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Il Giornale Rassegna Stampa
13.08.2013 In Israele proteste per la liberazione dei criminali palestinesi
cronaca di Rolla Scolari

Testata: Il Giornale
Data: 13 agosto 2013
Pagina: 15
Autore: Rolla Scolari
Titolo: «La protesta degli israeliani. 'Non liberate i terroristi'»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 13/08/2013, a pag. 15, l'articolo di Rolla Scolari dal titolo "La protesta degli israeliani. «Non liberate i terroristi» ".

Il commento di IC per quanto riguarda la scarcerazione dei criminali palestinesi nell'ambito dei negoziati è contenuta nella 'Cartolina da Eurabia' di Ugo Volli di oggi, pubblicata in altra pagina della rassegna.
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=50277

Le bandiere d'Israele, i car­telloni e le mani dei mani­festanti sono imbrattate di vernice rossa. Si sono dati ap­puntamento in un parchetto a pochi metri dal quartier genera­le dell'esercito, a Tel Aviv. I ma­nifestanti non sono molti, nep­pure duecento, ma la loro richie­sta in questi giorni è sulle prime pagine dei giornali israeliani. Sono contrari al rilascio di 26 pri­gionieri palestinesi che avviene oggi. È la prima di una serie di li­berazioni (104 detenuti in tut­to) e ha luogo a poche ore dalla ripresa, mercoledì, di colloqui diretti tra israeliani e palestine­si. Sulla prima lista di prigionie­ri che oggi fanno ritorno in Ci­sgiordania e a Gaza ci sono no­mi di persone che hanno ucciso israeliani- soldati e civili- e pale­stinesi considerati collaborato­ri. Sono stati incarcerati prima degli Accordi di Oslo del 1994.
La loro liberazione è un even­to che innesca forti emozioni, contrapposte, nella società isra­eliana e in quella palestinese, dove il rilascio di migliaia di de­tenuti è una delle condizioni ri­chieste dall'Autorità nazionale per il ritorno alle trattative. «Sia­mo pazzi? Non lasciate andare gli assassini», è scritto su uno dei cartelloni alla protesta di Tel Aviv, dove sono molti i pa­renti delle vittime. Se in Israele i detenuti che saranno liberati oggi sono considerati «terrori­sti », nei Territori palestinesi sa­ranno accolti da eroi della cau­sa nazionale. «Per noi, questo è un prezzo troppo alto da paga­re », spiega al Giornale Ayelet Ta­mam. Ha in mano il ritratto in bianco e nero di Moshe, suo co­gnato, «sequestrato e assassina­to quando era soldato. Gli han­no sparato in testa, da dietro. Il suo corpo è stato ritrovato sol­tanto dopo quattro giorni». Era il 1984. La famiglia Tamam, co­me molti altri parenti delle vitti­me, ha firmato una petizione contro le scarcerazioni presen­tata alla Corte suprema, come già avvenuto nell'autunno del 2011 quando, per il rilascio del soldato Gilad Shalit, sequestra­to a Gaza, Israele aprì le porte delle carceri a oltre mille dete­nuti palestinesi.
Le liberazioni di oggi- che tro­vano resistenza anche all'inter­no della stessa coalizione del premier Benjamin Netanyahu­sono una concessione israelia­na alla vigilia della ripresa dei colloqui. Anche se favorevoli al­la pace, molti parenti delle vitti­me non riescono ad accettarla, dice Ayelet: «Se fossimo sicuri che le scarcerazioni arrivano prima di un vero accordo, non sarei contraria, ma avvengono prima di semplici colloqui dall' esito incerto».
Se tra le famiglie c'è chi teme che i detenuti una volta liberi possano commettere nuovi atti di violenza, c'è anche chi pensa che il rilascio sia necessario. Il fi­gli­o di Robi Damelin è stato ucci­so nel 2002 da un cecchino pale­stinese mentre era di guardia a un check point nei pressi di un insediamento. Oggi, sua madre è attiva in un'associazione di pa­lestinesi e israeliani che hanno perso familiari a causa del con­flitto. Non era alla protesta di Tel Aviv perché non si oppone alle liberazioni di oggi, le appog­gia, come spiega al Giornale : «È così difficile per me dire questo, ma Israele deve capire che se vo­gliamo la pace, il rilascio di pri­gionieri è importante quanto la terra e il ritorno dei rifugiati per i palestinesi. Penso ai miei nipoti­ni: non ci deve essere vendet­ta ».
La conferma della scarcera­zione dei primi 26 prigionieri è arrivata domenica. Lo stesso giorno, Israele ha annunciato la costruzione di circa mille nuo­ve unità abitative a Gerusa­lemme est e in Cisgiordania. La leadership palestinese ha criti­cato subito la mossa israeliana, parlando di «sabotaggio» degli sforzi americani per tornare al negoziato. E anche l'Unione Eu­ro­pea ha usato toni duri dichia­rando che «gli insediamenti mi­nacciano la soluzione a due Sta­ti ».

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