Jonathan assicura: «Stiamo dando pieno sostegno al Kenya per sconfiggere il terrorismo».
In concreto significa che da Nairobi, dove ha sede la maggiore stazione dell’intelligence in Africa, l’Fbi sta tentando di ricostruire identità, legami e finanziamenti degli americani parte del commando. Un portavoce jihadista, diffondendo la lista dei terroristi, vi include sei americani, come Ahmed Mohamed Isse, 22 anni, del Minnesota; Addifatah Osman Keynadiid, 24 anni di Minneapolis; Generale Mustaf Nuradin, 26 anni, di Kansas City. Ma per Pete King, presidente della commissione Homeland Security della Camera dei Rappresentanti, nelle fila degli Shabaab sarebbero entrati negli ultimi anni «almeno 50 americani di cui 20-30 sono ancora operativi». In gran parte vengono da Minneapolis, in Minnesota, perché è qui, nel quartiere di Cedar-Riverside che a metà degli Anni Novanta si è formata Little Somalia grazie all’arrivo dei rifugiati dalla guerra civile che vide anche l’America intervenire con l’operazione Restore Hope, portando in salvo poi molti civili con un ponte aereo umanitario.
Fra Minneapolis e St Paul vivono oltre 80 mila somali, la più grande comunità del Nordamerica, che a Cedar-Riverside hanno sostituito i precedenti immigrati dell’Est europeo ma proprio qui nel 2009 l’Fbi rintracciò i primi legami con i jihadisti del Corno d’Africa. L’«Operazione Rhino» portò a individuare venti giovani somali-americani che dal 2007 avevano scelto di tornare nella terra da cui i genitori erano fuggiti con l’intento di battersi contro il governo locale e le forze dell’Unione Africana, al fine di instaurare un regime islamico.
La maggioranza degli appartenenti a questo primo gruppo di «volontari» sono stati uccisi sul campo di battaglia - gli ultimi nel 2011 - mentre altri, come Kamal Said Hassan sono stati condannati in Minnesota per aver organizzato e gestito l’invio di uomini e fondi in Somalia giovandosi di sostegni in alcune moschee locali.
Ma la battaglia di Nairobi, che ha già causato almeno 62 vittime, con l’efficienza dimostrata dal commando nel tenere in scacco le forze di sicurezza kenyote, dimostra che la «legione americana» degli Shabaab si è riorganizzata, diventando più agguerrita. A confermarlo è il video postato su Internet da tre somali di Minneapolis e St Paul, intitolato «Martiri del Minnesota, il percorso verso il paradiso», nel quale per 40 minuti raccontano le esperienze fatte nei campi della jihad. «Credeteci questa è la vera Disneyland - afferma nel video uno dei volontari americani - dovete venire qui e unirvi a noi».
Questa «legione» ha già dei martiri che il video esalta come esempi a cui richiamarsi: Troy Kastigar, convertito all’Islam, è caduto a Mogadiscio 10 mesi dopo l’arrivo dal Minnesota mentre altri tre - Abdisalan Hussein Ali, Farah Mohamed Beledi e Shirwa Ahmed - si sono immolati come kamikaze in azioni contro le forze dell’Unione Africana. A descrivere la genesi del fenomeno jihadista in Minnesota è la testimonianza resa da Abdirizak Bihi, uno dei leader della comunità di Minneapolis, in uno dei processi: «Questi giovani uomini si comportano in maniera strana per 3-4 mesi, passano gran parte del tempo nelle moschee dormendovi anche la notte e nei weekend, si mostrano pensosi, passano lunghe ore in silenzio e poi, all’improvviso, spariscono nel nulla, lasciando famiglie, affetti, lavoro e studi».
Per inviare alla Stampa la propria opinione, cliccare sulla e-mail sottostante