"Complotto ebraico: l’antico ritornello, sempre attuale"
commento di Federico Steinhaus
Federico Steinhaus
Rieccolo, il leggendario complotto ebraico. E, guarda caso, sono sempre i settori dell’Islam più integralista ed estremo a denunciarlo e ad esserne le vittime designate. Sono notizie di questi giorni la denuncia di Erdogan che dietro il colpo di stato militare in Egitto c’è Israele, l’onnipotente ed avido stato degli ebrei; ed il commentatore politico di Al Jazeera Gamal Nassar, già esponente di spicco dei Fratelli Musulmani, citando il giornale algerino Al-Watan, annuncia al mondo che Al-Sisi è ebreo e sta attuando quanto prescritto dai Protocolli dei Savi Anziani di Sion, il famoso falso zarista del primo Novecento. Anzi, lo zio di Al-Sisi era addirittura, secondo questa fonte, un membro dell’esercito clandestino ebraico Haganah che costituì uno dei pilastri del futuro stato d’Israele.
Non c’è dunque da stupirsi se la Palestine Broadcasting Corporation, la radio dell’Autorità Palestinese, ha affermato che “un giorno la Palestina sarà di nuovo Palestina!”. La Voce della Palestina, lo scorso 8 agosto, ha difatti salutato così i suoi ascoltatori: “Saluti a tutti i nostri ascoltatori e buone feste a voi, il nostro popolo nella Palestina occupata, la Palestina del 1948...Saluti al nostro popolo di Akko, Nazareth, Tiberiade, Haifa e Giaffa...Che la vostra identità palestinese sia radicata nei vostri cuori e nelle vostre menti. Se Allah vorrà, un giorno la Palestina sarà di nuovo Palestina!”.
E’ una dimostrazione in più, se pure ve ne fosse bisogno, che conferma la constatazione ricorrente che per il mondo arabo ed islamico Israele è l’incarnazione dell’ebreo con tutti i suoi vizi e difetti, con la sua vocazione connaturata al crimine e con la sua amoralità.
Senza fare del vittimismo, noi continuiamo a denunciare questo pregiudizio, perché la sua connessione con la politica è talmente evidente da ritenere superfluo il fornirne spiegazioni. Israele, per il mondo islamico, è un cancro da estirpare con la violenza, come ha sempre detto con molta efficacia Ahmadinejad. Israele, un piccolo puntino nel cuore del grande corpo del mondo islamico, è un paese in cui la democrazia occidentale è dominante, in cui i diritti umani ed in particolare quelli delle donne sono fortemente tutelati, in cui il benessere ed il progresso sia culturale che tecnologico sono all’avanguardia del mondo. Ma l’ostilità del mondo islamico non è dettata dall’invidia, anzi: è la pericolosità di un contagio che fa tremare. L’avversione è ancor più che ideologica, è viscerale quanto può esserlo il connubio di religione e sete di potere. Le primavere arabe hanno sostituito dittature con altre dittature, e la violenza fratricida che divora i più potenti stati arabi lascia intravedere uno scenario apocalittico.
Ora o mai più potrebbe essere la parola d’ordine per chi in Palestina vuole la pace. L’implosione sanguinosa dei protettori dell’estremismo arabo è un dato di fatto, e non trarre da questa tragedia il massimo beneficio per costruire una vera alternativa stabilizzando la regione segnerebbe con il marchio della viltà i dirigenti palestinesi.