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Il ritorno dell’URSS (Traduzione dall’ebraico di Sally Zahav, versione italiana di Yehudit Weisz)
Quelli tra noi di mezza età, o più anziani, ricorderanno una canzone dei Beatles dal titolo "Back in the URSS". Questa canzone è diventata per me un chiodo fisso da quando è scoppiata la crisi riguardo all'uso di armi chimiche da parte del regime di Assad. Questa crisi ha rivelato, enfatizzato e dimostrato quello che avevo scritto tempo fa sull’indebolimento del blocco occidentale, soprattutto degli Stati Uniti, e il ritorno al centro della scena internazionale del gruppo che gli si oppone sotto la leadership russa. L’articolo di Putin sul New York Times ha pubblicamente espresso la sua opinione su una situazione internazionale vecchio-nuova: il mondo, da un sistema unipolare, è tornato a essere bipolare, com’era stato fino alla fine degli anni ottanta, quando l’Unione Sovietica si era disgregata, e gli ex sudditi dall’Europa orientale l’avevano abbandonata per unirsi all'Occidente, al mondo democratico, e, in seguito, all'Unione europea. Il blocco russo si fonda su paesi non democratici ostili all'Occidente, sia da un punto di vista culturale, come Cina e Siria, sia da un punto di vista religioso, come l'Iran. Paesi in cui la democrazia zoppica, come Venezuela e Nicaragua, sono allineati alla Russia, che non si preoccupa troppo di loro su questioni marginali come i diritti umani e le libertà politiche. Anche la Corea del Nord gode della protezione politica di Cina e Russia, in particolare al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Il collante anti-democratico di oggi è apparentemente più forte di quello dell’identità slava che manteneva il "Patto di Varsavia" ben cementato, perché oggi c’è anche una visione del mondo da un punto di vista culturale. Allora gli Stati erano asserviti al blocco sovietico (vedi l'invasione nel 1968 della Cecoslovacchia), mentre oggi gli Stati scelgono liberamente di aderire al blocco russo. Non è ancora un blocco consolidato e unito, ma quest’unione di forze anti-democratiche sta sempre più vincendo sul terreno diplomatico in ambito internazionale. L’aspetto militare in quest’alleanza ha il suo peso, per la fornitura di armamenti russi a Iran, Siria e Hezbollah. Molte nazioni mettono a confronto il comportamento del blocco sotto la leadership russa con la condotta dell’Occidente sotto la leadership degli Stati Uniti e concludono che questi ultimi tradiscono i loro amici e li abbandonano, mentre la Russia è fedele ai suoi alleati e li difende. Quando il mondo analizza ciò che gli Stati Uniti hanno fatto nei confronti di Stati e governanti in questi ultimi anni, constata che Mubarak è stato abbandonato dal Presidente Obama allo scoppio delle prime manifestazioni degli oppositori; che il Presidente della Tunisia - ben Ali - è stato costretto a fuggire dai dimostranti senza l’aiuto di nemmeno uno dei suoi amici europei; che gli Stati Uniti abbandonano i loro amici del Golfo e in Arabia Saudita di fronte alle minacce dell'Iran; che l'Occidente non sostiene Israele nei suoi sforzi per mantenere la propria sicurezza e le attività strategiche, anzi, lo esorta a fondare un altro Stato di terroristi palestinesi, sulle montagne di Giudea e Samaria che dominano la maggior parte del territorio dello Stato di Israele. Dall’altra parte, il mondo vede che la Russia difende con lealtà l'Iran e il suo progetto nucleare in sede di Consiglio di Sicurezza, fornendogli persino i reattori e gli strumenti per realizzarlo. La Russia è fedele ad Assad e gli fornisce armi, munizioni e mezzi di difesa necessari per la sua sopravvivenza; la Russia fornisce alla Cina materie prime e posti di lavoro. Per quanto riguarda la questione delle armi chimiche siriane, l'Occidente è apparso come un corpo sbriciolato, senza leader e senza un’agenda condivisa. Il Parlamento britannico è contro la guerra, quello francese è invece favorevole; l'amministrazione americana dice che gli USA sono sempre pronti ad attaccare, ma il Congresso non è dello stesso parere; l'esercito americano si sta preparando per la guerra ma il Dipartimento di Stato suggerisce un compromesso. La mano destra non sa che cosa fa la sinistra, e ognuno agisce in base a un ordine del giorno diverso. Questo non è il modo di creare un blocco di stati che sia in grado di portare a termine una missione eticamente sottoscritta da tutti, quella di difendere i siriani dalle armi chimiche. Quando l'etica cessa di essere il principale ideale per l'Occidente, che cosa rimane dei suoi valori? Il leader del blocco occidentale, gli Stati Uniti, è rinchiuso in se stesso dai propri problemi: Detroit - la città che, in passato, era stata il centro delle industrie metallurgiche e automobilistiche americane - è andata in rovina, e altre città potrebbero fare la stessa fine. La leadership americana ha paura di usare la forza che ha a disposizione, si è visto il suo fallimento nelle guerre d’oltremare: con l’aiuto degli USA gli iracheni sono stati liberati dalla dittatura di Saddam, ma sono diventati facili prede della supremazia regionale iraniana. La NATO ha liberato la Libia da Gheddafi, ma ora la Libia è precipitata in un bagno di sangue tribale. Chi prenderà il controllo dell'Afghanistan, quando la NATO si sarà ritirata ? Non sarà il suo vicino iraniano?
Gli Stati Uniti hanno sostenuto i Fratelli Musulmani in Egitto, ma questo aiuto non ha conquistato l'affetto dei musulmani. Al contrario: oggi, in Egitto, sia laici sia islamici, odiano gli Stati Uniti. I laici sono furenti con gli Stati Uniti perché avevano sostenuto i Fratelli Musulmani, e gli islamici li odiano perché non li avevano sostenuti quando Morsi fu deposto. La freddezza con cui Obama si rivolge al regime di Sisi sicuramente potrebbe spingere il nuovo regime egiziano verso il blocco Russia-Cina, che ha, senza dubbio, una maggiore capacità economica e politica rispetto all’Occidente. Yemen, Pakistan e Afghanistan odiano gli Stati Uniti perché hanno combattuto contro i terroristi, ritenuti uomini giusti dalle società di questi paesi, e perché in questa guerra vengono uccisi anche civili innocenti. Le minacce terroristiche da parte dei leader di al Qaeda e delle sue organizzazioni affiliate sono sufficienti a spingere gli americani a chiudere le ambasciate e i consolati di oltre la metà del globo: è così che si comporta una superpotenza? Il fatto che quattro americani siano stati uccisi a Bengasi l’11 settembre del 2012 ha fatto sì che gli Stati Uniti perdessero la fiducia in se stessi e nella loro potenza? Un altro fenomeno dannoso che ha oscurato l'immagine americana, è la grande facilità con cui vengono rivelati i suoi segreti più riservati e importanti. Un soldato semplice dell'esercito americano, Bradley Manning, ha diffuso migliaia di documenti governativi sul sito Wikileaks. E fino ad oggi, gli Stati Uniti non sono ancora riusciti a mettere le mani sul suo fondatore. Un'altra figura, sempre di scarso rilievo, Edward Snowden, ha rivelato i segreti più nascosti della National Security Agency agli occhi del mondo, e chi gli ha dato rifugio? La Russia di Putin, e gli Stati Uniti non sono in grado di esercitare alcuna pressione per estradarlo. Questo fenomeno di inaffidabilità dei servizi di sicurezza, che porta anche alla rivelazione di segreti di molti altri paesi, fa sì che i leader di tutto il mondo esitino a prendere contatti segreti con gli Stati Uniti, perché temono che nulla rimarrà segreto, visto che gli Usa non sono più in grado di difendere se stessi e i propri alleati dale fughe di notizie. Si è mai saputo di documenti trapelati dalla Russia? Un altro fattore che rappresenta una grande differenza tra Occidente e blocco russo è il loro modo di affrontare il terrorismo. La Russia ha subìto quello ceceno musulmano, che colpì Mosca e causò molte vittime. La Russia reagì con una grande offensiva nella regione cecena, distruggendone quasi completamente la capitale, Grozny, causando migliaia di vittime tra i ceceni, che erano tutti - va ricordato - cittadini russi. Gli Stati Uniti e i paesi occidentali subiscono il terrorismo in misura minore ma ne sono ossessionati. L'ultima grande azione che l'Occidente ha intrapreso contro il terrorismo è stata la guerra in Afghanistan, iniziata con grande successo ma che nel corso degli anni si è trasformata in un fallimento: due settimane dall'inizio della guerra, la coalizione occidentale aveva preso il controllo di tutto il territorio dell'Afghanistan, mentre oggi ne controlla solo una piccola parte. I talebani sono tornati a essere i leader, e gli Stati Uniti stanno perdendo la volontà di sconfiggere i nemici, cercando di entrare in contatto con una organizzazione che li giudica un'entità illegittima. Pochi mesi fa, tre persone sono state uccise e alcune decine ferite, durante la Maratona a Boston. Per due settimane gli Stati Uniti sono vissuti nel caos, come non si era mai visto dagli attentati dell'11 settembre del 2001, mentre i media, istericamente, presentavano l'immagine di un popolo terrorizzato dalla paura e una situazione in cui erano stati sufficienti un paio di terroristi per intimidire il popolo e i suoi leader. Oggi il mondo è diviso in due blocchi, l’ Occidentale - stanco, esausto, diviso, senza una leadership, senza un progetto e senza la volontà di utilizzare la sua potenza; l'altro – la Russia - tornato forte, con obiettivi ben determinati e un leader potente, che usa la sua forza in qualsiasi momento se i suoi interessi sono in pericolo. Israele fa parte del blocco debole, del perdente occidentale, su cui non potrebbe mai contare in caso di pericolo. Israele deve quindi prepararsi di fronte alle pressioni che verranno dagli alleati, ipnotizzati dallo slogan "pace nel nostro tempo" rappresentato nel compromesso siriano, e che potrebbero anche cercare di imporre accordi tra Stati del Medio Oriente per arrivare alla eliminazione di armi non convenzionali, il che vedrebbe il coinvolgimento di Israele. Israele deve mettere le cose ben in chiaro con la Casa Bianca, con il Congresso e con i suoi molti amici, soprattutto tra gli ebrei e i cristiani evangelici. La correttezza politica non deve soffocare la critica,da parte di Israele, delle misure adottate dagli Stati Uniti nella regione; Israele inoltre deve sviluppare una rete di connessioni - anche segretamente - con gli stati del Medio Oriente con cui va d’accordo, per quanto riguarda le minacce regionali. Ma prima di tutto la leadership di Israele deve parlare con la gente circa l’attuale situazione internazionale in cui lo Stato ebraico si trova. Sono i cittadini di Israele che pagheranno il prezzo del declino della posizione internazionale della coalizione a cui apparteniamo, e quindi è nostro diritto, come cittadini, vincolare i nostri leader ad una responsabilità strategica. Non intendo dire che i leader debbano condividere segreti militari o di intelligence con il pubblico, certamente no, questo deve essere a conoscenza del minor numero di persone possibile. Ma è ormai è troppo tempo che non veniamo informati dal nostro Primo Ministro sulla situazione strategica di Israele, perché le sfide che si possono presentare in futuro potrebbero essere assai maggiori e più gravi di quelle che Israele ha dovuto affrontare nei 65 anni della sua esistenza. Una gioiosa festa per tutti i figli di Israele e i loro amici. Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi. |
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