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Il Foglio Rassegna Stampa
31.07.2013 Egitto: il 'fascismo religioso'
Paola Peduzzi intervista l'ambasciatore egiziano a Roma

Testata: Il Foglio
Data: 31 luglio 2013
Pagina: 1
Autore: Paola Peduzzi
Titolo: «L'Egitto contro il 'fascismo religioso'»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 31/07/2013. a pag.1, l'intervista di Paola Peduzzi all'ambasciatore egiziano a Roma Amr Helmy, dal titolo " L'Egitto contro il 'fascismo religioso' "

Amr Helmy

Roma. In Egitto è in gioco l’identità del paese contro “il fascismo religioso” dei Fratelli musulmani, dice al Foglio l’ambasciatore egiziano in Italia, Amr Helmy, l’occidente dovrebbe esplicitare una posizione chiara e sostenere questa trasformazione, “il progetto dell’occidente con i Fratelli musulmani è fallito”. Helmy ha i toni affabili di un diplomatico di lungo corso – quello in Italia è il suo ultimo incarico, ci dice la sua segretaria, aspettando l’ambasciatore in una delle sale della splendida sede di Villa Savoia a Roma – ma quando si parla del governo dei Fratelli musulmani non risparmia parole dure. “La credibilità dell’islam al potere non è più garantita – dice – e quel che sta accadendo in Egitto finirà per avere ripercussioni su tutta la regione”. Tunisia? “Non soltanto, non mi piace fare nomi, ma state ben attenti a quel che accade in Turchia”. In realtà ad Ankara l’islam al potere è piuttosto solido, per quanto controverso e contestato, ma dieci anni di stabilità economica – di boom, addirittura – risollevano il bilancio di quell’esperienza. “Ma tutto finisce” quando l’identità e la cultura di un paese vengono stravolti, certamente così è per i Fratelli musulmani in Egitto, che hanno dato prova misera di gestione del potere. Un anno è un po’ poco per giudicare una forza politica che conosce soltanto come si fa opposizione, non come si sta al governo, ma l’ambasciatore non è d’accordo, dice che se si fosse trattato di un giudizio sulle scelte politiche o economiche del presidente Mohammed Morsi, un margine di confronto ci sarebbe stato. Ma qui la questione è diversa, “è stata assediata la Corte costituzionale per tre mesi, la stessa sorte è toccata alla Media Production City che ospita molti canali televisivi privati, ci sono stati attacchi contro al Azhar, roccaforte del vero islam, contro i copti e la sede del Papa, per non parlare delle violazioni dei diritti delle donne, di quelli dei ragazzini persino. Hanno cambiato i libri di scuola, lo sa? Se prima si studiava ‘Mohammed gioca con George’, ora George non c’è più, c’è Abdul. Il ministro della Cultura come prima cosa ha ordinato la chiusura dell’Opera House”. Contro questo “fascismo religioso”, sono andati a protestare 25 milioni di egiziani, il 30 giugno, “25 milioni E voi lo vorreste definire ‘golpe’?”. “Voi” sarebbero i media occidentali, che vogliono distorcere la realtà, che vedono soltanto un duello di poteri, l’esercito contro la Fratellanza, e dimenticano il popolo egiziano. “Non c’è stato un colpo di stato, c’è stato un impeachment, voluto da 25 milioni di persone. Si poteva ignorare?”. Ignorare certo no, ma prendere il presidente eletto e portarlo via, chiuderlo non si sa dove, e iniziare una guerra di piazze in cui ci sono già almeno 150 morti ha un po’ l’aria del golpe, no? “Ma c’è un governo di tecnici, non è mica l’esercito a guidare il paese!”, sbuffa Helmy: intende quel governo che invita alla calma su Twitter, ma la forma è salva. Quindi se si liberasse Morsi, come ha chiesto ieri la Francia per la prima volta in modo ufficiale, un altro pezzetto di forma tornerebbe al suo posto? “Non si capisce perché tutte queste insistenze su Morsi. Una delegazione di avvocati è andata per trovarlo e lui si è rifiutato di incontrarla; lunedì sera la capa della diplomazia europea, Catherine Ashton, l’ha visto, ha detto a tutti che sta bene, che cos’altro volete? Hosni Mubarak è dietro le sbarre e nessuno dice niente, tutti a chiedere di Morsi”. Sarà che per buona parte dell’occidente la sua liberazione è un passo verso la pacificazione, ma di nuovo: “Voi non capite, voi non volete ammettere che la scommessa sui Fratelli musulmani è persa, non saranno più la carta vincente in Egitto”. “L’ostinazione dell’occidente” nel difendere i Fratelli musulmani non è soltanto sbagliata – “il popolo vuole ripristinare l’identità culturale, civile e politica dell’Egitto” – ma è anche controproducente: “Ne va della vostra credibilità in tutta la regione (‘vostra’ è ormai riferito solo a noi: a questo punto dell’intervista è chiaro che siamo propaganda occidentale fatta e finita), il popolo egiziano va difeso nella sua seconda rivoluzione”. Questa seconda rivoluzione è violenta, le testimonianze video dell’ultima mattanza, quella di sabato mattina in cui sono morte circa 70 persone, per lo più islamisti, sono tremende: colpi in faccia, agli occhi, al collo – colpi intenzionati a uccidere. Ma nella versione dell’ambasciatore, i primi a cominciare sono sempre loro, i Fratelli musulmani. Provocano.I Fratelli musulmani “arrivano con i bastoni, con i sassi, con le molotov, provocano, e poi gli altri sono costretti a reagire – dice l’ambasciatore Helmy – E’ il popolo egiziano che reagisce, ben più dei poliziotti o dei soldati”. Quegli spari in faccia non sembrano opera di un civile, ma puntualizzare non serve molto. Così come non serve parlare della difesa dei diritti umani che pure sotto la dittatura di Mubarak non è che fosse tra le priorità, o della fretta con cui il governo della Fratellanza è stato liquidato (ancora più inutile è riparlare di Morsi, le nostre preoccupazioni lo fanno sorridere). Non sarà facile, ma un governo di transizione e d’unità c’è (ma mancano i Fratelli! “Ma sono loro che non vogliono dialogare”), poi bisogna pensare alla Costituzione ed entro tre o quattro mesi ci saranno le parlamentari, poi le presidenziali. Quanto passerà, un anno? “Meno”, dice Helmy sicuro. Così come è sicuro quando dice che “sta nascendo un nuovo Egitto”, basato sull’identità culturale degli egiziani – che Morsi voleva stravolgere, ma non gli è stato permesso – ma proiettato verso il futuro, “fatto da quei liberali che ora vanno nelle strade a protestare contro il governo della Fratellanza”. Sulla parola “liberali” il cuore della propaganda occidentale – cioè il nostro – si placa un pochino. “C’erano vecchine con la bandiera in mano alle manifestazioni di venerdì, guardavano dal marciapiede, voi non le avete viste, così come non avete guardato bene chi c’era in piazza il 30 giugno, chi sono quei 25 milioni di persone”, dice Helmy. Non eravamo voltati da un’altra parte, a dire il vero, è che i liberali in Egitto erano quelli che sono stati battuti da tutti, alle ultime elezioni, una forza inesistente, divisa, che piaceva giusto ai media internazionali. Detto malamente: i liberali non esistono, in Egitto. “Erano divisi, ma l’esperienza con gli islamisti ha fatto capire molto a molti”. Nell’Egitto che verrà, dice Helmy, non ci saranno i militari, non ci saranno spari in piazza, la Fratellanza tornerà a qualche genere di dialogo. Non è l’èra Mubarak che ritorna, è un Egitto moderno che nasce. E questa, strano a dirsi, non è la nostra fiera propaganda occidentale.

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