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Libero Rassegna Stampa
17.09.2013 L'apologia del fascismo non è un'opinione
ma Renato Besana scambia il raduno di Cantù per una festa folkloristica

Testata: Libero
Data: 17 settembre 2013
Pagina: 1
Autore: Renato Besana
Titolo: «Panini e dibattiti: la festa 'fascista' censurata da Pisapia»

Riportiamo da LIBERO di oggi, 17/09/2013, a pag. 1-17, l'articolo di Renato Besana dal titolo "Panini e dibattiti: la festa «fascista» censurata da Pisapia".


La locandina del ritrovo nostalgico

Dopo Giannino della Frattina, con il suo articolo pubblicato sul Giornale del 15/09/213 (e ripreso da IC http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=9&sez=120&id=50683), oggi è Renato Besana a tentare un'improponibile difesa del raduno dei nostalgici a Cantù.
Le violenze vanno sempre condannate, comprese quelle del centri sociali. Non è compito loro contrastare i raduni di Forza Nuova, ma dei giudici della Repubblica italiana che devono far rispettare la legge. L'apologia del fascismo è un reato.
Invitiamo i lettori a scrivere al direttore di Libero : lettere@liberoquotidiano.it

Ecco l'articolo:

Parco solare è una stradina che s’inerpica tra le colline alla periferia di Cantù. All’imbocco, sulla provinciale, vigilano poliziotti in tenuta antisommossa e uomini della Digos. Niente da segnalare: per un paio di giorni, venerdì e sabato della scorsa settimana, devono essersi annoiati. Al termine della salita, ecco il cancello dell’impianto sportivo dove si svolge il «Festival Boreal», che riunisce i movimenti nazionalisti europei organizzato da Forza Nuova. All’ingresso, i ragazzi che svolgono il servizio d’acco - glienza consegnano a chi entra un braccialettino di stoffa, sullo stile dei portafortuna venduti ai mercatini. La scatola che li contiene è quasi vuota: in un paio di giorni, raccontano, ne hanno distribuiti quasi settecento. Un filare d’alberi, un largo spiazzo e, più in basso, un prato sul quale si allineano le tende dei partecipanti al raduno che hanno dormito qui. In fondo, l’edificio dove succede tutto: da una parte il bar e i tavoloni per il pranzo e la cena, dall’altra uno spazio che durante la giornata ospita i dibattiti e la sera i concerti dei gruppi di musica alternativa e rock identitario. Anche i dirigenti del movimento, quali Angelo Balletta, Duilio Canu a Marco Mantovani, lavorano insieme agli altri: è lo stile comunitario, ci tengono a sottolineare. L’atmosfera che si respira è da festa di partito. A colpo d’occhio, non si distinguono gli italiani dagli stranieri, che rappresentano una decina di movimenti, dal British national party agli spagnoli di Democracia national, dai francesi di Renouveau agli svedesi di Nordisk Ungdom, fino ai più numerosi, gli ungheresi di Hvim e i polacchi di Ruch Narodowy, la nuova formazione che i sondaggi accreditano al 15 per cento. Sono quasi tutti vestiti allo stesso modo, maglietta e pantaloni scuri, anche per le ragazze. Fa eccezione il segretario di Forza nuova, Roberto Fiore, in camicia azzurra. L’età media non supera i trent’anni. A piccoli gruppi, conversano in inglese. Gyula Zagyva, uno dei quasi cinquanta deputati che il partito Jobbik ha portato nel Parlamento ungherese, sta raccontando di corso Buenos Aires, c’è stato appena sceso dall’aereo, un po’ di shopping non guasta. Si dice stupito degli abusivi che affollano i marciapiedi. A Budapest, commenta, questo non è permesso. Due polacchi, al suo fianco, assentono. Ha appena partecipato a un dibattito sull’immigrazione: la difesa delle identità contro lo ius soli e la politica definita «migrazionista». Sala gremita e attenta. Si è anche parlato, negli altri appuntamenti, di guerra in Siria, di matrimoni gay, ovviamente condannati, di Europa bancocentrica, di sovranità nazionale: sono i temi cari alle destre, non soltanto radicali. Sarebbe dunque questo l’abominio nazi-fascista agitato per settimane dalla sinistra, Pisapia in testa. Sabato, inaugurando un giardino intitolato alla Resistenza, si era scagliato contro il suo omologo di Cantù, Claudio Bizzozero, che di destra certo non è, reo d’aver concesso lo spazio. Un «sindaco piccolo piccolo», l’aveva bollato con sprezzo un assessore milanese, Pier Francesco Majorino. La vicesindaco Lucia De Cesaris era stata più dura: secondo lei, il diritto alla libertà d’espressione qui non si applica, perché quelle dibattute al «Boreal» non sono idee. Un’affermazione che spaventa, densa com’è d’intolleranza ideologica. Mentre a Cantù, per usare le parole di Pisapia, si celebrava istigazione all’odio e alla violenza, i bravi ragazzi dei centri sociali, armati di mazze, avevano democraticamente assaltato una sede di Forza nuova in un quartiere di case popolari, per fortuna vuota. Milano è la città nella quale, a metà febbraio, gli antagonisti avevano ridotto in fin di vita un giovane, colpevole di non essere comunista. La notizia era stata diffusa soltanto un paio di settimane fa, per non destare allarme. I No Tav, dediti al terrorismo, come sostiene anche il giudice Caselli, sono riveriti e coccolati dalla giunta arancione. È dagli anni Settanta che la musica non cambia: i compagni che sbagliano, vedi Br, meritano comprensione. Il pericolo, si sa, è fascista.

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