Il biglietto del teatrino
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
a destra, Abu Mazen chiede : "Perché non siete a favore di uno Stato Palestinese ?"
Cari amici,
per una volta voglio raccontarvi una storia araba, tratta se non sbaglio dalle "Mille e una notte". Il miglior taverniere di Baghdad notò una volta che un poveraccio sostava davanti alla sua cucina, intingendo, per così dire, il suo povero pane nei vapori appetitosi che ne uscivano. Pretese allora un pagamento per quest'uso di ciò che usciva dalla sua proprietà ed era per natura pubblico, ma un saggio sultano gli assegnò come ricompensa non delle moneta, ma il loro suono.
Si possono trarre tante morali da questa storia, ma a me interessa solo quella più semplice: non si paga un bene che è realmente di tutti, come l'aria.
O come la pace. Che cosa c'è di più universale della pace? Fra persone perbene, o almeno normali, la pace dovrebbe essere interesse di tutti e ognuno dovrebbe lavorare per raggiungerla, senza altre ricompense che la pace stessa, o la sua speranza. Siete d'accordo, cari pacifisti? Bisogna lavorare per la pace, negoziare per la pace, rischiare per la pace come un valore in sé, un imperativo incondizionato, un bene assoluto. Senza pretendere niente in cambio.
Be', se scendiamo dal cielo della filosofia, o dal teatrino orientalista delle "Mille e una notte", purtroppo le cose sono un po' diverse. Prendiamo le trattative più o meno ricominciate fra Israele e Anp. Tutti ci raccontano che sono molto buone, proprio perché avvicinano alla pace. Al massimo i commentatori più accorti dicono che è un nobile tentativo che ha pochissime probabilità di realizzarsi, vista la rigidità della parte araba a richiedere cose che Israele non può concedere senza commettere suicidio: le "frontiere di Auschwitz" (come qualcuno, se non sbaglio Trigano, ha battezzato le linee pretese dall'Anp), il ritorno dei pronipoti di chi è scappato nel '48, tutta Gerusalemme Est ecc.).
Non parliamo di questo ora, è un argomento su cui dovremo tornare spesso. Occupiamoci invece del profumo della pace e del pagamento richiesto non per ottenerla, ma solo per poterla desiderare. Sapete di che cosa parlo. L'Anp ha preteso un biglietto, una sorta di compenso per accettare di sedere al tavolo delle trattative: la liberazione di un centinaio e passa di ergastolani. Non prigionieri politici o di opinione, badate, gente che ha sangue sulle sue mani, che ha ammazzato passeggeri di un autobus o avventori di un ristorante, o passanti in un mercato, o ha organizzato, portato le bombe, diretto queste azioni spaventose. E' gente che è in galera da parecchio tempo, proprio per la gravità dei suoi crimini, che sono stati processati e condannati da corti regolari, in pubblici processi.
nell'immagine grande, i negoziati.
Nelle foto piccole, vittime israeliane di attentati palestinesi. I loro assassini potrebbero essere rimessi in libertà
Anche di questo, dei dettagli della carriera di questi assassini professionisti e del fatto che essi siano retribuiti dall'Anp (usando per questo gli aiuti internazionali) in proporzione alla gravità della loro condanna e dunque del loro crimine, non voglio occuparmi oggi. Quel che conta è che la loro liberazione è un prezzo che l'Anp ha chiesto e che Kerry ha avallato con tutto il peso degli Stati Uniti per dare inizio alle trattative (o pre-negoziati che siano). E' così chiaro il carattere di prezzo di queste liberazioni che esse avverranno a rate, di modo che l'onestà da suk di Mahmoud Abbas e compagni non li induca a incassare il biglietto e smontare il teatrino subito dopo. I primi 26 prigionieri saranno liberati il 13 agosto, in corrispondenza con la prima seduta delle due delegazioni, che si terrà in Israele nella seconda settimana del mese, gli altri pian piano nel seguito. (http://www.jpost.com/Diplomacy-and-Politics/Erekat-Livni-Israel-to-release-first-of-Palestinian-prisoners-by-mid-August-321933 ).
Da questa storia, che i giornali europei pudicamente non raccontano o accennano velocemente, si ricava l'interesse per la pace della parte araba, che infatti nelle sue trasmissioni televisive domestiche lo proclama apertamente: le trattative non portano alla pace, ma a una tregua come quella che Maometto contrasse a un certo punto della sua carriera politica, quando era debole, con i nemici della Mecca e che annullò con un pretesto appena si sentì abbastanza forte per vincere:
http://palwatch.org/main.aspx?fi=157&doc_id=9401. Splendido esempio di lealtà araba. E si ricava anche che la parte israeliana paga un prezzo, che può essere anche molto pesante (in genere buona parte dei terroristi liberati per qualunque ragione ricomincia subito a fare il loro sporco lavoro), per ottenere le trattative. Nessun giudice l'ha ordinato, perché un giudice giusto direbbe che la pace va cercata in cambio della pace, ma Obama vuole questo teatrino, pronto a indicare Israele (non i palestinesi) come nemico della pace se non accetta di pagare il biglietto per le trattative.
Ma perché non si chiede un biglietto anche all'Anp? Non ha niente da dare, si dirà, non ha terroristi israeliani nelle sue mani. Già, perché Israele i suoi violenti se li arresta da sé e li processa. Ma l'Anp potrebbe almeno cessare di indottrinare i suoi bambini all'odio antisemita (come del resto si era impegnata a fare a Oslo, e non ha mai rispettato l'impegno: http://blogs.timesofisrael.com/generation-hate-the-indoctrination-of-palestinian-children/ ). Oppure potrebbe far smettere i suoi di dissacrare i luoghi santi dell'ebraismo come accade continuamente e di recente ancora alla grotta dei patriarchi (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/170545#.Uf3_ApJ7KWY ), magari per negare poi il legame degli ebrei con la terra di Israele.
No, non si chiede. I palestinesi non sono interessati alla pace, non sono disposti a convivere pacificamente con gli ebrei anzi vogliono che il loro stato, se mai nascerà, sia completamente Judenrein, privo di ebrei (http://www.commentarymagazine.com/2013/07/30/abbas-arabs-in-israel-no-jews-in-palestine-peace-process/ ) e pensano che la pace, o la tregua, che eventualmente si concluderebbe, debba essere solo un passo per chiedere di più, fino alla completa distruzione di Israele (http://calevbenyefuneh.blogspot.co.il/2013/08/a-bit-more-and-bit-more-if-only-israel.html ).
E' giusto allora che sia Israele a pagare il biglietto della pace, perché agli israeliani la pace interessa, vogliono vivere e prosperare, non fare la guerra. Quel che non è giusto è che in Europa siano rimproverati loro e non gli arabi come ostacolo alla pace. Ma anche questo ci sta, fa parte del tradizionale antisemitismo di questo continente, nelle sue diverse varianti comunista e fascista, cattolica e laica. Quel che non è giusto davvero è che il biglietto pagato non servirà alla pace, ma a un teatrino, in cui l'Anp cercherà in ogni modo il pretesto di sganciarsi, dopo aver incassato il prezzo. E tutto ricomincerà da capo.
Ugo Volli