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Il Foglio Rassegna Stampa
18.09.2013 Turchia: la propaganda di Erdogan su Twitter
come se questo potesse cancellare la repressione di Stato

Testata: Il Foglio
Data: 18 settembre 2013
Pagina: 3
Autore: Editoriale del Foglio
Titolo: «Erdogan manda l’esercito su Twitter»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 18/09/2013, a pag. 3, l'editoriale dal titolo "Erdogan manda l’esercito su Twitter".


Recep Erdogan         

"C'è questa nuova minaccia oggi, chiamata Twitter. Ci si trovano dentro le peggiori bugie. Per quel che mi riguarda, i social media sono la peggiore minaccia alla società”. Mentre pronunciava queste parole il primo ministro turco, Recep Tayyip Erdogan, era appena stato travolto dalle proteste di piazza Taksim. Era l’inizio di giugno e internet, che i manifestanti usavano per coordinarsi e per trasmettere al mondo propaganda e denunce, era il nemico. Oggi che tutti ci siamo dimenticati della primavera turca (che è finita, ma al suo posto l’inquietudine sociale è rimasta: la settimana scorsa ci sono stati scontri in varie città, una persona è rimasta uccisa; negli scorsi giorni un cantiere in cui erano in costruzione, vicini, una moschea e un tempio alevita è stato preso d’assalto da manifestanti islamici), Erdogan sembra aver rivalutato Twitter e i suoi compagni. L’Akp, il partito di governo, ha annunciato ieri di aver assoldato 6.000 giovani volontari che portino su Twitter, Facebook e gli altri social l’ideologia e i temi del partito e del suo premier. L’Akp sta radunando il suo esercito sociale ad Ankara, dove organizzerà corsi per insegnare ai giovani volontari a combattere con hashtag, post virali e video. L’idea è quella di costituire sufficiente peso specifico per manipolare il discorso pubblico sulla rete, imporre gli argomenti popolari, dare visibilità alla versione di Erdogan. Già si conosce la disposizione delle truppe: 1.000 volontari a Istanbul, 600 ad Ankara, 400 a Smirne, gli altri sparsi nel resto del paese. La battaglia comunicativa di Erdogan era iniziata già nel pieno degli scontri di giugno, quando i media tradizionali e gli organi politici avevano iniziato a diffondere teorie sul complotto internazionale che avrebbe dato origine alle proteste (potentati finanziari gelosi dell’ascesa della Turchia, ovviamente fomentati dalle lobby ebraiche). Nella “più grande prigione per giornalisti del mondo” (copyright Reporter senza frontiere) le oblique teorie del governo sono riuscite ad attecchire. Non su internet, che fino a oggi è rimasta la più grande sconfitta comunicativa di Erdogan. Il premier cerca di riparare, ma avrà bisogno di altro per ricucire le ferite dei lacrimogeni e dei proiettili di gomma sparati a piazza Taksim.

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