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La Stampa Rassegna Stampa
06.09.2013 Un titolo sbaliato: i cristiani in fuga dal Medio Oriente
Ma non da Israele. Una omissione grave

Testata: La Stampa
Data: 06 settembre 2013
Pagina: 3
Autore: Claudio Gallo
Titolo: «I timori della Chiesa, la fuga dei cristiani dal Medio Oriente»

Un titolo sbagliato, anche se riflette quanto contenuto nell'articolo di Claudio Gallo, corrispondente della STAMPA da Londra,oggi, 06/09/2013, a pag. 3
E' vero che i cristiani fuggono dal Medio Oriente, ma se non si scrive " tranne che da Israele", il lettore può pensare che abbandonino anche lo Stato ebraico, mentre è vero il contrario. Da Israele non fugge nessuno, meno che mai i cristiani, e, aggiungiamo, neppure i musulmani. Israele è l'unico paese mediorientale dove i diritti delle minoranze vengono non solo rispettati ma garantiti. Di più - altra notizia che viene sempre sottaciuta, una vera e propria 'menzogna omissiva'- non se ne vanno neppure i cittadini arabo musulmani israeliani, i quali gioiscono all'idea di uno Stato palestinese, ma poi dichiarano in coro pressochè unanime, che non lascieranno mai la cittadinanza israeliana. Se fossero vere le accuse a Israele, sarebbe un fuggi fuggi nel futuro stato palestinese, invece è tutto un 'rimango rimango' !
Questa omissione di una parte della realtà mediorientale è molto grave, chiediamo ai nostri lettori di scrivere la direttore della STAMPA Mario Calabresi per chiedergli se ritene di avere informato correttamente i propri lettori.
direttore@lastampa.it

Ecco l'articolo:

Mentre la nostra vita procede distratta verso l’insignificanza, (copyright Cornelius Castoriadis) intere parti del mondo s’inabissano per sempre. Alla fine degli Anni Novanta lo scrittore britannico William Darlymple, nel suo miglior libro «Dalla montagna sacra», lanciò un potente grido di allarme: i cristiani stanno scomparendo dalla culla del cristianesimo. Adesso, sedici anni dopo, quel quadro desolato è notevolmente peggiorato: ci sono stati l’esodo dall’Iraq, la marea di Al Qaeda nell’Africa occidentale, gli esiti disastrosi delle pseudoprimavere arabe che, partite con le bandiere democratiche, sono spesso finite con quelle verdi o nere degli estremisti musulmani.

Persino un personaggio poco amante dei movimenti sociali come re Abdallah di Giordania dice adesso che bisogna salvaguardare la specie in estinzione dei cristiani,

«perché hanno sempre esercitato un ruolo chiave nelle società arabe». Se si alza il cofano dell’ormai defunto nazionalismo arabo, si scopre che a far girare il motore erano i cristiani. L’idea di una società laica che si diffuse per il Medio Oriente come una buona novella veniva inevitabilmente da loro. Ma da subito si accorsero di non poter fare affidamento sul cosiddetto occidente. «I cristiani dell’Ovest non hanno mai fatto nulla per noi», dice nel libro di Dalrymple il figlio di un vecchio prete di Tur Abdin, monastero in Turchia dove si parla il Siriaco (Turoyo o Suroyo, aramaico moderno), uno dei pochi posti al mondo dove se Gesù ritornasse sarebbe capito.

Quando gli occidentali ci hanno provato, come in Libano, hanno fatto soltanto disastri. Il tentativo francese di costruire un’enclave solo cristiana fu arrogante e miope, perché non tenne conto che le popolazioni mediorientali erano cementate da secoli di vita comunitaria e non si potevano separare artificialmente. La stessa logica, in fondo, che muove oggi salafiti e jihadisti alla ricerca di improbabili califfati, creati sulle macerie di sanguinarie pulizie etniche.

Così, lo ha fatto notare tra i tanti Robert Fisk, oggi l’occidente è oggettivamente al fianco dei jihadisti contro il regime di Assad. I cristiani, ora il 10 per cento della popolazione siriana, non si facevano illusioni sul regime e non sottovalutavano la brutalità poliziesca del Mukhabarat, l’occhiuto servizio segreto. Godevano però di una libertà religiosa unica in tutto il Medio Oriente. Alcune liturgie quasi estinte sopravvivevano in Siria, come quella degli ortodossi di Edessa nella chiesa di San Giorgio ad Aleppo, dove si conservano i canti più antichi della cristianità, precedenti al Gregoriano. Ma non ci sono solo i cristiani: rischiano di essere decimati anche gli alawiti, i correligionari degli Assad, un decimo della popolazione. Una setta con radici cristiane e gnostiche (festeggiano il Natale) arruolata nell’Islam sciita per convenienza politica.

Già nel 1997 Dalrymple registrava la paura del montante fondamentalismo islamico con i cristiani che prendevano due passaporti per scappare più facilmente, almeno i più ricchi. Si rendevano conto infatti che se il regime fosse crollato, loro «avrebbero subito un terribile contraccolpo».

Oggi lì siamo arrivati: il vescovo di Aleppo continua a chiedere agli americani di evitare il blitz e di cercare la diplomazia «per scongiurare una guerra mondiale». Mentre il gesuita Antoine Audo parla, le chiese cristiane sono bombardate dall’esercito e distrutte dai qaedisti di Jhabat al Nusra o da quelli dello «Stato isalmico in Iraq e nel Levante». L’opinione del vescovo, e adesso del Papa, coincide con quelle del nuovo rapporto dell’International Crisis Group di Bruxelles: un colpo calibrato che non ribalti la situazione ma faccia ripartire la diplomazia è una prospettiva «attraente in teoria, ma in realtà quasi certamente impraticabile».

Non tutti in America, specialmente tra i conservatori, sono convinti che il presidente Obama faccia bene a intervenire. Il senatore conservatore vicino ai Tea Party Rand Paul (figlio di Ron) ha notato polemicamente l’altro giorno che Assad «ha protetto per molti anni le chiese», e che «far vincere i ribelli islamici è una cattiva idea per i cristiani. Si finirà per creare un nuovo stato islamista dove saranno perseguitati».

Per scrivere al direttore della Stampa, cliccare sulla e-mail sottostante

 


direttore@lastampa.it

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