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La Stampa Rassegna Stampa
10.08.2013 Obama pronto a rivedere il Patriot Act per garantire la privacy dei cittatini
Sicurezza, addio.Cronache di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 10 agosto 2013
Pagina: 10
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Obama: con Putin è tornata la retorica anti-americana - Il retroscena. Dialogo con gli avversari, una scommessa che finora non ha pagato»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 10/08/2013, a pag. 10, gli articoli di Maurizio Molinari titolati " Obama: con Putin è tornata la retorica anti-americana " e " Dialogo con gli avversari, una scommessa che finora non ha pagato ".

Si rallegra delle decisioni di Obama Federico Rampini su Repubblica di oggi, in un articolo che può essere riassunto dalla sua prima frase, che recita "E alla fine Barack Obama ha detto una cosa di sinistra sul Datagate. «La difesa dei nostri interessi deve coincidere con il rispetto dei nostri valori».". Più che una cosa 'di sinistra' (per questo è piaciuta a Rampini e ai suoi colleghi di Repubblica?), Obama ha detto una cosa sinistra e basta, e cioè che è pronto ad allentare i controlli di sicurezza per favorire la privacy del cittadino. Un enorme favore ai terroristi.
Ecco i due pezzi:

" Obama: con Putin è tornata la retorica anti-americana "


Maurizio Molinari

Barack Obama affonda i colpi contro Vladimir Putin e promette la riforma del sistema di sorveglianza elettronica: assediato dalla critiche, con la popolarità scivolata al 45% e obbligato dal caso Snowden a cancellare il summit di Mosca, il presidente Usa va al contrattacco con una conferenza stampa dalla East Room.

L’intento di Obama è affrontare gli aspetti più spinosi della vicenda innescata dalla fuga dell’ex analista dell’intelligence Edward Snowden. Anzitutto il rapporto con la Russia che ha scelto di dargli asilo temporaneo negandone la restituzione agli Usa. «C’è sempre stata una certa tensione fra Stati Uniti e Russia dalla fine dell’Urss – esordisce Obama – ma quando il presidente era Medvedev le cose andavano bene». Il riferimento è ai «progressi sul disarmo, la collaborazione sull’Afghanistan e nelle sanzioni all’Iran». I problemi per Obama sono legati al ritorno di Putin al Cremlino: «Da quando n è di nuovo alla presidenza è ricorso spesso a retorica e stereotipi vecchio stile, spero che riuscirà a guardare in avanti». Il problema non è la Russia, lascia intendere Obama, ma Putin. E a dimostrarlo è il fatto che «l’asilo a Snowden è solo l’ultimo degli episodi perché in precedenza avevamo avuto disaccordi su Siria e diritti umani». Da qui il riferimento ai diritti dei gay, negati in Russia da una legge promulgata da Putin in giugno. «Sono contrario a boicottare i Giochi di Soci» dice Obama, precisando che «nessuno è più offeso di me dalla legislazione anti-gay in Russia». «Il fatto che la Russia non ha atleti gay e lesbiche rende i loro team più deboli, spero che i nostri atleti gay e lesbiche vincano delle medaglie» aggiunge Obama, con un linguaggio che evoca la vittoria del velocista afroamericano Jesse Owens alle Olimpiadi di Berlino del 1936.

Accennate o palesi le bordate contro Putin sono in rapida sequenza. «Abbiamo grandi capacità di sorveglianza elettronica ma a differenza di alcuni dei Paesi che ci criticano non mettiamo in prigione chi esprime le proprie idee sul web» dice Obama, che descrive Putin così: «A volte somiglia a quei ragazzi in fondo alla classe». Insomma, è poco socievole. «Non ho un rapporto cattivo con Putin - aggiunge - ma spero che scelga di avere un nuovo approccio, è nel suo interesse, deve decidere dove portare la Russia, se vuole avanzare l’economia». A cominciare dal prossimo G20 a San Pietroburgo, dove Obama andrà.

La controffensiva del presidente investe anche Snowden, perché Obama annuncia quattro provvedimenti destinati ad «aumentare la trasparenza della sorveglianza elettronica». «Avevo auspicato questa riforma ben prima del caso Snowden ma ora siamo obbligati a parlarne in una cornice più emotiva» dice, tradendo una certa amarezza, per poi specificare i quattro passi previsti: riforma del sistema di sorveglianza delle telefonate «per evitare abusi» e delle Corti federali sulla sicurezza «per bilanciare sicurezza e privacy» e revisione del Patriot Act. Inoltre la Nsa renderà «il più possibile pubblici» i programmi e una task force di esperti redigerà entro l’anno un rapporto sulle «tecnologie da cambiare». «Snowden non è un patriota» conclude Obama, ma ha innescato la riforma che la Casa Bianca voleva. «E se vuole può venire in un tribunale americano a difendersi con un avvocato».

" Il retroscena. Dialogo con gli avversari, una scommessa che finora non ha pagato "


Barack Obama

Dall’arrivo alla Casa Bianca Barack Obama ha scommesso sul dialogo con gli avversari per distinguere la presidenza ma i risultati sono stati finora scarsi, esponendolo al fuoco incrociato di Congresso e grandi media. La base dell’approccio di Obama è nel discorso di insediamento che pronuncia il 21 gennaio 2009, quando si rivolge a «coloro che sono dalla parte sbagliata della Storia», promettendo: «Tenderemo la mano se aprirete il vostro pugno».

La proposta è rifondare i rapporti «su mutuo interesse e reciproco rispetto». Obama al Cairo offre una svolta all’Islam, a Mosca propone il «reset» bilaterale e a Pechino una «partnership globale». Il linguaggio del corpo è parte dell’offensiva. Obama sorride mentre a Trinidad, stringendo la mano al venezuelano Hugo Chavez, dice «ho molto da imparare» e, durante il G8 all’Aquila, ripete il gesto con il colonnello libico Gheddafi, evitando però dichiarazioni.

Duella con il Congresso per far tornare a Damasco un ambasciatore Usa, affidando al prescelto Robert Ford il compito di spingere Bashar Assad ad accelerare le riforme e scommette su Raul Castro abolendo le restrizioni ai viaggi a Cuba dei cittadini americani. Lo slancio verso gli avversari è strategico, coinvolge l’intera amministrazione e punta a trasmettere l’immagine di un’America diversa da quella di George W. Bush che duellava sull’Iraq con la comunità internazionale.

I risultati di tale approccio durante il primo quadriennio sono però scarsi e dalla rielezione le conseguenze negative prendono il sopravvento. Mosca non ha accettato il «reset» perché comportava una versione dello scudo antimissile non gradita a Vladimir Putin, poi sono arrivati il disaccordo sull’intervento in Libia, lo scontro sulla Siria e le frizioni su adozioni di orfani e diritti gay, fino allo smacco dell’asilo politico a Edward Snowden.

Per Chuck Schumer, influente senatore democratico, Mosca «ci pugnala alla schiena» e Obama subisce. Con Pechino non è andata meglio perché la promessa di «partnership globale» a Hu Jintao si è arenata sulle denunce di massicci attacchi cibernetici cinesi subiti da istituzioni e imprese Usa. Fino al sospetto del capo della Commissione Sicurezza Interna della Camera Pete King che l’intelligence cinese abbia orchestrato la fuga di Snowden per indebolire Obama in coincidenza con l’arrivo al potere di Xi Jinping. In Venezuela Chavez ha ripagato le aperture con accuse di golpismo e il successore Nicolas Maduro segue lo stesso copione mentre a Cuba Raul Castro ha congelato i colloqui segreti appena si è accennato alla liberazione dei dissidenti.

Ma è in Medio Oriente che i boomerang sono stati più numerosi. Ford, arrivato a Damasco per dialogare con Assad, è diventato testimone e sostenitore di una rivolta per rovesciarlo che ha messo in difficoltà una Casa Bianca a lungo esitante sulla scelta di armare i ribelli. Esponendosi agli affondi dei repubblicani e perfino di Bill Clinton, che ha evocato l’errore di non intervenire in Ruanda nel 1993. In Egitto il «mutuo rispetto» ha portato Obama a dialogare con i Fratelli Musulmani dopo la caduta di Mubarak - su consiglio di Turchia e Qatar - ma quando la rivoluzione è continuata contro il governo islamico, la Casa Bianca è stata colta di sorpresa.

A ben vedere l’unicotassello della strategia originale che ancora resiste è l’Iran: dopo aver chiesto in più occasioni e senza esito ad Ali Khamenei trattative dirette sul nucleare l’arrivo di Rohani alla presidenza fa sperare a Obama di aver trovato un interlocutore.

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