Riportiamo da LIBERO di oggi, 06/08/2013, a pag. 14, l'articolo di Antonio Panzeri dal titolo " Europa grande assente dal tavolo di pace fra Israele e Palestina".
Antonio Panzeri
Panzeri vede con eccessivo ottimismo l'andamento dei negoziati fra Israele e palestinesi. In ogni caso ritiene che, se qualcosa dovesse andare storto, sarà responsabilità del governo Netanyahu. Il terrorismo palestinese, la mancanza di garanzie offerte dal 'negoziatore' palestinese, le dichiarazioni di Abu Mazen, questi non sono ostacoli.
Non è ben chiaro, poi, per quale motivo l'Europa dovrebbe avere un ruolo più importante nell'ambito dei negoziati. Forse per affossarli meglio?
Per comprendere meglio la farsa dei negoziati, invitiamo a leggere la 'Cartolina da Eurabia' di Ugo Volli del 04/08/2013 (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=50147).
Ecco il pezzo:
Sono trascorsi tre anni da quando i colloqui di pace fra Israele e Palestina si sono interrotti. Pochi giorni fa, a Washington, si è tenuto l’incontro preliminare alla ripresa dei negoziati. Un obiettivo raggiunto dopo un paziente lavoro diplomatico da parte del Segretario di Stato americano John Kerry, che si è detto molto soddisfatto del risultato di questo primo appuntamento. Le informazioni emerse sono ancora frammentarie, ma danno tutta la misura delle difficoltà che i negoziatori dovranno affrontare nei prossimi mesi. Le due parti in causa si sono date 9 mesi di tempo per raggiungere una conclusione. La prima parte del negoziato dovrà limitarsi a gettare le basi di un accordo generale escludendo dalla discussione le questioni storicamente più spinose: quella dei profughi e quella dei confini. Le due delegazioni - quella israeliana capeggiata dal Ministro della Giustizia Tzipi Livni, quella palestinese guidata dal diplomatico Saeb Erekat - portano al tavolo la volontà di confrontarsi per il bene comune,ma anche uncarico di veti incrociati che potrebbero compromettere l’esito della trattativa. Primo su tutti la questione delle colonie.
Il governo Netanyahu comprende al suo interno anche il partito di destra Focolare Ebraico; ebbene, la contropartita per ottenere il voto favorevole della Knesset alla liberazione di 104 prigionieri palestinesi pare sia stata la concessione di nuovi insediamenti nei territori occupati. È evidente, dunque, che le dinamiche interne al governo influenzeranno notevolmente l’esito dei negoziati. Ma la parte in assoluto più difficile - lo ha rilevato anche Haaretz, quotidiano israeliano fra i più aperti nell’affrontare la questione - riguarderà la capacità, da parte dell’opinione pubblica di entrambele parti, di rivedere antichi preconcetti e di entrare fino in fondo nella logica del negoziato.
Un’operazione tanto più difficile se si pensa che il conflitto israelo-palestinese è spesso stato utilizzato internamente a fini politici per il raggiungimento del consenso. Ciò è avvenuto sia in Israele che in Palestina, facendo leva su paure e risentimenti reciproci. Oggi, però, le classi dirigenti di entrambe le parti devono essere consapevoli che questa rischia di essere una delle ultime occasioni per trovare una soluzione condivisa che permetta a questi due popoli di convivere in maniera pacifica. Il difficile contesto del medio oriente e del Nord Africa rende evidente l’urgenza di una risoluzione a questo focolaio di conflittualità. Non possiamo quindi che augurare che questi negoziati siano affrontati con la massima responsabilità e producano il migliore esito possibile. Anche se spiace constatare che l’Europa, anziché partecipare da protagonista a quel tavolo, abbia un semplice ruolo di osservatrice.
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