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Il Foglio Rassegna Stampa
13.09.2013 La connivenza di Amnesty Internatioanl con il terrorismo
L'accusa di Karima Bennoune

Testata: Il Foglio
Data: 13 settembre 2013
Pagina: 1
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «'Ex colleghi di Amnesty, siete ciechi sul terrorismo'»

Sul FOGLIO di oggi, 13/09/2013, a pag.1, con il titolo "Ex colleghi di Amnesty, siete ciechi sul terrorismo", Giulio Meotti racconta la battaglia di Karima Bennoune, la scrittrice algerina che rimprovera Amnesty International di connivenza con il terrorismo.

Moazzam Begg                                      Karima Bennoune

Roma. Nei suoi oltre cinquant’anni di attività, Amnesty International ha raccolto tante lodi e riconoscimenti, oltre a un premio Nobel per la Pace (1977). Eppure Amnesty, che pretende di essere la “coscienza del mondo” e dice di battersi per il rispetto della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, non è certo al di sopra di ogni sospetto. Adesso un micidiale attacco all’organizzazione viene da un suo ex dirigente di spicco, l’algerina Karima Bennoune, che ha scritto un libro dal titolo “Your fatwa does not apply here”. Il libro di Bennoune è prima di tutto un grande omaggio a quei musulmani in lotta con l’islam politico, il fondamentalismo che distrugge umanità e cultura. Ma è soprattutto un grande atto d’accusa contro la madrina dei diritti umani. Il suo pamphlet, infatti, Bennoune ha voluto scriverlo sulla scia del caso Moazzam Begg. Ex detenuto della prigione di massima sicurezza per terroristi islamici di Guantanamo, Begg non era soltanto legato alla pratica e all’ideologia dei talebani. Era soprattutto il volto della campagna, fatta propria da Amnesty – titolo emblematico: “Prigionieri in gabbia” – per il rilascio dei detenuti di Guantanamo. Moazzam Begg. Il suo arruolamento non è stata una svista. I capi di Amnesty sapevano delle simpatie terroristiche dell’ex detenuto del supercarcere di Cuba che la Casa Bianca vorrebbe chiudere. Ma gli alfieri dell’umanitarismo l’hanno comunque portato in visita dal primo ministro inglese. A Downing Street, Begg era accompagnato da Kate Allen, responsabile della sezione inglese di Amnesty e storica fidanzata di Ken Livingstone, l’ex sindaco rosso di Londra. L’imbarazzante faccenda esplode quando Gita Sahgal, dirigente internazionale di Amnesty, fa trapelare sul Sunday Times il suo sfogo rimasto senza risposta da parte dei vertici dell’organizzazione. “La campagna costituisce una minaccia agli stessi diritti umani – scrive Sahgal in un messaggio di posta elettronica ai suoi capi – Apparire assieme al più famoso sostenitore britannico dei talebani, trattandolo come un difensore dei diritti umani, è un grosso errore”. Sarà la donna, non il talebano, a essere cacciata dall’organizzazione. “Il mio ex datore di lavoro Amnesty International, che ha fatto così tanto bene ai diritti umani, ha sospeso e cacciato la direttrice della sua unità di genere, Gita Sahgal, dopo che questa aveva criticato l’organizzazione per essersi messa con un simpatizzante jihadista e detenuto di Guantanamo, un musulmano di nome Moazzam Begg, e la sua organizzazione pro jihad Cageprisoners”, scrive ora l’algerina Bennoune. “Sebbene Begg abbia chiaramente sofferto durante la detenzione americana, e meritava una difesa mentre era detenuto senza processo, aveva egli stesso un brutto record di sostegno ai talebani, gestiva una libreria estremista nel Regno Unito e aveva compiuto numerose visite ai campi jihadisti. Tuttavia fu lodato in quanto difensore dei diritti umani, chiamato a giudicare una competizione poetica per bambini, mostrato sul sito web di Amnesty mentre leggeva poesie sui ‘tiranni’; e gli è stata ripetutamente fornita una piattaforma dall’organizzazione”. “In memoria di mio cugino” Bennoune è figlia di un noto intellettuale algerino minacciato di morte dagli islamisti durante la guerra civile negli anni Novanta. “Durante i miei anni ad Amnesty International condivisi le sue preoccupazioni sulla tortura e per le sparizioni in Algeria”, si legge nel libro. “Ma non potevo comprendere la risposta dell’organizzazione alla violenza dei gruppi fondamentalisti. Amnesty era cieca a quello che i fondamentalisti facevano ai diritti umani. Amnesty descrisse l’atmosfera in Algeria come una ‘confusione su chi commette i crimini’. Questo ha terribilmente sminuito i tentativi delle vittime di veder riconosciuta la propria storia e di giudicare i colpevoli. E’ chiaro che i fondamentalisti in Algeria furono colpevoli”. Nella primavera 2010, Bennoune ha servito in una task force di Amnesty America: “Raccomandammo l’organizzazione di commemorare l’anniversario dell’11 settembre. Il board di Amnesty rifiutò la proposta, perché un evento simile avrebbe contribuito a discriminare i musulmani. Allora pensai a mio cugino Ahcene, un soldato contadino e illetterato, ucciso nel 1994 dai terroristi di fronte ai figli”.

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