Sulla questione degli alloggi in costruzione nei Territori, sui quotidiani italiani di oggi, 12/08/2013, sono usciti esclusivamente articoli critici (Udg sull'Unità, Alix Van Buren su Repubblica, Francesca Paci sulla Stampa).
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA, a pag. 23, l'articolo di Davide Frattini dal titolo " Le abitazioni nelle colonie israeliane e i timori per il processo di pace ", perché leggermente meno critico.
Sulle precondizioni imposte dai palestinesi per i negoziati, pubblicheremo domani un'analisi di Angelo Pezzana.
Per ora sottolineiamo il fatto che un accordo di pace serio non può essere raggiunto se vi sono precondizioni che ne minano la credibilità.
Netanyahu non ne ha poste, Abu Mazen sì. Tra queste la liberazione di 104 criminali palestinesi condannati per atti di terrorismo.
Israele ha dovuto accettare per non essere accusata di voler mandare a monte i colloqui di pace.
Due pesi e due misure, come sempre.
Nei due link che seguono, ricordiamo le dichiarazioni di Abu Mazen che nessun quotidiano nè telegiornale italiano ha voluto pubblicare.
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=50226
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=50256

Ecco l'articolo di Davide Frattini:


Davide Frattini Abu Mazen
Il governo israeliano ha scelto i 26 nomi da inserire nella lista dei primi prigionieri arabi che verranno rilasciati. È un gesto che gli americani hanno chiesto al premier Benjamin Netanyahu per riavviare i negoziati con i palestinesi. Nelle stesse ore ha deciso di dare il via libera alla costruzione di quasi 1.200 alloggi tra Gerusalemme Est e la Cisgiordania. Un gesto che gli americani non hanno di certo chiesto a Netanyahu, anche se sono stati informati almeno due settimane fa.
Il quotidiano liberal israeliano Haaretz parla di «sabotaggio» («il governo farà qualunque cosa per deragliare le trattative»), eppure che il premier intendesse andare avanti con i permessi per questo migliaio di case lo sapevano un po' tutti. Netanyahu ne ha bisogno per placare i più oltranzisti tra i suoi ministri e ammorbidire l'opposizione nel suo partito. Ministri come Naftali Bennett, leader dei coloni, che considera la soluzione dei due Stati superata e la questione palestinese un disturbo tollerabile (l'ha paragonata ai frammenti di granata nel sedere sopportati da un suo commilitone). Colleghi nel Likud come Danny Danon e Zeev Elkin che minacciano di spaccare la coalizione, se si dovesse arrivare a un accordo di pace.
Le nuove abitazioni nelle colonie arrivano a tre giorni dalla ripresa ufficiale del negoziato, un calendario dettato dalle necessità della politica interna e non dai ritmi della diplomazia. Un tempismo sospetto che permette ai palestinesi di dire: «Vogliono spingerci a lasciare il tavolo delle trattative». Saeb Erekat, consigliere del presidente Abu Mazen, aveva già scritto settimana scorsa a John Kerry, segretario di Stato americano, per protestare.
I soldi pubblici per costruire alloggi negli insediamenti in Cisgiordania diventano anche una questione sociale per quegli israeliani che faticano a trovare appartamenti al di qua della Linea Verde. Fa notare Yair Lapid, che rappresenta i moderati nel governo: «Inconcepibile usare i fondi destinati alla classe media per mettere un bastone tra le ruote al processo di pace».
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