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Ugo Volli
Cartoline
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Il grosso inutile bastone 02/09/2013

Il grosso inutile bastone
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

Assad oltrepassa la linea rossa di Obama con le armi chimiche

Cari amici,

avete presente quella battuta di Woody Allen che dice “Dio è morto, ma anch'io non mi sento molto bene”? Una variante più dura e forse precedente è quella del Papa che affermerebbe (ex cathedra, naturalmente) che Dio non esiste “e quindi quel che dico io non conta”. Ecco, sono battute, se non vi piacciono non badateci, non voglio offendere nessuno. Ma mi fanno pensare. Non alla realtà di Dio, naturalmente, che non ha bisogno del riconoscimento di cineasti anche spiritosi, ma, se permettete, al rapporto fra le parole e le cose, che è sempre difficile. Il linguaggio permette, come in questi casi, di dire una cosa e al tempo stesso di negarla proprio per il modo in cui la diciamo, per quel che siamo quando la diciamo; oppure nega la nostra identità, ciò che dovremmo essere, a causa di quel che diciamo. I due livelli del discorso (chi parla e ciò che vien detto), si confondono e si negano, come quando si dichiara “io mento”.
E' la fonte di molti paradossi e anche un'ottima tecnica per fare impazzire chi ci prende sul serio, come ha mostrato Gregory Bateson in un celebre saggio sulle origini della schizofrenia in quella forma linguistica che egli definisce “doppio legame”. E' comunque un modo garantito per perdere la faccia - proprio per questo, se non ci tocca troppo da vicino, ci fa ridere.

Vi chiedete che cosa c'entra questo col Medio Oriente di cui parliamo qui? C'entra, c'entra. State a sentire. Dopo la dichiarazione in cui il presidente americano ha affermato che vuol fare l'attacco alla Siria, che ha il diritto di farlo, ma per il momento lo rimanda in attesa di un voto del Congresso, il vice premier siriano Qadri Jamil ha dichiarato ieri che Obama “è ormai diventato oggetto di sarcasmo da parte di tutti”. O come titola efficacemente il “Corriere on line”, “il mondo ride di lui” (http://www.corriere.it/esteri/13_settembre_01/siria-sfida-obama-sventato-attacco_51263568-12e9-11e3-b29f-7fb8749168ea.shtml ). Vi confesso che non sono affatto contento di dichiararmi d'accordo con un vice di Assad che certamente è complice dei suoi crimini, ma non posso che dargli ragione: come quei clown che inciampano ogni volta che fanno un passo, Obama fa ridere a ogni mossa politica che tenta - e regolarmente fallisce. Non è una questione di abilità o di leadership, non solo. Nelle sue infinite giravolte - pro e contro Mubarak, pro e contro Morsi, contro e poi “boh?” su Sisi; pro e contro Assad; pro e contro Putin, ecc. ecc. - Obama fa come il Papa della battuta con cui ho iniziato: dichiara come presidente americano l'impotenza dell'America. E dunque si condanna all'irrilevanza. Non applica la deterrenza richiesta dalle sue prese di posizione e dunque perde di credibilità.

Leggendo di politica internazionale si sente spesso parlare di “credibilità” e dell'altro termine, un po' più tecnico e certamente più minaccioso: “deterrenza”. Le due parole sono legate in questo, che hanno a che fare con la capacità di un paese di attuare le proprie minacce. Anche se è vero che in generale la politica si basa sulla forza (forza per realizzare dei progetti, forza per sventare delle minacce), in generale non accade, per fortuna, che le relazioni internazionali si realizzino direttamente con l'uso della forza, cioè con la guerra. E' la possibilità di quest'uso che di solito viene fatta balenare e permette di ottenere risultati: la minaccia, o addirittura il suo accenno, la minaccia della minaccia è ciò che permette a forti di esercitare il loro potere. E' una costruzione sottile, importante, che ha una sorta di natura psicologica. Richiede forza (si vis pacem para bellum, come dicevano i romani) e anche determinazione: meglio, la percezione esterna di questa determinazione, la credibilità che produce deterrenza, che cioè fa sì che i nemici neppure provino a sfidarla. L'Europa, in genere, non ha più la forza per agire come un soggetto globale, e non pare neppure disposta a fare sacrifici per difendere i suoi interessi a lungo termine, è poco credibile. L'America la forza ce l'ha, nonostante il debito che la attanaglia (e che Obama ha fatto gonfiare più di tutti i suoi predecessori). Quando una sua minaccia non è presa sul serio (la “linea rossa” sulle armi chimiche)  o è sfidata come a Bengasi, non reagisce, togliendo valore a tutta la sua potenza.

Quel che manca ora in  maniera clamorosa è la credibilità. Per dirla nei termini di Theodore Roosevelt “speak softly, and carry a big stick”, il bastone è ancora grosso e il linguaggio senza dubbio gentile, ma i due pezzi non stanno assieme, le parole non evocano il bastone. Il risultato è che non solo Obama, ma l'America non è più credibile, non solo in senso negativo (non fa più paura ai suoi nemici, bloccando la loro aggressività) ma anche in senso positivo (non rassicura più i suoi amici). La libertà dell'Europa contro l'aggressività sovietica è stata garantita per mezzo secolo dalla credibilità americana, dalla deterrenza dei suoi soldati che non a caso erano oggetto delle campagne comuniste (“Yankee go home, americani a casa”). Per il momentgo non ce n'è più bisogno da noi. Ma in Medio Oriente sì. L'amministrazione Obama ha impegnato tutto il proprio peso per fare ripartire la trattativa fra Israele e Olp, in cui un tema centrale è la sicurezza di Israele contro l'aggressività araba. E per iniziare il negoziato ha dichiarato largamente di essere impegnata a garantirla. Ma se voi foste al governo di Israele, vi fidereste della deterrenza americana? (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/171483#.UiOpytK-2Sq)


Bibi Netanyahu

 
Netanyahu ha dichiarato esplicitamente, per quanto lo consente la diplomazia, di no. Israele non deve delegare la sua sicurezza a nessuno, deve pensarci da sé anche quando è molto difficile come nel caso dell'Iran. E infatti sulla Siria si è comportato in maniera opposta a Obama: ha colpito duramente quattro volte i trasferimenti di armi a Hezbollah che minacciavano la sua sicurezza: un grosso bastone. E quanto alle parole, ha fatto meglio che dirne di “soft”: è stato del tutto zitto. La deterrenza di Israele è continuamente sfidata (cioè testata) da attentati, lanci di missili, tiri di mortai, insomma piccole provocazioni. Israele risponde con rappresaglie misurate e in questa maniera evita la guerra. Perché la logica paradossale della deterrenza è quella di rendere la guerra inutile mostrando che si è disposti a farla, se occorre. Per questo la perdita di credibilità dell'America, non solo di Obama, le continue “dichiarazioni fattuali” da presidente degli Stati Uniti che gli Usa non ci sono, chiacchierano chiacchierano ma non esercitano il potere che avrebbero, mette a rischio la pace nel mondo. E che a questo punto fra una settimana l'America agisca - limitatamente, è chiaro - contro la Siria o che non lo faccia, non conta molto. I suoi nemici (Assad, ma anche gli islamisti e perfino la Cina e la Russia) hanno fatto i loro calcoli. Che non ci sono favorevoli.

Ugo Volli


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