Scrivere che Tel Aviv è la capitale israeliana rende meritevoli del premio Pulitzer ? Saranno felici di saperlo alla redazione del quotidiano di Rocca Cannuccia
Testata: Libero Data: 15 agosto 2013 Pagina: 29 Autore: Francesco Specchia Titolo: «Dal nostro fumettaro speciale inviato nelle dittature del mondo»
Riportiamo da LIBERO di oggi, 15/08/2013, a pag. 29, l'articolo di Francesco Specchia dal titolo "Dal nostro fumettaro speciale inviato nelle dittature del mondo".
Guy Delisle
Per farsi un'idea su Guy Delisle e i suoi fumetti anti israeliani, cliccare sui due link sottostanti.
Com'è possibile che un quotidiano come Libero, di solito pro Israele, possa pubblicare l'articolo di Specchia zeppo di complimenti a un fumettista mediocre che pubblica strisce dense di propaganda palestinese contro Israele? Specchia sostiene che Delisle merita il Pulitzer.
Se disegnare vignette nelle quali si sostiene che Tel Aviv sia la capitale israeliana rende meritevoli di un simile premio, ci dispiace comunicare a Specchia che il suo prezioso Delisle dovrà mettersi in coda dietro a tutta la redazione del quotidiano Il Manifesto. Ecco il pezzo:
L’omarino è giallognolo e assai sudato: diciamo un Homer Simpson melanconico, più che un Ernst Hemingway dal fronte italiano. Chino col taccuino in mano, sotto le mura di Gerusalemme, respira l’aria della città sacra e della polvere da sparo che gli si spande attorno; e «disegna qualcosa che ha visto, di cui è stato testimone, la sua versione dei fatti, invece di farlo solo con le parole decide di accostarvi le immagini... ». Così il critico d'arte Luca Beatrice descriveva nella prefazione di Nuvoledi confine - L'arte del reportage a fumetti (Rizzoli Lizard, pp. 160, euro 16) il grande cartoonist canadese Guy Delisle che s’improvvisa reporter di guerra in Cronache di Gerusalemme , uno tra i reportage a fumetti migliori degli ultimi anni. Delisle, così stilizzato sulla carta e così rubizzo in carne, è da poco tornato in Italia per ripresentare la trilogia Pyongyang, Cronache di Gerusalemme -appunto- e Cronache Birmane che oggi Rizzoli Lizard propone in tutta la sua potenza grafica (era già editata da Fusi Orari). Delisle lo si legge, di solito, sulle pagine rarefatte di Internazionale. S'è fatto, da inviato, tutti i teatri e gli ex teatri di guerra: Cina, Vietnam, Birmania e Corea del Nord, dove il suo orwelliano Pyongyang fu un capolavoro di denuncia senza volerlo essere. Guy possiede un tratto minimalista, ed è un gran conoscitore dei toni seppiati e dei chiaroscuri nella narrazione; è stato premiato al Festival di Angoulême 2012, si fa il suo nome per il prossimo Premio Pulitzer; ed egli stesso si conferma, oggi, come la versione civile del grande Joe Sacco, già inviato embedded tra le truppe Usa in Iraq e nella Striscia di Gaza. La differenza tra Sacco e Delisle, è che il primo è politicamente schierato, assume sempre posizione politica; mentre ilsecondo, da semplice animatore -da tecnico di catoni animati, senza pregiudizi ideologici- si limita a fotografare ciò che vede nei dettagli più insignificanti. Prendete, la Birmania nella quale Delisle si trasferisce per un anno con moglie medico senza frontiere e figlio infante. Tramite una serie di strisce brevi e fulminanti, il narratorecanadese quiracconta la vita socio-politica del Paese intrecciandola ad aneddoti di una vita quotidiana caratterizzata dalle difficoltà di vivere sotto un regime militare. Delisle prova a dipingere una situazione tanto complessa come quella birmana con un semplicità alla Saul Steinberg. Lo stile di questo suo Cronache Birmane, infatti, differisce leggermente dai precedenti volumi (Pyongyang e Shenzhen, sulla Cina): è ligne claire pura, asciutto, pulito, i retini sono pochi e i fronzoli grafici ridotti all’essenziale. La «morigeratezza » del tratto, più che a una scelta, è dovuta -scriverà lo stesso Delisle - alla difficile reperibilità del materiale da disegno: le chine, i colori, i pennini, perfino la carta appaiono oggetti immaginari sugli spogli scaffali dei supermercati opportunamente svuotati dalla dittatura. Scrive il critico Stefano Facchinetti che in Delisle la ricerca è missione: «la ricerca di un barattolo di china, di una connessione ad internet, di beni di prima necessità, di una fonte di informazione libera (tutto ciò proveniente perlopiù dalla confinante Thailandia), di cure mediche, di libertà di espressione. Delisle rappresenta non solo i paesaggi,ma anchei vari co-protagonisti delle sue quotidianità birmane: i monaci che sfilano in processione sotto le sue finestre chiedendo offerte agli abitanti; il gruppo di nerd birmani che tenta (senza molto successo) di fare cartoni animati nonostante la feroce censura della giunta militare; gli squallori di una regione settentrionale la cui totalità di abitanti è dipendente da eroina»; e anche Aung San Suu Kyi, sua invisibile vicina di casa che viene paragonata al «Voldemort di Harry Potter, dato che nessuno nel Paese osa pronunciarne il nome e molti preferiscono citarla con l’appellativo di The Lady». Per non dire del suo racconto dei generali golpisti, ometti che da un lato distruggono il Paese e dall’altro «pensano ad erigere pagode e santuari perchè hanno paura», per il male fatto in vita, di reicarnarsi in una scimmia. Delisle è un prosatore aguzzo e ironico; alterna toni soffusamante comici alla descrizione drammatica delle sofferenze umane inperfetto stile balzachiano. Grande giornalista, a sua insaputa. Un Pulitzer sarebbe più che meritato...
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