A Obama quel che è di Obama
Lettera da Gerusalemme, di Angelo Pezzana
Bibi Netanyahu con Barack Obama
A Obama quel che è di Obama. Sabato scorso il presidente americano aveva telefonato al premier Netanyahu per informarlo su quanto avrebbe dichiarato quattro ore dopo nel suo intervento alla Casa Bianca, il rinvio dell’attacco alla Siria in attesa dell’approvazione da parte del Congresso. Una telefonata rimasta riservata per 24 ore, ma significativa del rapporto fra i due leader. Gli Usa avevano promesso che avrebbero avvisato Israele prima dell’attacco, in modo che potesse predisporre la difesa contro un eventuale lancio di missili dalla Siria. Promessa mantenuta.
Dopo la lunga serie di passi falsi durante il primo mandato, Obama parrebbe aver capito come funziona il Medio Oriente, persino sembra aver capito la differenza tra paesi amici e nemici.
Anche la richiesta dell’approvazione del Congresso, non ci sembra un eccesso di democrazia, se l’istituzione rappresenta il popolo americano, un suo consenso all’operazione lo legittima ancora di più. Ci auguriamo non si ripeta un duplicato del voto del parlamento britannico.
Stretto di Hormuz
Ma se l’attacco alla Siria ha una dimensione soprattutto umanitaria, diverso è il caso dell’Iran, gran burattinaio del terrorismo mediorientale. L’alt ad Assad sarà un avviso a Teheran, un segnale che la politica occidentale non è più disposta ad essere ricattata. L’Iran è oggi il pericolo più grande per la pace nel mondo. Se si sentisse le mani libere, basterebbe la decisione di chiudere lo Stretto di Hormuz, da dove transita un quinto del petrolio mondiale, per mettere a rischio l’intera economia mondiale.Inaccettabile. In più, avendo a disposizione l’arma nucleare, il ricatto diventerebbe gigantesco. Per questo è bene agire al più presto, non tanto perché l’attacco ad Assad sia risolutivo della crisi siriana – una vittoria dei ribelli potrebbe persino essere peggio – ma perché il filo rosso del terrore Iran-Siria-Hezbollah verrebbe spezzato.
Che la prossima telefonata di Obama a Bibi arrivi presto, le democrazie devono essere unite contro le dittature, laiche o no, sempre dittature sono, e chissà che Cameron non riesca a ribaltare il vile voto del Parlamento di Londonistan. L’augurio, senza illuderci che vada a buon fine, vale anche per la politica europea.
Angelo Pezzana