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Libero - Il Giornale Rassegna Stampa
24.08.2013 Quale sarà il futuro dell'Egitto post Fratelli Musulmani ?
Cronache di Maurizio Stefanini, Rolla Scolari

Testata:Libero - Il Giornale
Autore: Maurizio Stefanini - Rolla Scolari
Titolo: «La Fratellanza egiziana è decapitata e rischia l’implosione»

Riportiamo da LIBERO di oggi, 24/08/2013, a pag. 16, l'articolo di Maurizio Stefanini dal titolo "  Il nuovo Egitto dichiara guerra a partiti religiosi e legge coranica ". Dal FOGLIO, a pag. 3, l'articolo di Rolla Scolari dal titolo "La Fratellanza egiziana è decapitata e rischia l’implosione".
Ecco i pezzi:

LIBERO - Maurizio Stefanini : " Il nuovo Egitto dichiara guerra a partiti religiosi e legge coranica "


Maurizio Stefanini      Abdel Fatah al Sisi

I militari preparano per l’Egitto un modello kemalista; i Fratelli Musulmani si preparano a un lungo periodo di clandestinità. Sullo sfondo, nuove proteste che hanno provocato un morto e 14 feriti a Tanta, governatorato di Gharbeya nel Delta del Nilo, in violenti scontri tra manifestanti pro e anti- Morsi, con finale intervento della polizia a colpi di lacrimogeni e spari in aria a disperdere la baruffa.Ma il clou della giornata di ieri è stata l’anticipazio - ne che la stampa ha fatto sulla modifiche alla Costituzione che i militari stanno preparando. Una, particolarmente importante, comporta il divieto formale di partiti religiosi. Evidentemente per sorvegliare sull’os - servanza della proibizione bisognerebbe creare organismi di controllo, presumibilmente sotto uno stretto controllo dei militari come custodi della laicità: è questo è esattamente il modello di stampo kemalista che c’era in Turchia, prima che la richiesta di adesione all’Unione Europea obbligasse a rinunciare a questa “supervi - sione”, consentendo così al partito islamista di Erdogan di conquistare il potere e di radicarcisi. Di sapore kemalista è anche la cancellazione dell’articolo 219 sull’interpretazione della Sharia: cosa rivoluzionaria in un Paese in cui la Sharia è sempre stata fonte di Diritto anche nel periodo più laico del nasserismo, e in cui peraltro il controllo governativo sulla nomina dei vertici di quella Università- Moschea di Al-Azhar storicamente considerata il massimo centro teologico del mondo sunnita aveva sempre dato un importante strumento di influenza su tutto il mondo islamico. Più “locale” è invece l’al - tra ventilata modifica costituzionale che rimuove l’interdi - zione alla vita politica che era stato previsto per i dirigenti del Partito Nazionale Democratico di Mubarak, sciolto nel 2001. Ma è significativo che venga in concomitanza con l’uscita dal carcere di Hosni Mubarak, anche se l’ex-presidente resta pur sempre agli arresti domiciliari. Insomma, il nuovo modello kemalista cerca di creare un nuovo blocco politico-sociale in cui siano superate le differenze tra ex-sostenitori di Mubarak e exoppositori: anche se la contemporanea notizia su un’indagine aperta su Mahmud Badr, Mohamed Abdel Aziz e Hassan Chahin, dirigenti del movimento Tamarod che hanno chiesto di manifestare contro la scarcerazione di Mubarak indica come il processo non sarà ne facile, né indolore. Comunque, secondo quanto prevede la tabella di marcia del governo provvisorio, la bozza verrà ora analizzata da un comitato di 50 persone rappresentanti “di tutta la società”, ma compresi militari e forze di sicurezza. Entro 60 giorni arriverà la Costituzione modificata arriverà sul tavolo del presidente Adly Mansour, che indirà il relativo referendum. Per rispondere i Fratelli Musulmani e l’Alleanza nazionale per la difesa della legittimità in cui si sono riuniti tutti i loro sostenitori e alleati hanno organizzato ieri un ennesimo “ve - nerdì della rabbia” o “venerdì dei martiri”, con 28 cortei nella sola il Cairo. E altre proteste ci sono state a Goza, Assuan e Marsa Matruh. Ma è evidente una certa stanchezza dell’orga - nizzazione, peraltro fiaccata da repressione e arresti. A parte le giornate simboliche come ieri, i Fratelli Musulmani chiedono sempre più di sostituire le grandi manifestazioni e gli accampamenti con proteste diffuse e boicottaggi. Un nuovo slogan è anche “non siamo Fratelli Musulmani, solo musulmani”, quasi a voler departiticizzare la richiesta di reintegro al potere di Morsi. Ed è significativo anche che nei giorni scorsi Mouahmmad Abdulmaksoud, un noto imam vicino ai Fratelli Musulmani, abbia proclamato una fatwa con cui si accorda nella quale si accorda ai fedeli il permesso di radersi la barba “al fine di eludere i controlli della polizia e arrivare indisturbati alle manifestazioni pro-Morsi”. In polemica con l’opinione di Al-Azhar secondo cui non è l’allergia al barbiere che fa l buon musulmano, i Fratelli Musulmani hanno sempre fatto di una barba incolta un orgoglioso simbolo identitario, e un allarme sulla islamizzazione strisciante che Morsi avrebbe promosso era venuto quando ai poliziotti aveva iniziato a essere consentita la barba da “Fratello”. Adesso però quel tipo di onor del mento espone non solo alla sorveglianza della polizia ma anche a possibili pestaggi da parte degli anti-Morsi.

Il FOGLIO - Rolla Scolari : " La Fratellanza egiziana è decapitata e rischia l’implosione "


Rolla Scolari                    Fratelli Musulmani

Gerusalemme. Le immagini sono state trasmesse a ripetizione sulle televisioni egiziane. Mohammed Badie, 70 anni, il “murshid”, guida suprema dei Fratelli musulmani, è stato arrestato in Egitto all’alba di martedì. Indossa una tunica bianca, ha la faccia stanca mentre siede in una stazione di polizia. Accanto a lui c’è un uomo armato di kalashnikov, in borghese. “Il popolo affronta il terrorismo”, è scritto con un sottile richiamo agli slogan rivoluzionari sullo schermo di OnTv, emittente privata, mentre passa il video dell’arresto. Fino a poche settimane fa, il movimento islamista governava l’Egitto. Il primo presidente eletto, Mohammed Morsi, sedeva a palazzo e il braccio politico della confraternita, il partito Libertà e giustizia, dominava il Parlamento. Oggi, dopo che il 3 luglio i militari egiziani hanno deposto il rais e avviato una nuova transizione, dopo una settimana di scontri che ha causato quasi mille morti, il movimento è descritto dai mass media di stato come un’organizzazione armata e non più un attore politico. I Fratelli sono accusati d’essere all’origine degli attacchi alle chiese e alle stazioni di polizia seguite allo sgombero dei loro due sit-in al Cairo, il 14 agosto. Le televisioni hanno mandato in onda le immagini di manifestanti armati e le autorità hanno dichiarato una guerra contro “il terrorismo” interno. La guida suprema è accusata d’incitamento all’uccisione di manifestanti, in un episodio che risale a giugno, e di detenzione d’armi. Dall’altra parte, gli islamisti sostengono di essere un movimento legittimo, che chiede il ritorno del loro leader ingiustamente deposto. In una conferenza stampa martedì Khaled Hanafi, un portavoce del partito Libertà e giustizia, ha detto che “la sola opzione è la via pacifica, l’arresto di Badie non cambierà questo approccio”. Senza traccia di trattative politiche, però, resta alto il timore di violenze. Gli islamisti hanno organizzato ieri altri cortei in tutto il paese dopo la preghiera, ma il tentativo di realizzare un altro venerdì oceanico è andato a vuoto: solo un numero relativamente ristretto di persone ha risposto alla chiamata del movimento, lasciando le piazze sguarnite. L’esercito ha inoltre agito con efficiente durezza, controllando le folle e prevenendo gli scontri. Prima e dopo la detenzione del “murshid”, leader storici della vecchia guardia della Fratellanza sono stati arrestati. Molti sono latitanti. L’ex presidente è detenuto. Il giornale al Shoruk ha mostrato in prima pagina le fotografie di Mohammed Morsi e altri uomini forti della confraternita – Mahmoud Ezzat, Mohammed Badie, Khairat el Shater, l’ex guida Mohammed Mahdi Akef – sotto la scritta “La leadership dei Fratelli. Il ritorno in prigione”. Negli scontri con le forze dell’ordine hanno perso la vita inoltre centinaia di sostenitori dell’organizzazione, tra loro anche rappresentanti delle generazioni più giovani del movimento: il figlio 38enne dello stesso Badie, il nipote del fondatore della Fratellanza Hassan al Banna, la figlia di 17 anni del leader Mohammed Beltagy. La detenzione del “murshid” è simbolica. Durante il regime di Hosni Mubarak, non certo morbido con la confraternita, bandita durante quegli anni, le forze di sicurezza non si erano mai spinte fino all’arresto di una guida suprema, leader del movimento politico, sociale e religioso e modello spirituale per i suoi membri. Per i Fratelli musulmani, ha scritto sul New York Times Shadi Hamid, del Brookings Doha Center, il futuro sarà peggiore rispetto ai tempi di Mubarak, quando, organizzazione fuorilegge ma tollerata, i Fratelli potevano avere uffici, presentarsi come indipendenti al voto e vincere, come nel 2005, 88 seggi in Parlamento. Qualsiasi cosa accada in Egitto nelle prossime settimane, è certo che la Fratellanza musulmana, il movimento islamista più influente della regione, uscirà da questa crisi profondamente trasformata. E’ difficile pensare, nonostante le repressioni e le detenzioni, che possa scomparire da un Egitto in cui ha agito in profondità come organizzazione sociale e religiosa prima ancora che politica dal 1928. In queste ore, però, il movimento non ha contro soltanto le nuove autorità politiche e le forze di sicurezza. Affronta infatti una crescente ostilità popolare, in arrivo anche da parti della società che in passato hanno appoggiato gli islamisti e che ora imputano alla presidenza di Morsi l’aggravarsi della crisi economica e la caduta dell’Egitto in un periodo di instabilità e violenze senza precedenti nella sua storia moderna. Dopo gli arresti e le detenzioni c’è chi parla di “strategia della decapitazione”, come Joshua Stacher, esperto di Egitto alla Kent State University americana, secondo il quale il movimento sopravviverà a questa crisi. “Non sarà sradicato ma smantellato, incapace per i prossimi 15 anni almeno d’essere un attore politico efficace”, spiega al Foglio. Tra gli analisti e gli osservatori cresce il timore che, dopo le repressioni e gli scontri, i membri più frustrati e incontrollabili del gruppo, che ha abbandonato la lotta armata decenni fa, possano riprendere adesso le armi. L’Egitto fatica già a gestire una solida presenza di milizie jihadiste nel Sinai del nord e teme il contrabbando attraverso il poroso confine con una Libia non pacificata, da dove sono passate, nei mesi scorsi, molte armi in rotta verso la Siria. Parlando con il Washington Post, Ibrahim el Houdaiby, esperto di islamismo ed ex membro della Fratellanza, spiega come, senza una testa, diventi ora più difficile per la gerarchia islamista controllare le frange più estreme. E per l’esercito trovare figure con cui aprire un negoziato. L’arresto di Badie non può che logorare la Fratellanza in un momento in cui i segnali di indebolimento sono già molti, spiega al Foglio Gamal Abdel Gawad Soltan, professore di Scienze politiche all’Università americana del Cairo. Il movimento fatica a mobilitare la strada – domenica una manifestazione è stata cancellata – e i vertici si nascondono. La confraternita cerca però di reagire. Dopo l’arresto di Badie il partito Libertà e giustizia ha immediatamente annunciato la nomina a suo successore di Mahmoud Ezzat, uno degli uomini forti del partito, parte di quella leadership conservatrice, misteriosa, allergica alle comparse su radio e televisioni nazionali, dedita più all’indottrinamento, all’organizzazione sociale e religiosa, legata a un passato da confraternita segreta, meno abituata alla vita politica rispetto alle giovani generazioni. “L’uomo di ferro” Ezzat, come è stato definito da alcuni in passato, è stato arrestato nel 1965, sotto Gamal Abdel Nasser, assieme a Badie e a Sayyid Qutb, l’autore di scritti che hanno inspirato movimenti fondamentalisti islamici. L’immediato annuncio della nomina di Ezzat – spiega Soltan – mostrerebbe l’esistenza di crepe interne al movimento: mira a “scongiurare un vuoto di potere e a evitare che altre fazioni interne alla Fratellanza possano emergere accanto a quella dei conservatori”. E non è un caso che, poche ore dopo l’annuncio, il partito abbia fatto un passo indietro sulla nomina di Ezzat – tra l’altro latitante e forse all’estero – spiegando come soltanto il movimento dei Fratelli musulmani possa rendere pubblica la decisione. Secondo Soltan, il destino della Fratellanza, paralizzata nella più grande crisi della sua lunga storia, è “l’implosione”. All’interno dei Fratelli – dice – ci sono molti membri della nuova guardia che accusano la vecchia leadership di non aver saputo calcolare i rischi e di aver portato il movimento alla difficile situazione attuale. “Vedremo i Fratelli dividersi in gruppi, più o meno violenti, più o meno giovani. Rivaluteranno, riformeranno, come nella Turchia dopo Necmettin Erbakan, quando nacque l’Akp (il partito del premier Recep Tayyip Erdogan, ndr). Forse è proprio questo che vuole l’esercito”. Un recente articolo del quotidiano saudita pubblicato a Londra, As Sharq el Awsat, cerca di provare divisioni interne nella Fratellanza raccontando dell’esistenza di gruppi su Facebook di giovani membri della confraternita: “Fratelli Liberi” e “Fratelli contro la violenza” restano però fenomeni molto limitati all’interno delle reali correnti del movimento. Le fratture interne al gruppo islamista ci sono sempre state, anche se chi oggi tra i membri ancora parla alla stampa nega ogni divisione interna, come la Fratellanza ha sempre fatto negli anni passati, anche in momenti meno turbolenti della sua storia. Eppure Gehad el Haddad, giovane portavoce dei Fratelli, onnipresente sui social network ma oggi anche lui nascosto, ha spiegato al New York Times come le settimane di proteste a Rabaa el Adawiya e “la crisi stiano creando un nuovo livello di giovani leader “ nella corrente islamista. “Il destino dei Fratelli è nelle mani dei giovani – dice al Foglio Wael Nawara, co-fondatore del partito al Dostour, creato dal Premio Nobel ed ex vicepresidente Mohammed ElBaradei. Secondo l’attivista, già militante nel partito liberale al Ghad, la leadership islamista ha fallito: ha avuto l’opportunità d’uscire dalla clandestinità, ma ha continuato a lavorare con i metodi di un’organizzazione segreta: “Hanno voluto mantenere il movimento sociale, religioso e quello politico. Ora devono pensare a riforme”. “Evolvere o morire”, è il titolo di un’analisi pubblicata pochi giorni fa sul destino della Fratellanza dal sito di Foreign Affairs. Secondo il suo autore, Tarek Osman, il movimento sopravviverà ma uscirà trasformato in profondità dalla crisi, dopo aver trovato un “modus operandi” per coabitare con le nuove autorità. Per la confraternita, “l’unica minaccia esistenziale arriverà dal suo interno”. Tra i vari scenari, infatti, c’è la possibilità di “una lotta interna dolorosa tra chi vuole cedere al vittimismo rispondendo con la violenza e chi realizza come sia arrivato il tempo di andare avanti”. Il risultato sarà, come già ipotizzato da altri analisti, “una frammentazione” in due o più gruppi capace di portare a un’evoluzione del pensiero e dell’ideologia dell’islam politico. La questione centrale, adesso, è capire quale strategia, violenta o conciliatoria, sceglieranno le giovani generazioni.

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