Sul CORRIERE della SERA di oggi, 07/09/2013, a pag.5, con il titolo "Gli auguri agli ebrei e il nuovo corso iraniano" Viviana Mazza commenta l'inizio dell'era Rouhani. Il titolo è ottimista, opera forse di qualche manina infarinata nella redazione esteri, e non rispecchia il contenuto decisamente critico della giornalista nei confronti del pericolo iraniano. Difronte al rozzo Ahmadinejad, Rouhani è solo più furbo.
Ecco l'articolo:

Il rozzo e il furbo, quale dei due è il più pericoloso ?
"Mentre il sole sta per tramontare, qui a Teheran, auguro a tutti gli ebrei, e specialmente agli ebrei iraniani, un felice Rosh Hashanah".
Gli auguri inviati via Twitter in occasione del Nuovo anno ebraico, dall’account del presidente iraniano Hassan Rouhani, sono un esempio perfetto dei segnali di un nuovo corso che continuano ad arrivare dal governo di Teheran e delle ambivalenze che li accompagnano. Il messaggio ha suscitato reazioni di apprezzamento (benché non siano mancate quelle scettiche) perché, anziché negare l’Olocausto come il suo predecessore Ahmadinejad, Rouhani ha fatto appello a ciò che unisce gli ebrei dall’Iran a Israele. Poco dopo, però l’agenzia iraniana Fars, vicina ai Guardiani della rivoluzione, ha smentito che Rouhani abbia un account Twitter (anche se molti ritengono che sia autentico): un esempio di come un semplice tweet possa scatenare uno scontro di potere nella repubblica islamica. Il nuovo governo iraniano è impegnato a proiettare un’immagine diversa dell’Iran, e lancia segnali di apertura anche su questioni come il nucleare e la Siria. Ma perché ai toni conciliatori corrispondano davvero cambiamenti di sostanza, è necessario che lo vogliano la Guida suprema Ali Khamenei e i Guardiani della rivoluzione. Il ministro degli Esteri Javad Zarif si è unito al presidente nel twittare «Felice Rosh Hashanah» l’altro ieri, nello stesso giorno in cui è stato annunciato che guiderà lui i colloqui sul nucleare, una novità, perché a gestire le trattative, da anni senza progressi, sono stati ultraconservatori del Consiglio di sicurezza nazionale, sotto l’ala di Khamenei. Ma gli scettici notano che l’ultima parola resta sempre alla Guida suprema. Sulla Siria, poi, mentre incombe la minaccia dei raid Usa, il presidente iraniano e il ministro Zarif hanno evitato toni di scontro: in un’intervista a un settimanale iraniano, domenica scorsa, Zarif ha parlato di «gravi errori del governo di Damasco che hanno sfortunatamente aperto la strada a chi vuole abusare della situazione del Paese»; e mercoledì Rouhani, pur confermando che la stabilità e la sicurezza della Siria restano prioritarie per l’Iran, non ha parlato di appoggio militare ad Assad in caso di attacco, ma ha promesso l’invio di «cibo e medicine». C’è chi vi legge un’espressione delle divergenze in Iran sull’appoggio alla Siria (e i suoi costi), divergenze che Zarif ha fatto emergere lasciando che gli iraniani dibattessero sul suo account Facebook (alcuni hanno chiesto apertamente: «Cosa ci guadagniamo?»). Ma non significa che l’Iran sia pronto ad abbandonare l’alleato, se è vero come rivela il Wall Street Journal che il leader delle forze d’élite Quds dei Guardiani della rivoluzione Qassem Sulaimani avrebbe chiesto ad alleati sciiti di colpire l’ambasciata Usa di Bagdad in caso di intervento americano in Siria. Sulaimani (che non è su Twitter) ha detto apertamente che l’Iran difenderà la Siria «fino alla fine». In attesa della sostanza, i più critici osservano che il nuovo corso iraniano può anche essere una spada a doppio taglio per l’Occidente e per Israele: un Iran più facile da coinvolgere e più difficile da isolare.
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