Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 31/07/2013, a pag.16, con il titolo "Nove mesi per un accordo in Medio Oriente", l'articolo di Maurizio Molinari.
Facciamo notare, visto che viene spesso invocata in tutte le analisi la "buona volontà" delle parti, come si deve giudicare l'affermazione di ieri di Abu Mazen, non proprio l'ultimo venuto " non ci sarà nemmeno un singolo ebreo nel futuro Stato di Palestina" ? Frase non nuova, ma il fatto di averla ripetuta proprio ieri ci pare degno di nota, visto che nel duro della situazione viene sempre indicato Netanyahu. 'Judenrein' ? caro Abu Mazen ? Suona famigliare ?
Erekat, Kerry, Livni Maurizio Molinari
Ecco il pezzo di Maurizio Molinari:
Israele e palestinesi concordano di raggiungere entro 9 mesi l’accordo che pone fine al conflitto e provano a riuscirci con la formula dei negoziati segreti. Al termine di 36 ore di colloqui a Washington è il Segretario di Stato, John Kerry, a dire che «sul tavolo c’è l’obiettivo di raggiungere l’intesa sullo status finale entro 9 mesi» esprimendo la convinzione che «è arrivato il momento di una pace duratura per porre fine alle recriminazioni ». Le altre intese raggiunte riguardano il metodo del negoziato e Kerry le riassume così: «Le parti concordano di iniziare i colloqui fra due settimane mantenendo i dettagli segreti, nessuna notizia dovrà essere considerata valida se non viene dal mio ufficio, gli Stati Uniti lavoreranno senza sosta per facilitare ogni passo». In questa maniera Kerry vuole scongiurare il rischio di fughe di notizie e corti circuiti nei due campi, dove i rispettivi leader Benjamin Netanyahu e Abu Mazen sono sottoposti a forti pressioni contro l’intesa. «Il compromesso si raggiunge non solo rinunciando a qualcosa - aggiunge il Segretario di Stato - ma accettando che tutti abbiano dei benefici». Il caponegoziatore palestinese Saeb Erakat esprime soddisfazione perché «tutte le questioni dello status finale sono sul tavolo» e al tempo stesso c’è un limite temporale alle trattative, come Abu Mazen aveva chiesto, mentre il ministro della Giustizia di Israele, Tzipi Livni parla di «una nuova opportunità creata che non deve andare perduta ». «Non dobbiamo discutere sul passato ma decidere sul futuro – aggiunge Livni – per trasformare un raggio di speranza in qualcosa di reale e durevole». Poco prima Kerry aveva accompagnato le delegazioni nello Studio Ovale dove Barack Obama ha sottolineato il «coraggio dimostrato da Benjamin Netanyahu e Abu Mazen» nel concordare la ripresa dei negoziati, dopo tre anni di interruzione, su sicurezza, confini, status di Gerusalemme e rifugiati. Rifacendosi al vocabolario di Obama, Livni termina la giornata assicurando che «non bisogna essere cinici ma realisti con la capacità di sognare». Il tono di tutti i protagonisti ha continuato tuttavia ad essere estremamente cauto nella consapevolezza dell’entità degli ostacoli che incombono: dall’opposizione di Hamas, che controlla la Striscia di Gaza, a qualsiasi intesa con Israele alla contrarietà di buona parte del governo Netanyahu a smantellare insediamenti in Cisgiordania come a dividere Gerusalemme. Il prossimo appuntamento si svolgerà in Israele o in Cisgiordania e a coordinarlo sarà Martin Indyk, negoziatore americano. Sperando di riuscire a conservare la segretezza sui contenuti dei colloqui.
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