Siria: la metamorfosi politica di Emma Bonino commento di Claudio Cerasa
Testata: Il Foglio Data: 05 settembre 2013 Pagina: 1 Autore: Claudio Cerasa Titolo: «Cara Bonino, un vero Radicale non si nasconde dietro l’Onu»
Riportiamo oggi, 05/09/2013, dal FOGLIO, in prima pagina, l'articolo di Claudio Cerasa dal titolo " Cara Bonino, un vero Radicale non si nasconde dietro l’Onu".
In quanto ai digiuni privi di obiettivo concreto (ci rifiutiamo di credere che digiunare aiuti la pace nel mondo) non possiamo non ricordare il consiglio che Gandhi (da tutti riconosciuto maestro di civiltà) diede agli ebrei mentre venivano sterminati da Hitler : "La risposta non violenta è il suicidio di massa". Capito ?
Emma Bonino
Claudio Cerasa
Roma. “Cara Emma Bonino, scusami tanto ma da radicale oggi non posso non dirti che la posizione del governo sulla questione siriana non è solo timida e non è solo sbagliata ma è ipocrita, utopistica, anti umanitaristica e, molto semplicemente, anti radicale”. Il Radicale che in questa chiacchierata con il Foglio accusa il ministro degli Esteri Emma Bonino di aver tradito i principi radicali (a) per essersi schierata in Siria su un fronte alternativo rispetto a quello “interventista e umanitario” promosso dall’America di Barack Obama e dalla Francia di François Hollande e (b) per aver subordinato l’azione militare a Damasco a una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu si chiama Matteo Mecacci, dal 2001 al 2008 è stato responsabile per il Partito Radicale Transnazionale all’Onu, dal 2008 al 2013 è stato membro della commissione Affari esteri della Camera, fino allo scorso anno è stato presidente della commissione diritti umani all’Assemblea dell’Osce e oggi dice che la scelta del “non fare nulla, del digiunare e del fare gli interventisti con le bombe degli altri sia una scelta semplicemente incomprensibile per un politico come Bonino che da sempre sostiene di essere un paladino della libertà, della democrazia e della difesa dei diritti umani”. “Di fronte all’accertamento dell’uso di armi chimiche in un paese all’interno del quale negli ultimi due anni sono state uccise 110 mila persone e dove quasi due milioni di persone si sono ritrovate nello status di profughi di guerra, dire, come ha detto il ministro, che la risposta giusta che l’Italia deve dare coincide con le parole ‘diplomazia’ e ‘tavolo di pace’ è dire una cosa che sinceramente non ha alcun senso. Mi spiego. Da un lato c’è la questione del ruolo dell’Onu, dall’altro c’è una questione di realismo politico. Sul primo punto, la mia impressione è che quella dell’Italia sia una linea ipocrita perché è una linea ideologica che tiene conto solo degli interessi economici del nostro paese e non del rispetto universale dei diritti dell’uomo, oltre che del fatto, banale, che l’uso delle armi chimiche è stato bandito vent’anni fa dalla Convenzione di Parigi. Anche i bambini, poi, sanno che utilizzare la parola ‘Onu’ di fronte a massacri come quelli siriani significa mettere la testa sotto la sabbia, significa far finta di non ricordare che le guerre giuste si fanno a prescindere dall’Onu, significa non ricordare che se avessero dovuto aspettare la Società delle Nazioni gli inglesi e gli americani non avrebbero avuto il permesso di difendere l’Europa dal nazismo e significa, in buona sostanza, avvicinarsi in modo pericoloso a quel pacifismo ideologico che noi Radicali abbiamo sempre combattuto”. “Come la Bosnia, non come il Kosovo” Sul secondo punto, sulla necessità di promuovere una Conferenza di Pace che porti alla liquidazione della dittatura attraverso la formazione di un nuovo governo (soluzione suggerita ieri sull’Unità dall’ex ministro degli Esteri Massimo D’Alema), Mecacci riconosce che sia un errore fare parallelismi tra la Siria del 2013 e il Kosovo del 1998 e sostiene che il termine di paragone per capire lo scenario siriano sia la Bosnia del 1992. “Scusate, ci siamo forse tutti dimenticati di Sebrenica? Siamo tutti diventati smemorati? Io invece credo sia giusto ricordare che l’assedio di Sarajevo è durato quasi quattro anni e che un bombardamento di trenta giorni della Nato sulle postazioni serbo-bosniache che martoriavano la città ci fu solo dopo la strage del 28 agosto ’95. Solo così furono salvati molti civili e solo così fu poi possibile costringere Milosevic a firmare il parziale accordo di Pace di Dayton. Senza avere indebolito l’esercito di Milosevic, quella pace, per quanto precaria, non sarebbe stata possibile. E oggi – sostiene Mecacci – lo stesso ragionamento vale per Assad: senza cambiare la situazione facendo perno sulla forza militare, senza andare a colpire i suoi arsenali e insomma senza attaccare Assad è assurdo pensare che per grazia divina si possa venire a costituire un tavolo di pace. Il nostro paese oggi si ritrova su una posizione idealistico- utopistica in cui spera che sia qualcun altro a risolvere problemi che ci riguardano. Nel mio piccolo, da militante radicale che ha preso la sua prima tessera nel 1992 e che per una vita è stato educato a considerare la promozione dei diritti umani un valore non negoziabile, dico questo: dico che Bonino sbaglia e dico che nel 2013, cara Emma, non si può consentire che il diritto internazionale sia un alibi dietro cui nascondere criminali di guerra”.
Per inviare la propria opinione al Foglio, cliccare sulla e-mail sottostante