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La Stampa Rassegna Stampa
05.08.2013 Aggiornamenti sulla situazione in Egitto
cronaca e intervista a Tawakkul Karman di Francesca Paci

Testata: La Stampa
Data: 05 agosto 2013
Pagina: 13
Autore: Francesca Paci
Titolo: «Islam e nazionalismo la ricetta dei generali per il nuovo Egitto - Cacciata perché sto con Morsi»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 05/08/2013, a pag. 13, l'articolo di Francesca Paci dal titolo " Islam e nazionalismo la ricetta dei generali per il nuovo Egitto ", la sua intervista a Tawakkul Karman dal titolo " Cacciata perché sto con Morsi".
Ecco i pezzi:

" Islam e nazionalismo la ricetta dei generali per il nuovo Egitto "



Abdel Fattah el Sisi

La chiave per capire fin dove si spingerà la sfida dell’esercito egiziano ai Fratelli Musulmani è l’uomo che la guida, la nuova icona di Tahrir, il generalissimo che il 3 luglio ha deposto quello stesso presidente Morsi con cui si era congratulato via telegramma e dalle cui mani aveva ricevuto l’eredità dell’esautorato Tantawi. Il finora defilato Abdel Fattah el Sisi pareva un buon garante del primo voto democratico post Mubarak. E non solo per il ruolo di pontiere svolto dopo la rivoluzione tra caserme e moschee. Classe 1954 e rappresentante della nuova generazione d’uniformi meno associata al vecchio regime, devoto al punto da citare il Corano nei suoi discorsi (si dice che la moglie o una delle figlie indossi il niqab), militare di carriera formatosi nell’intelligence in Sinai e perfezionatosi al Us Army War College della Pennsylvania nel 2005 con una tesi sul rapporto tra potere civile e militare intitolata «Democracy in the Middleast», il neo ministro della Difesa paragonato a Nasser ha sempre sostenuto di volere i soldati lontani dalla politica. Oggi, mentre i giudici del Cairo fissano al 25 agosto il processo contro i capi della Fratellanza Badie e el-Shater, il sito israeliano «Debka» ipotizza l’annuncio imminente di una sua candidatura alla presidenza. Lo farà? Lui l’ha negato nell’intervista al «Washington Post» in cui accusa Obama di aver voltato le spalle agli egiziani, ma fonti insider sibilano che «nulla glielo impedirebbe».

Di certo el Sisi è l’uomo più potente del paese e un sondaggio di Zogby accorda all’esercito il 94% del consenso (il 60% dei liberal lo vuole tutore di questa fase turbolenta perdonandogli la difesa dei test di verginità imposti dai militari alle attiviste nel 2012). Voci vicine ai Fratelli Musulmani citano a prova del «complotto» i suoi contatti con tutti gli attori nazionali avversari di Morsi, i pranzi con i poliziotti in sciopero contro il presidente, il cibo donato all’università al Ahzar dopo i casi di avvelenamento, colloqui mai confermati coi rivoluzionari di Tamarod. Fonti dell’esercito invece raccontano un distacco graduale di el Sisi dai Fratelli: la cerimonia di ottobre per la guerra del Kippur in cui dovette sedere accanto all’assassino di Sadat, Tarek al Zomor ospite di Morsi, la partecipazione del presidente al meeting di giugno sulla Siria inneggiante al jihad e la sua sicurezza nel sostegno Usa nel momento del golpe.

Ora però, la tattica deve diventare strategia. El Sisi, il generale che si alza alle 5, lo sa, e oltre a telefonarsi «quasi ogni sera» col segretario alla Difesa Usa Hagel, con cui condivide «i modi diretti», ha ricevuto il vicesegretario di Stato Usa Burns e avviato colloqui informali con politici islamisti per negoziare la fine senza violenza delle proteste. Tahrir è con lui, ma all’inizio era anche con Morsi.

" Cacciata perché sto con Morsi "


Francesca Paci          Tawakkul Karman

Questa è la dimostrazione che, molto spesso, i Nobel per la Pace vengono assegnati alle persone sbagliate.
L'Egitto, che si è appena liberato di una dittatura islamica, non aveva certo bisogno di una propagandista dei Fratelli Musulmani come Tawakkul Karman.
Ecco l'intervista:

Signora Karman, ha ricevuto il Nobel per la pace per il suo attivismo nella primavera yemenita e non la lasciano entrare al Cairo. Cosa è successo?

«Avevo annunciato che avrei partecipato al sit-in di sostegno al deposto presidente egiziano Morsi in Rabaa Al-Adawiya, ma quando sono scesa dall’aereo proveniente dallo Yemen le autorità non mi hanno lasciato passare, dicendomi soltanto che dovevo ripartire subito e che io sapevo il perché. Hanno ragione, conosco bene il motivo per cui sono dovuta tornare a Sana’a».

Qual è? Ce lo spieghi.

«Non vogliono ascoltare la verità e silenziano tutte le voci che denunciano il colpo di stato, compresa la mia. Hanno paura. La democrazia e diritti umani in Egitto sono in pericolo e io, anziché tacere, mi rivolgo alla comunità internazionale perché intervenga in difesa dei valori della rivoluzione del 25 gennaio».

Proverà ancora a raggiungere il Cairo?

«Certo. La protesta di Rabaa Al-Adawiya non si smorzerà, andrà avanti fino alla vittoria e io li sosterrò anche dall’esterno perché sono molto preoccupata. Il colpo di stato dei militari guidati dal generale el Sisi è una sfida alla rivoluzione egiziana e a tutta la primavera araba».

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