" Distruzione delle armi chimiche siriane, un piano destinato al fallimento "
commento di Federico Steinhaus
Federico Steinhaus Ely Karmon
Con una lucida analisi pubblicata sul quotidiano israeliano Haaretz Ely Karmon, uno dei massimi esperti di questioni strategiche e di terrorismo riferibili al Vicino Oriente, annichilisce le illusioni di quanti confidano nel recente accordo russo-americano sulla distruzione delle armi chimiche della Siria, frettolosamente benedetto dall’ONU.
Innanzi tutto, scrive Karmon, l’arsenale di armi chimiche è da sempre non soltanto essenziale per la Siria in funzione deterrente nei confronti della superiorità militare israeliana, ma costituisce anche la polizza di assicurazione del clan alawita sul quale poggia il potere di Assad contro ogni tentativo (sunnita) di eliminarlo.
Il calendario del piano russo-americano e le condizioni della sua realizzazione sono, a parere di Karmon, “completamente irrealistici”. Le ispezioni degli esperti richiederebbero un cessate il fuoco per poter essere svolte in sicurezza, e la distruzione di un arsenale che è tra i più vasti al mondo, dei precursori, degli equipaggiamenti speciali, delle munizioni per il trasferimento sull’obiettivo, oltre che degli impianti di ricerca e sviluppo delle armi chimiche richiederebbero da tre a cinque anni. Che tutto ciò avvenga entro la prima metà del prossimo anno è dunque del tutto illusorio. Basti pensare che l’incenerimento o la neutralizzazione dei componenti chimici ed il disassemblaggio delle bombe con testate chimiche necessiterebbero di impianti altamente specializzati nelle vicinanze dei siti di stoccaggio, che allo stato delle cose ovviamente non esistono.
Dopo la prima guerra del Golfo contro Saddam Hussein, nel 1991, le Nazioni Unite crearono una commissione speciale incaricata di smantellare l’arsenale chimico e batteriologico dell’Iraq; ma nel 1997, dopo 6 anni di lavoro, questa commissione dovette arrendersi senza aver completato il lavoro, e fu espulsa da Saddam. In Libia una base segreta di stoccaggio del gas mostarda fu scoperta a Jufra nel 2011, ma, malgrado la collaborazione del governo libico ed i finanziamenti americani, tedeschi e canadesi, la commissione internazionale dopo due anni, cioè oggi, non ha ancora completato l’incarico di distruggerlo.
L’elemento conclusivo di questo pessimismo è dato dalla constatazione che la Russia decise di proporre questo piano con il ministro degli Esteri siriano in coordinamento con l’Iran, il cui viceministro degli Esteri delegato agli affari arabi ed africani, Hossein Amir-Abdollahian, presenziò all’incontro moscovita del 9 settembre.