Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 21/09/2013, a pag.16, con il titolo " Il pianista Fazil Say condannato per blasfemia " l'articolo di Marta Ottaviani, un esempio per chi si illude sulla possibilità che in Turchia possa ancora esistere una speranza di laicità.
Fazil Say
La Turchia punisce ancora il pianista di fama internazionale, Fazil Say. Ieri il tribunale di Istanbul ha condannato per la seconda volta il musicista per blasfemia a 10 mesi di carcere. Say aveva ricevuto una sentenza identica nel il primo processo che lo aveva visto imputato per lo stesso reato lo scorso maggio. I suoi avvocati avevano però ottenuto che il processo fosse annullato e venisse rifatto. Ieri, inesorabile, il verdetto.
L’artista paga per aver inviato tramite Twitter nell’aprile dello scorso anno alcuni commenti che hanno urtato la sensibilità degli utenti più conservatori della rete. In realtà Say ha semplicemente retwittato i versi del poeta Omar Khayyam postati da un suo follower, ma questo non ha alleggerito la sua posizione.
In uno di questi messaggi si ironizzava su un richiamo alla preghiera islamica durato solo 22 secondi, dicendo che forse il muezzin lo aveva accorciato per tornare dalla sua donna o ad una bottiglia di liquore. In un altro, quello che ha provocato le ire di chi lo ha denunciato, ci si chiedeva se il paradiso descritto da alcune interpretazioni più moderate del Corano, con fiumi di vino e vergini, fosse un bar o un bordello.
Noto per il suo orientamento laico e l’opposizione al governo di Erdogan, Say aveva dichiarato che non aveva mai avuto intenzione di offendere nessuno. Il musicista non andrà in carcere in quanto incensurato, ma la sua condanna ha avuto un’eco enorme nel Paese. Non solo. La condanna per un utilizzo improprio di Twitter solleva nuovi dubbi sulla libertà di espressione nella Mezzaluna, da tempo sotto la lente di ingrandimento di Bruxelles.
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