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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
03.09.2013 Siria: perché l'Occidente deve intervenire contro Assad
l'editoriale di Aldo Cazzullo

Testata: Corriere della Sera
Data: 03 settembre 2013
Pagina: 1
Autore: Aldo Cazzullo
Titolo: «Un dibattito non inutile»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 03/09/2013, in prima pagina, l'editoriale di Aldo Cazzullo dal titolo " Un dibattito non inutile ".

Assad : " Armi chimiche ? Che armi chimiche ?"


Aldo Cazzullo

Quando dal pareggio elettorale del 2005 nacque in Germania la Grande Coalizione, Cdu e Spd trattarono per settimane sino a definire un programma concordato. I partiti che in Italia hanno costituito il governo delle larghe intese non sono d'accordo su nulla, tranne una cosa. Paradossalmente, è la stessa, unica cosa che riunifica le correnti del Pd, divise su tutto il resto. L'oggetto di questo grande embrassons-nous è il disinteresse per la Siria. Un coro senza stonature: per carità, meglio il dialogo, noi non c'entriamo, se la vedano loro.
Per giorni tra destra e sinistra è stato tutto un compiacersi per la nostra estraneità, il nostro pacifismo, il nostro buonsenso che ci tiene fuori dai guai. Mario Mauro: «Senza l'Onu non ci muoviamo». Emma Bonino (irriconoscibile): «La partecipazione italiana non è scontata neanche con l'ok dell'Onu». La Bernini (Pdl): «Il ministro Bonino ha perfettamente ragione». Calderoli: «Ci è bastato il Kosovo». Gozi (Pd): «Non è il Kosovo, no all'intervento». Epifani: «Dietro la mossa di Usa, Francia e Gran Bretagna c'è solo una volontà di ritorsione». D'Alema: «Un attacco non risolverà niente». Il blog di Grillo: «Ridicolo Obama Nobel per la pace! Questo nero ben felice di servire l'uomo bianco». Rodotà, Landini e Cecilia Strada: «Le armi non serviranno certo a pacificare la Siria».
Questa non è la reazione di un grande Paese, che ha nel Mediterraneo i suoi interessi vitali, il suo futuro, e pure i suoi militari. Né si devono strumentalizzare le parole del Papa: è giusto auspicare la pace; ma la guerra in Siria non l'ha portata Obama, c'è già, semmai la si deve fermare. Il problema è come. Contro l'intervento ci sono molte buone ragioni, espresse sul Corriere da Angelo Panebianco e Sergio Romano: non ultima appunto la presenza in Libano di oltre mille nostri soldati, che rischiano di trovarsi tra due fuochi. L'Italia ha già dato molto alla comunità internazionale: non si tratta di esporre altri uomini, e di spendere altro denaro pubblico. Ma proprio perché l'impegno delle forze armate e dei contribuenti ci ha restituito una dignità e un ruolo, una questione tanto cruciale non può essere liquidata con una scrollata di spalle.
Le orrende immagini dei civili massacrati dal loro stesso governo sono il punto di non ritorno per un regime tra i più abietti della terra. Gli Assad hanno mantenuto il potere in questi anni con l'appoggio iraniano e russo e grazie a torture e fosse comuni. Nei loro arsenali ci sono tonnellate di iprite, sarin e altri gas letali. La storia insegna che in questi casi far finta di nulla non è una soluzione; e purtroppo talora non lo è neppure l'Onu, dove siedono anche i protettori del regime. È possibile in effetti che l'Italia sia più utile in un ruolo politico che militare. Ma non possiamo sottrarci almeno alla discussione. La questione riguarda tutti, e in particolare il centrosinistra. Nel momento in cui gli unici due leader progressisti del G8, Obama e Hollande, sostengono l'intervento, il Pd pensa di ritrovarsi di fatto sulla linea di Putin? Letta ha mosso un passo, esprimendo «comprensione» per le ragioni della Casa Bianca; ma una simile formula rischia di ricordare gli equilibrismi andreottiani, se non sarà seguita da gesti concreti. Il primo potrebbe essere una seria disamina della crisi alla Camera, quando (entro fine mese) si voterà il rifinanziamento delle missioni di pace. Si discute del Mediterraneo in tutti i Parlamenti, da Londra a Washington; sarebbe il caso di dedicarvi una sessione pure a Roma. Non per discutere interventi militari, ma per delineare a pieno un ruolo politico, oggi del tutto oscuro.

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