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Il Foglio Rassegna Stampa
06.09.2013 Egitto: Bomba di al Qaeda al Cairo
Nel mirino il ministro dell'interno

Testata: Il Foglio
Data: 06 settembre 2013
Pagina: 4
Autore: La Redazione del Foglio
Titolo: «Jihad al Cairo. Prima bomba di al Qaeda contro il ministro dell'interno»

Sul FOGLIO di oggi, 06/09/2013, a pag.4, con il titolo "Jihad al Cairo. Prima bomba di al Qaeda contro il ministro dell'interno", la cronaca dell'attentato di al Qaeda al Cairo.

Roma. Il ministro dell’Interno egiziano Mohammed Ibrahim sale sulla sua auto blindata, parcheggiata sotto casa. Il convoglio dei veicoli di scorta si mette in moto, inizia a muoversi quando una bomba esplode vicino alla macchina del ministro. Ibrahim si salva, protetto dal veicolo blindato. Il governo gliel’aveva fornito appena la settimana scorsa. L’attentato è avvenuto ieri nel quartiere di Nasr City, al Cairo. Durante tutto il pomeriggio ci sono state speculazioni sulla natura dell’attacco, le uniche cose certe erano il numero dei feriti (22, molti dei quali gravi) e che il ministro si era salvato. Solo in serata un comunicato del governo ha fatto chiarezza: attentato suicida, autobomba. Non sono arrivate rivendicazioni dell’attacco ma l’uso di attentatori suicidi è già una firma, quella del jihad e di al Qaida. Sarebbe la prima azione di un gruppo terroristico contro le istituzioni egiziane dopo la rivoluzione del 2011. “Quello che è successo oggi non è la fine ma è l’inizio”, ha detto il ministro, che pochi giorni fa era stato avvisato di un complotto estremista per ucciderlo, anche con la complicità di elementi stranieri. Ibrahim si riferisce all’ovvia degenerazione del confronto tra governo appoggiato dai militari e islamisti. La rimozione forzata del presidente espressione dei Fratelli musulmani il 3 luglio (ora Morsi è agli arresti in un luogo segreto e da due mesi non appare in pubblico, questa settimana è stato accusato di incitamento all’omicidio ma la data del processo è ancora ignota), i massacri ai sit-in di protesta dei Fratelli musulmani, gli arresti dei leader, la chiusura delle televisioni vicine agli islamisti (compresa al Jazeera Egitto) e le proposte di legge per rendere la Fratellanza musulmana fuorilegge o almeno per escluderla dalla politica hanno dato un impulso decisivo alle frange estremiste. Dopo la rivoluzione del 2011 in molti avevano sperato che al Qaida e i suoi emuli sarebbero stati soppiantati dall’islam dei Fratelli musulmani, disposto, seppure con reticenza, a sottoporsi alle procedure della democrazia. L’esperimento dei Fratelli si è chiuso nel sangue due mesi fa, ora al Qaida torna a farsi avanti. Se la partecipazione politica non serve a nulla, se l’esercito usa la violenza indiscriminata per reprimere le manifestazioni, allora – sono le considerazioni che circolano sui forum dell’estremismo – è tornato il tempo del jihad, come negli anni Ottanta e Novanta. Venerdì scorso è comparso su Internet un appello di Abu Muhammad al Adnani al Shami, portavoce dello Stato islamico in Iraq e Siria – il nome di una delle infinite declinazioni di al Qaida –, in cui si annunciava che l’Egitto sarebbe diventato bersaglio dell’organizzazione terroristica: “Vi incoraggiamo a combattere per la causa di Allah”. Un messaggio simile era apparso sui network siriani nel dicembre 2011, quando al Qaida (questa volta nella sua incarnazione di al Nusra) aveva inaugurato il jihad contro il regime di Assad – e a due anni di distanza sappiamo quanto le milizie estremiste abbiano infestato le fazioni e i territori dei ribelli. Ieri il conflitto tra esercito egiziano e islamisti è arrivato a toccare uno dei simboli del paese. Su Internet è stato pubblicato un video della brigata al Furqan (la sezione di al Qaida che si occupa della comunicazione) che mostra due uomini sparare con un lanciarazzi contro una nave portacontainer nel canale di Suez. L’attacco non ha danneggiato gravemente la nave né ha disturbato il transito nel canale, ma è la dimostrazione che gli islamisti hanno la possibilità di colpire uno dei gangli della disgraziata economia egiziana. Se il canale di Suez fosse bloccato o reso tanto pericoloso da costringere le navi a cambiare rotta, per l’Egitto sarebbe il disastro – economico e morale. Secondo il Long War Journal, confermato da Ap, a coordinare le operazioni di al Qaida in Sinai, dove da due mesi si susseguono gli attentati, sarebbe Ramzi Mowafi, ex medico di Osama bin Laden. Mowafi è fuggito dalla prigione dove il regime di Mubarak lo teneva rinchiuso nel 2011, durante una grandiosa evasione al culmine della rivoluzione. Durante quell’evasione fuggì dal carcere anche Mohammed Morsi-

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