Cari amici,
il secondo anniversario di cui voglio parlarvi questa settimana, come ho annunciato nella cartolina di ieri, riguarda Israele. Non si tratta della guerra del Kippur, combattuta giusto quarant'anni fa (secondo il calendario ebraico), dove Israele se la vide molto brutta per un eccesso di fiducia da parte dei propri governanti e fu salvato dall'eroismo dell'esercito e dall'audacia di alcuni comandanti, fra cui il giovane Ariel Sharon.
Ariel Sharon, guerra del Kippur
Basti dire che fu l'ultima aggressione frontale degli eserciti arabi contro lo Stato di Israele, puntualmente appoggiata dalla Russia sovietica e dalla solita servile sinistra italiana. Dopo d'allora gli Stati arabi si convinsero che non potevano farcela loro con le armi a raggiungere l'obiettivo che si erano proposti dal '48 - la distruzione dello Stato di Israele e il genocidio degli ebrei - ma non è affatto detto che in futuro non dimentichino le lezioni e non ci riprovino. Di fatto, però, da allora cedettero il compito al terrorismo: invece di mandare i carri armati finanziarono e appoggiarono Arafat e i suoi terroristi. Cambiò anche la strategia di comunicazione: non più il grande mondo arabo contro il piccolo Israele, da mangiarsi in un boccone solo, ma le povere vittime palestinesi oppresse dai cattivi colonialisti israeliani. Inutile dire che molti europei e americani, compresi molti ebrei anche oggi, abboccarono e si sentirono autorizzati da quella propaganda a esprimere il loro latente antisemitismo o il loro altrettanto sotterraneo odio di sé nel prendere la posizione di giustizieri pronti a difendere i pacifici terroristi aggrediti dal sionismo imperialista. Anche perché poco dopo gli israeliani divennero nemici del socialismo avendo pensato bene di mandare a casa i laburisti, divenuti terribilmente inetti nella difesa del Paese, burocrati nel governo e pessimi governanti nell'economia, incapaci di far emergere le energie vive del paese che esplosero appena furono eliminati i vincoli peggiori del dirigismo laburista.
Yasser Arafat
Non voglio parlarvi di questo, ma di un momento più recente e anche più pericoloso, l'errore più grave dei governi israeliani, di nuovo ad opera di un governo laburista (ritornato al governo per qualche anno), la maggior causa di pericolo per Israele. Sto parlando degli accordi di Oslo, che furono stretti giusto vent'anni fa. Che gli accordi fossero sbagliati lo vide ben presto la maggioranza degli ebrei israeliani. L'approvazione della seconda tranche del trattato fu votata alla Knesset (il parlamento monocamerale israeliano) con la minima maggioranza di 61 voti su 120 seggi, dunque con il voto determinante dei partiti arabi (votati già allora alla distruzione del l' ”occupazione” ebraica) e anche di un transfuga degli oppositori, che fu convinto con un posto al governo. "Perché, come disse l'allora presidente Ezer Weizmann (che ha sostenuto Oslo): 'Quell'accordo non è un accordo. E' passato alla Knesset con la maggioranza di un voto, il che non sarebbe successo se non fosse per un deputato e la sua Mitsubishi." (Riferimento al voto di Alex Goldfarb, ex membro del Partito Tzomet, che in quel momento sostenne il partito laburista per mantenere la sua posizione di vice ministro e la sua auto blu.)" (
http://israelmatzav.blogspot.it/2006/10/historical-context-for-last-nights.html ).
Il risultato immediato degli accordi fu un'intensificazione, non la cessazione del terrorismo, per esempio col terribile attentato al bus numero 5 a Tel Aviv. Come ha dichiarato un ministro dell'Anp nel 2006 "
Gli accordi di Oslo non erano il sogno del popolo palestinese. Tuttavia, non ci sarebbe mai stata la resistenza in Palestina senza Oslo. Oslo è l'efficace e potente tenda di protesione che ha abbracciato la resistenza palestinese. Senza Oslo, non ci sarebbe mai stata resistenza. In tutti i territori occupati, non avremmo potuto spostare una singola pistola da luogo a luogo. Senza Oslo, senza essere armati per mezzo Oslo, e senza zone "A" governate dall'Autorità palestinese, senza l'addestramento, i campi, la protezione offerta dal Oslo, e senza la liberazione di migliaia di prigionieri palestinesi per mezzo di Oslo - questa resistenza palestinese non ci saremmo stati e non saremmo stati in grado di creare la grande Intifada palestinese." (il video di queste dichiarazioni e altre simili si trova qui:
http://myemail.constantcontact.com/PA-minister--PA-agreements-modeled-after-Muhammad-s-Hudaybiyyah-Peace-Treaty.html?soid=1101929139886&aid=sPjNHTLRCBQ ) E' un'ammissione che pesa come una pietra su tutti i pacifisti israeliani che hanno voluto quegli accordi: tutti loro, quelli che ancora hanno un peso, come Peres, quelli scomparsi come Rabin, quelli che non hanno più alcun peso politico in Israele e continuano però a pontificare sui giornali internazionali, quelli che li appoggiano come J Call e J Street, tutti loro sono corresponsabili della morte di migliaia di civili uccisi dal terrorismo e per lo più fanno il possibile per rinnovare la festa.
Itzhak Rabin
L'assassinio di Rabin, che pur fra gravi dubbi si era preso la responsabilità dell'operato del gruppo di estrema sinistra che aveva messo a capo della politica estera israeliana, ha cancellato per un certo periodo il dibattito su questa politica.
Al di là dei dettagli macchinosi, dell'ambiguità, dell'insensata idea che "i dividendi della pace", cioè il benessere che ne sarebbe seguito avrebbe convinto i palestinesi a cessare la loro guerra di sterminio, l'errore fondamentale di quegli accordi sta nell'aver riconosciuto, un gruppo di terroristi che aveva provocato stragi in mezzo mondo, come "legittimi rappresentanti del popolo palestinese" e di averli insediati, senza elezioni, al governo di un territorio che in quel momento non aveva confini sorvegliati con Israele. E' un gruppo allevato nell'antisemitismo, che ha un'odio patologico per gli ebrei e per Israele, in parte frutto di un indottrinamento diretto da parte dei nazisti prima e dopo la Seconda guerra mondiale (
http://vimeo.com/69991225 ), che continuano a trasmettere ai loro sudditi. Averli legittimati e messi a capo di un territorio che è centrale nella storia di Israele ed è fondamentale per la sua sicurezza è stato un errore gravissimo, che supera qualunque vantaggio sia derivato dagli accordi (
http://www.jpost.com/Opinion/Columnists/Israel-Twenty-years-after-Oslo-325889 ). Anche perché l'Anp è andata ben al di là di tutti i limiti stabiliti a suo tempo dagli accordi (
http://www.jpost.com/Opinion/Op-Ed-Contributors/Oslo-and-Israels-red-lines-325883 ) e la comunità internazionali li ha volontariamente fraintesi come una cessione di tutta la Giudea e Samaria all'Anp che ora la prertende contro la lettera degli accordi.
Abu Mazen
Uno degli aspetti più gravi di tutta la vicenda è che in realtà l'organizzazione politica palestinese è costituita da un sistema di scatole cinesi, che sembrano fatte apposta per negare le responsabilità. Non solo non si tengono da anni le elezioni previste da Oslo e il presidente dell'Anp è scaduto dal 2009 (come se noi avessimo ancora Ciampi presidente) e il parlamento (che non si riunisce mai dopo il doppio colpo di stato del 2007, quello di Fatah, che ha espulso la maggioranza dal governo e quello di Hamas che si è impadronito con la forza di Gaza) è scaduto dal 2010. Ma soprattutto l'Anp (Autorità nazionale palestinese) è solo l'espressione dell'Olp (Organizzazione per la liberazione della Palestina), che a sua volta è un ombrello per vari “partiti armati” come Fatah, Hamas, Fronte Popolare ecc. Ora gli accordi di Oslo in teoria vincolano l'Anp che ne è stata costituita, ma non sono mai stati ratificati dall'Olp che non se ne ritiene vincolata (
http://frontpagemag.com/2013/dbedein/demand-the-plo-ratify-the-oslo-accords/ ), nè tantomeno dalle fazioni che nei loro statuti ancora dichiarano che la lotta armata, cioè il terrorismo, è lo strumento e la “liberazione” di “tutta la Palestina” cioè la conquista di tutto lo Stato di Israele e l'espulsione o il genocidio degli ebrei è il loro obiettivo.
Insomma Oslo non solo è pericoloso e sbagliato, ma vincola in sostanza solo Israele, che è uno stato vero, perché gli arabi hanno badato bene a tenersi le mani libere per quando arriveranno le circostanze sperate da Arafat per romperlo. Purtroppo le circostanze di vent'anni fa oggi rischiano di ripetersi, con un'amministrazione americana che preme per “concessioni” all'Anp che sperabilmente (dal suo punto di vista) si potrebbero concludere in un nuovo accordo del genere. Saggiamente il governo Netanyahu non si oppone frontalmente al boicoittaggio di Obama e degli europei, che è forte e pericoloso, ma cerca di discutere e di ottenere garanzie. Ma bisogna imparare dalla storia e sapere che il pericolo è quello di peggiorare ancora quegli accordi, dando ai nemici di Israele uno stato come piattaforma per “arrivare a Gerrusalemme”.
Ugo Volli