Turchia: il regime censura, imprigiona e minaccia i giornalisti un editoriale che dedichiamo a chi si batte per il suo ingresso in Europa
Testata: Il Foglio Data: 08 agosto 2013 Pagina: 3 Autore: Editoriale del Foglio Titolo: «Le purghe di Erdogan»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 08/08/2013, a pag. 3, l'editoriale dal titolo "Le purghe di Erdogan".
Dedichiamo questo editoriale a Emma Bonino, Ministro degli Esteri italiano, che continua a sostenere l'ingresso della Turchia in Europa.
Ergenekon è il nome di una valle leggendaria, culla del popolo turco e luogo di fondazione della sua cultura. Nel 2004 un gruppo di generali e influenti cittadini turchi, tra cui l’ex capo dell’esercito, volle chiamare con il nome della valle primigenia un piano di destabilizzazione violenta della Turchia per la destituzione del premier Recep Tayyip Erdogan. Questo almeno secondo le accuse del governo, che nel 2007 sventò il piano e fece arrestare più di 300 persone, istruendo un anno dopo un processo che è arrivato a sentenza lunedì. Il processo fu inizialmente salutato come la rivincita della Turchia democratica sui militari, ma cinque anni di irregolarità giudiziarie e abusi lo hanno trasformato nella vendetta esemplare dell’islamico Erdogan sui suoi oppositori politici. Lunedì la Corte penale di Istanbul ha condannato 275 imputati, molti dei quali all’ergastolo. Tra questi, 23 sono giornalisti, condannati a pene comprese tra i 6 e i 34 anni. Quella del processo Ergenekon è solo l’ultima delle intemperanze di Erdogan contro l’informazione. Le proteste dei mesi scorsi a piazza Taksim hanno attirato l’attenzione internazionale sulla “più grande prigione per giornalisti del mondo”, secondo Reporter senza frontiere. Martedì la giornalista curda Zeynep Kuray ha ricevuto un premio per la libertà di stampa dall’associazione della stampa americana. Kuray è uscita di prigione a maggio, dopo che le sue inchieste dal Kurdistan le erano costate una pretestuosa condanna a 18 mesi. Il 19 luglio Yavuz Baydar, giornalista di Sabah, uno dei maggiori quotidiani del paese, ha espresso sul New York Times la sua preoccupazione per lo stato “vergognoso” della stampa turca. Pochi giorni dopo Baydar ha ricevuto dal suo editore una lettera di licenziamento. Sabah, insieme all’altro grande giornale turco, Milliyet, sta vivendo da mesi un’ondata di licenziamenti o dimissioni forzate sulla spinta di editori abituati all’autocensura e oggi preoccupati di contrariare il governo in un periodo di proteste di piazza. A Taksim sarebbero stati più di 100 i giornalisti sottoposti ad arresto temporaneo, molti avrebbero ricevuto minacce e botte. Poi sono arrivate le purghe: circa 60 giornalisti impegnati nella copertura delle proteste sono stati licenziati o costretti alle dimissioni negli ultimi due mesi.
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