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La Stampa Rassegna Stampa
21.09.2013 Iran: continua la tragica farsa di Rohani. Adesso c'è anche lo 'Zio Tom' ebreo di Teheran
Cronache di Maurizio Molinari, Francesco Semprini

Testata: La Stampa
Data: 21 settembre 2013
Pagina: 17
Autore: Maurizio Molinari-Francesco Semprini
Titolo: «Rohani. offerta all'America su dossier nucleare e Siria-Sedgh, l'ebreo-testimonial di Teheran»

La storia si ripete, non è una novità. Il patto von Ribbentrop-Molotov , che avrebbe dovuto garantire la pace, diede l'avvio alla 2a guerra mondiale. Se avremo il patto Obama-Rohani, aspettiamoci il peggio. Il destino delle democrazie pare immutabile, prima o poi appare un Hitler e non sono capaci di riconoscerlo.
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 21/09/2013, a pag,17, la cronaca di Maurizio Molinari. Dalla stessa pagina l'articolo di Francesco Semprini sullo 'zio Tom' ebreo Siamak Sedgh, l'unico deputato ebreo del parlamento di Teheran, che accompagnerà Rohani a New York, e che, come tutte le scimmiette ammaestrate, servirà da paravento ai piani di Kahmenei.

Maurizio Molinari: " Rohani, offerta all'America su dossier nucleare e Siria "

Maurizio Molinari

Il presidente iraniano Hassan Rohani offre all’America un’«interazione costruttiva» su Siria e nucleare, e la Casa Bianca replica dicendosi pronta ad un dialogo basato sul «mutuo rispetto»: i segnali di scongelamento fra Teheran e Washington coincidono con la consegna da parte di Damasco della lista delle armi chimiche, in anticipo rispetto alla scadenza prevista.

Rohani affida il messaggio agli Stati Uniti a un editoriale pubblicato sul «Washington Post» nel quale dichiara finita la «stagione dell’unilateralismo» parlando della «necessità da parte dei leader del mondo di trasformare le minacce in opportunità». L’«interazione costruttiva» che propone a Washington riguarda da un lato la necessità di comporre le «feroci battaglie in corso in Siria, Afghanistan e Iraq» e dall’altro l’offerta di discutere il «pacifico programma nucleare che ha a che vedere con la nostra identità». Per avvalorare l’apertura Rohani compie più passi sulla Siria dicendosi «contro l’uso delle armi chimiche» e impegnandosi a «facilitare il dialogo fra governo siriano e opposizione».

Al tempo stesso fonti governative iraniane anticipano al «New York Times» che Rohani è in arrivo all’Onu la prossima settimana con una «proposta per arrivare alla fine alle sanzioni» decretate dalla comunità internazionale per bloccare il programma nucleare, di cui si sospetta la natura militare. Sono le avvisaglie di un’offensiva diplomatica che - accompagnata da discorsi nei centri studi di Manhattan e interviste tv - promette di trasformare Rohani nel protagonista dell’apertura dei lavori dell’Assemblea Generale.

La reazione della Casa Bianca è di cauta apertura. «Obama ha perseguito sin dall’inizio un dialogo basato sul mutuo rispetto con l’Iran» commenta John Earnest, portavoce della Casa Bianca, ricordando che «se le sanzioni sono state inasprite è per la mancanza di collaborazione di Teheran sul nucleare». Il Segretario di Stato John Kerry aggiunge che «le parole del presidente iraniano vanno messe alla prova» e ciò lascia intendere che potrebbe esservi l’incontro seppur breve e simbolico - con Obama al Palazzo di Vetro. Il presidente francese François Hollande è il primo leader occidentale a confermare che incontrerà Rohani a New York e, trattandosi del più importante alleato di Obama contro Assad, ciò conferma che il terreno sul quale l’Iran verrà «messo alla prova dei fatti» sarà la crisi siriana.

A riassumere l’approccio di Washington è Robert Einhorn, ex negoziatore sull’Iran del Dipartimento di Stato: «La Siria è il banco di prova, se la cooperazione con l’Iran avrà successo si passerà al nucleare altrimenti l’effetto sarà opposto e l’opzione militare tornerà a prevalere, contro Assad come contro il programma atomico». Da qui il rilievo per la mossa di Damasco che, in anticipo sui tempi previsti, ha consegnato all’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche le liste dei gas proibiti. Si tratta di un documento in arabo di 13 pagine con dati, quantità, tipologia dei gas e siti dove si trovano «sul quale stiamo facendo le dovute verifiche» assicura il portavoce Michael Luhan. Kerry e il collega russo Sergei Lavrov hanno avuto in proposito un colloquio nel quale si è discusso anche della nuova bozza di risoluzione russa in arrivo al Consiglio di Sicurezza: dieci paragrafi, senza riferimenti ad Assad e redatta sulla base del capitolo VI dunque senza la minaccia del ricorso alla forza.

Francesco Semprini: " Sedgh, l'ebreo-testimonial di Teheran "

Francesco Semprini                 Siamak Sedgh con Rohani

Nella pacifica e ambiziosa offensiva alle Nazioni Unite con cui Hassan Rohani punta a rilanciare l’immagine del suo Iran nel mondo, un ruolo di importanza strategica lo riveste un membro della delegazione attesa a New York. È un ex medico, veterano di guerra e ora parlamentare, ma soprattutto è di religione ebraica. Si chiama Siamak Moreh Sedgh ed è stato voluto con forza da Rohani nella delegazione di appena due persone (l’altro è il musulmano Ahmad-Reza Dastgheyb) che lo affiancherà alla 68ma Assemblea Generale.

Su di lui il presidente fa affidamento in particolare per illustrare gli sforzi di Teheran nel garantire il rispetto dei diritti civili delle minoranze, e rafforzare la propria credibilità. Sedgh è un perno della «roadmap» messa a punto dalla rinnovata leadership per affermare l’immagine di un nuovo Iran, dopo otto anni di «oscurantismo» dettato dall’intransigente Mahmoud Ahmadinejad e dalle sue controverse affermazioni sull’olocausto.

Ed è proprio da qui che riparte Rohani visto che Sedgh è il rappresentante della comunità ebraica al «Majlis», l’assemblea dei 290 parlamentari, dove, dopo la rivoluzione costituzionale del 1907, un seggio è riservato agli ebrei-iraniani e tre alla comunità cristiana, diritti mantenuti anche dopo la rivoluzione khomeinista. Prima di lui il seggio era di Mauric Motamed, politico abile e di grande spessore che negli Anni 90 accompagnò l’allora portavoce del parlamento, Mehdi Karroubi, al Palazzo di vetro.

In Iran vive la comunità ebraica più numerosa del Medio oriente dopo quella israeliana, e nonostante la fuga di diversi membri dopo il 1979, «gli ebrei non hanno problemi di sicurezza» assicura lo stesso Sedgh. «Nessuno gira scortato, non c’è traccia di antisemitismo e le 15 sinagoghe di Teheran non sono mai state oggetto di attentati, come invece è successo a Parigi». Lo stesso Sedgh ha persino combattuto al fronte per un anno nel conflitto contro l’Iraq.

Certo diverso è il parere su Israele e il sionismo: lì il fiduciario di Rohani è in completo disaccordo tanto da accusarlo di commettere «crimini disumani nei confronti dei palestinesi». La sua linea è quindi assai funzionale alla svolta di Teheran, cadenzata dagli auguri twittati del presidente per il Rosh Hashanah, e dallo scambio di «cinguettii» tra il ministro degli Esteri, Mohammad Javad Zarif, e la figlia di Nancy Pelosi, Christine.

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