Tra l'incudine americana e il martello alawita
Analisi di Mordechai Kedar
(Traduzione dall’ebraico di Giovanni Quer)
I tamburi suonano sempre più forte la chiamata alle armi, scandendo le ore che separano dall'attacco americano in Siria. Mentre scrivo quest'articolo, mercoledì mattina, i media arabi annunciano una sola notizia: l'attacco americano in Siria è ormai imminente. E il mondo arabo e islamico si pone una sola domanda: appoggiare o opporsi all'attacco alla Siria? Sostenere Assad o gli americani? La caduta di Assad migliorerà la situazione del Medio Oriente?
Molti commentatori arabi ricordano l'attacco del marzo 2003 contro Saddam, gettato nella spazzatura della storia dopo aver arrecato immani sofferenze al suo popolo e all'intera regione. Assad si era allora opposto all'attacco contro Saddam, perché aveva capito che l'intromissione negli affari della regione da parte di attori stranieri non arreca alcun beneficio al Medio Oriente e soprattutto sapeva che in questo modo sarebbe venuta anche la sua ora. La comparazione con l'Iraq porta anche a considerare il caos creatosi successivamente alla caduta di Saddam, e in particolare il terrorismo suicida che ha finora causato decine di migliaia di vittime, trasformando l'Iraq in una palude di sangue, fuoco e lacrime.
Le domande che il mondo arabo si pone sono complesse e importanti.
- Assad sopravviverà all'attacco? La maggior parte degli opinionisti ritiene che la risposta dipenda dal tipo di attacco: se l'attacco sarà breve e concentrato allora è più probabile che Assad sopravviva, continuando a massacrare il proprio popolo; mentre invece se l'attacco sarà prolungato, con una probabile azione di terra, allora è più difficile pensare che Assad rimarrà al potere, e Hezbollah gli farà fare la stessa fine che le tribù libiche hanno fatto fare a Gheddafi.
- L'esercito siriano e l'elite al potere saranno ancora dalla parte di Assad che ha causato l'attacco? Probabilmente ci saranno molti disertori, che tuttavia non indeboliranno le capacità di Assad di trovare altre milizie pronte a continuare i massacri.
- L'attacco si limiterà a obiettivi militari o includerà anche obiettivi civili come le infrastrutture? Gli opinionisti arabi tendono a credere che l'attacco, perlomeno all'inizio, si concentrerà solo su obiettivi militari, ma se Assad vorrà trasformare la sconfitta in vittoria allora l'attacco si estenderà anche ad altri obiettivi legati al regime.
- Quali saranno le reazioni di Assad, della Russia e dell'Iran? La Russia si asterrà da un intervento militare per non entrare in guerra con gli Stati Uniti. L'Iran potrebbe aumentare la tensione nella regione del Golfo, con attentati ai pozzi petroliferi che sconvolgeranno il mercato del petrolio con un aumento dei prezzi del carburante.
- Assad si vendicherà contro gli Stati Uniti attaccando Israele? Con ogni probabilità non lo farà, per paura che Israele gli punti i missili al collo per levarselo di torno.
- Nello scenario post-Assad la Siria precipiterà nel caos come l'Iraq? La Siria è uno stato estremamente diviso: i kurdi nel nord-est già chiamano la regione "Kurdistan Occidentale", che negli ultimi anni ha goduto di una certa stabilità tranne alcuni scontri con gli jihadisti oppositori di Assad.
- Assad si vendicherà contro Turchia e Giordania che hanno sostenuto i ribelli? Lo farà di certo se si renderà conto che non ha possibilità di uscirne vincitore, e vorrà colpire al massimo i propri nemici.
C'è un'altra domanda che si impone nel mondo arabo e islamico: perché noi arabi e musulmani non riusciamo a gestire da soli i nostri conflitti? Perché abbiamo bisogno delle forze occidentali, degli infedeli, che vengano a salvarci da noi stessi? Perché la Lega Araba continua a delegare alla NATO il lavoro sporco che la "umma" islamica deve ma non riesce a fare?
Le stesse domande si sono poste nel settembre 1994, quando l'UNDP (United Nations Development Programme) si è riunita al Cairo per parlare dei diritti delle donne. I rappresentanti dei Paesi islamici si opponevano al riconoscimento dei diritti delle donne mentre gli occidentali tentavano in ogni modo di far avanzare il loro status. Hiba Sa'ad al-Din, redattrice della sezione "sut al-nisa" (voce delle donne) nel giornale "al-sha'ab", la stampa dei Fratelli Musulmani in Egitto, aveva in quell'occasione commentato: perché proprio i nemici dell'Islam (con cui intendeva gli stati occidentali cristiani e infedeli) sono quelli che si battono per i diritti delle donne musulmane? Non sarebbe più opportuno che i nostri leader, sheikh e immam, difendano i diritti delle donne più di coloro che tentano di distruggere il mondo islamico?
Gli opinionisti arabi si pongono domande simili in questi giorni: perché proprio gli americani, nemici degli arabi e difensori di Israele, sono pronti a fare una guerra rischiando la vita dei loro soldati per salvare noi, arabi e musulmani, dai dittatori assetati di sangue che ci massacrano? Ci sono anche quanti criticano gli Stati Uniti per l'attacco ad Assad, in quanto ritengono che gli americani non riescono a capire che se Assad cadrà, sarà sostituito dagli jihadisti tipo al-Qaeda che, una volta al potere, trasformeranno la Siria in un inferno. Ci si chiede poi: gli americani vogliono trasformare la Siria in un altro Afghanistan o in un altro Iraq con la pretesa di proteggere i cittadini siriani? Qual è il ruolo di Israele in tutto questo? Come sarà la Siria del dopo Assad? Sarà un satellite degli Stati Uniti o forse un ulteriore terreno per l'espansione territoriale di Israele? Un giornalista di Al-Jazeera ha detto: "che Allah abbia misericordia del Golan", per paura di dover cedere altri territori dopo che Israele e Stati Uniti avranno occupato la Siria.
Un'ulteriore questione legata all'attacco riguarda le armi chimiche, che potrebbero causare una catastrofe se colpite come obiettivo di un attacco. Tuttavia, è chiaro che Assad ha già nascosto le armi chimiche necessarie a un massacro, distribuendole forse in Iraq, presso il suo amico sciita Nuri al-Maliki, capo del governo, così come allora aveva fatto Saddam con le proprie armi chimiche, che aveva nascosto in Siria prima dell'attacco nel 2003. C'è anche da chiedersi se Assad permetterà agli ufficiali ONU di lasciare la Siria, o se li utilizzerà come scudi umani per proteggere alcuni obiettivi che potrebbero finire sotto attacco, in particolare i luoghi dove ci sono armamenti chimici.
I media arabi riportano le minacce degli ufficiali siriani che continuano a dire che se la Siria sarà attaccata, Tel Aviv verrà colpita. Parte degli opinionisti arabi ritiene che queste minacce siano solo parole, mentre richiamano i commentatori israeliani che sostengono come sia meglio avere a che fare con Assad rispetto che con al-Qaeda al confine siriano. Altri invece non nascondono la loro speranza che Assad colpisca Tel Aviv, per far capire che Israele non è invincibile e che i combattenti arabi sono pronti a perseguire l'obiettivo storico di distruggere lo stato ebraico.
Secondo alcune fonti, Assad avrebbe lasciato la Siria nella notte tra martedì e mercoledì alla volta dell'Iran, per "consultazioni". Tornerà in Siria o deciderà di gestire la propria difesa da lontano, al sicuro? In questo caso le forze armate continueranno a combattere per lui, dopo esser fuggito? E cosa faranno gli alawiti una volta che si accerterà la fuga di Assad? Annunceranno l'indipendenza di uno stato solo per loro?
Il punto centrale della tensione degli arabi è comunque l'economia: il mercato e le borse della regione mostrano segni di marcata instabilità, come avviene in ogni situazione di crisi, e l'instabilità si concentra nel Golfo, in particolare per via dell'Iran. Non gli andrà poi così male, visto che i prezzi del petrolio compenseranno le perdite delle azioni in borsa.
Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
Link: http://eightstatesolution.com/
http://mordechaikedar.com/