Iran: Rohani si traveste da moderato, Obama ci casca cronache e commenti di Fiamma Nirenstein, Maurizio Molinari, editoriale del Foglio
Testata:Il Giornale - La Stampa - Il Foglio Autore: Fiamma Nirenstein - Maurizio Molinari - Editoriale del Foglio Titolo: «Obama vede Rohani. Speranza (vana) di un Iran democratico - Washington e Teheran verso la stretta di mano - Eccola, la legacy di Obama»
Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 20/09/2013, a pag. 16, l'articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo " Obama vede Rohani. Speranza (vana) di un Iran democratico ". Dalla STAMPA, a pag. 17, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " Washington e Teheran verso la stretta di mano ". Dal FOGLIO, a pag. 3, l'editoriale dal titolo " Eccola, la legacy di Obama ".
a destra, Hassan Rohani Ecco i pezzi:
Il GIORNALE - Fiamma Nirenstein : " Obama vede Rohani. Speranza (vana) di un Iran democratico "
Fiamma Nirenstein
Dopo un misterioso scambio di lettere pare che Obama e Rouhani si incontreranno a New York all’ONU già martedì o mercoledì prossimo. Un incontro fatale, piace immaginare. Scoppierà la pace, come dice il Papa? L’Iran dimostrerà un’incredibile apertura nei confronti delle richieste di bloccare l’assemblaggio dell’atomica? Smantellerà le centrifughe? Smetterà di impiccare gli omosessuali? Libererà le donne dall’oppressione? Hassan Rouhani sembra maestro nel suk: si attrae il compratore con una tazza di tè alla menta, ci si siede rilassati, si sorride, la merce diventa così affascinante che non si oserà mai negare il prezzo richiesto. Se l’affare fallisce, è solo colpa tua, lui era così carino.
Negli ultimi giorni l’Iran ha dichiarato per bocca di Rouhani tutta la sua disponibilità a farsi togliere le sanzioni economiche. Ha anche funzionato da ponte con Assad, sembra: senza i suoi ordini Assad non avrebbe intrapreso la strada del compromesso, l’Iran lo arma fino ai denti. Ma sulle cose serie, non si sa se chiuderebbe le centrali, se consegnerebbe l’uranio arricchito, se rinuncerebbe alla bomba... Ieri in un’intervista all’NBC Rouhani ha detto che il suo Paese cerca “pace e amicizia”, ma ha aggiunto che Israele porta instabilità nel Medio Oriente perché è un “occupante”, non si sa con quali conseguenze per l’Iran voleva solo distruggerlo; non ha risposto alla domanda se neghi la Shoah come Ahmadinejad, perché lui “non è uno storico”.
Sui diritti civili ha detto che vuole che la sua gente sia “completamente libera”: aspettiamo specifiche sulle donne, il diritto di opinione, la libertà sessuale. Dunque, solo parole e anche quelle poco significative: ma ci piace sognare. Non sarebbe tanto difficile capire le intenzioni di Rouhani se non stessimo mangiandoci le unghie nella speranza che sia buono. Anche il supremo leader Khamenei l’ha spiegato: ha detto che ci vuole “eroica flessibilità” e poi ha aggiunto che tuttavia “non bisogna dimenticarsi chi è il nemico e qual è lo scopo principale”. Scusi, lo dice anche a noi? www.fiammanirenstein.com
La STAMPA - Maurizio Molinari : " Washington e Teheran verso la stretta di mano "
Maurizio Molinari Hassan Rohani durante la sua intervista per la NBC
Washington e Teheran si scambiano segnali di apertura. «Lavoriamo ad un incontro ad alto livello fra Stati Uniti e Iran durante i lavori dell’Assemblea Generale dell’Onu» fa sapere la Casa Bianca al «Wall Street Journal», lasciando intendere che Barack Obama e Hassan Rohani potrebbero incontrarsi al Palazzo di Vetro, dove entrambi parleranno martedì. «Sono avvenuti dei contatti», confermano gli iraniani, ma nessuno dice di più vista la posta in palio: un breve colloquio, o anche solo una simbolica stretta di mano fra i leader di due nazioni ai ferri corti dalla rivoluzione khomeinista del 1979.
L’ipotesi di un reciproco gesto di dialogo rientra nei segnali che Teheran sta facendo arrivare alla Casa Bianca, aprendo la strada al viaggio del neopresidente a New York. In particolare, in un’intervista alla «Nbc», Rohani definisce «positiva e costruttiva» la lettera inviatagli da Obama con le congratulazioni per l’avvenuta elezione. «Quella lettera può essere un sottile e minuscolo passo verso un importante futuro» assicura Rohani, augurandosi una «atmosfera positiva» fra i due Paesi e spingendosi fino a difendere la scelta di Obama di rimandare l’attacco militare alla Siria: «Non è stato un segnale di debolezza, noi iraniani consideriamo che sia piuttosto la guerra ad indicare debolezza». Rispondendo ad una domanda su Israele, il presidente iraniano assicura: «Non vogliamo guerre con nessun Paese, vogliamo pace e amicizia tra tutti i Paesi della regione». Riguardo all’Olocausto, evita di confermare o smentire le posizioni negazioniste del predecessore Mahmud Ahmadinejad: «Non sono uno storico, sono un politico, ciò che per noi è importante è che i Paesi e popoli della regione si avvicinino gli uni agli altri, prevenendo aggressioni e ingiustizie». Ma quando la reporter gli chiede di commentare l’opinione di Benjamin Netanyahu sul fatto di essere un «lupo travestito da agnello», la replica è aspra: «Guida un governo occupante ed usurpatore, responsabile di ingiustizie verso i popoli della regione, che causa instabilità con le sue politiche guerrafondaie».
Al ministro degli Esteri Javad Zariff spetta invece rassicurare Ban Ki-moon sul contenzioso nucleare: «Abbiamo avuto un ottimo colloquio in materia». Sul fronte interno Rohani preannuncia di voler istituire una «commissione sui diritti dei cittadini perché nella vita privata devono essere completamente liberi» incluso «l’accesso all’informazione che circola nel mondo» attraverso Internet e dunque la censura «deve essere fondata sui nostri valori morali».
Nel complesso si tratta di un linguaggio mirato ad avvalorare l’immagine di leader aperto al dialogo. Si spiegano così anche le notizie che rimbalzano da Teheran sul possibile rilascio di Mir Hossein Mussavi e Mehdi Karrubi, candidati rivali di Ahmadinejad nel 2009 che da oltre due anni sono agli arresti domiciliari.
Il FOGLIO - " Eccola, la legacy di Obama "
Barack Obama
Noi iraniani l’arma nucleare non la vogliamo fare, né ora né mai, e dovete credermi, perché il mio governo ha pieno potere sul negoziato con l’occidente, e lo stallo in cui ci siamo infilati finirà. Con queste parole dette in un’intervista alla Nbc americana, il quieto presidente della Repubblica islamica d’Iran, Hassan Rohani, ha messo il sigillo sulla sua “operazione charme” nei confronti della comunità internazionale in vista del grande appuntamento della settimana prossima: l’esordio all’Assemblea nazionale delle Nazioni Unite. Tutto è pronto per il suo grande discorso e soprattutto per bilaterali che soltanto l’anno scorso erano impensabili: si sta lavorando anche a un incontro con il presidente americano Barack Obama – non si sa se sarà “accidentale”, come è tutta la politica estera della Casa Bianca, o se è già pianificato, ma a guardare il portavoce presidenziale, quel Jay Carney che abbiamo visto sudare freddo più volte nel suo appuntamento quotidiano con i giornalisti, si capisce che c’è grande eccitazione nell’entourage obamiano. L’apertura di Rohani è quanto di meglio potesse accadere a un presidente a caccia della sua legacy: ci pensate? Obama può passare alla storia come il presidente che ha fermato la Bomba iraniana. E l’ha fatto con la mano tesa, coi messaggi, con le lettere, con qualche minaccia, con il muso duro contro Israele che invece farebbe blitz armati in ogni momento – con il soft power. Ci pensate? I liberal guardano scettici Obama per il suo Nobel per la Pace dato preventivamente e sconsideratamente, ed ecco che tutto si ribalta: la più grande minaccia esistente – l’arma nucleare in mano agli ayatollah che pregano per la scomparsa di Israele e dell’occidente – viene spazzata via con la forza della diplomazia. Esiste forse una legacy più scintillante? Poi magari Rohani sta bluffando, gli basta giusto farsi vedere buono per qualche mese, allentare le sanzioni che gli stanno soffocando il paese, e andare avanti con il programma nucleare (non sarebbe la prima volta). Ma tutti vogliono credere che Rohani faccia sul serio, anzi, diciamo pure che Rohani fa sul serio, tanto non c’è nessun leader oggi – Israele a parte, s’intende – e nessuna opinione pubblica che si sognerebbe di mettere in piedi un’offensiva contro l’Iran. Così il “moderato” di Teheran può giocarsi tutto il suo credito di fronte alla comunità internazionale e alla Guida Suprema, e Obama può vantare un capolavoro diplomatico davvero impressionante. Il costo di questo “grand bargain” a lungo sognato e finalmente a portata di mano pesa tutto sull’opposizione al regime di Bashar el Assad e sui bambini siriani gasati con il sarin. Pur in versione “moderata”, Teheran chiede a Washington di stare fuori dalle faccende mediorientali. E Washington ha già dimostrato di non avere tutta questa voglia di infilarcisi. E non è poi così inutile, la riluttanza: l’impunità di Assad val bene una legacy.
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