Da quale remoto villaggio arriverà mai Francesco Mimmo, se confonde un poster con gli avvisi in inglese che i negozi, in tutto il mondo, quando annunciano una nuova apertura, scrivono " coming soon" ? Mimmo traduce " arrivo presto", attribuendolo a Bar Refaeli che reclamizza l'apertura di un negozio della catena israeliana Fox a Ramallah. La traduzione esatta equivale a "prossima apertura", non "arrivo presto" !
Mimmo, pur essendo poco pratico con l'inglese, è però molto attento a quando scrive dell'Anp, infatti precisa che Ramallah è "capitale amministrativa", nè esprime almeno stupore per la reazione di chi vuole gettare bombe sulle vetrine del negozio. Forse li ritiene solo biricchinate, niente di male, sono palestinesi, che diamine !
Con Bar Refaeli è invece severissimo, elenca puntuale che non ha fatto il servizio militare, che si è sposata e ha subito divorziato, che ha partecipato a campagne pubblicitarie promosse dal governo israeliano, ha fatto dichiarazioni in sostegno dell'esercito.
Questa è la realtà, invece di stigmatizzare la reazione violenta per l'apertura di un negozio israeliano a Ramallah (nella zona a totale gestione dell'Anp, per giunta) ecco che REPUBBLICA, giornale che si dichiara campione del dialogo israelo-palestinese, quando invece è schierato sempre dalla parte di questi ultimi, manda un inviato a conferma della propria linea, anche se non ce n'era alcun bisogno. Nessuno ha mai messo in dubbio la sua parzialità.
Ma uno un po' meno grossolanamente propagandista non potevano trovarlo ?
Dopo il pezzo di Mimmo, una nota a commento di Deborah Fait.
Ecco l'articolo, uscito oggi, 29/07/2013, a pag,22, con il titolo
"Il poster della discordia, i palestinesi boicottano la top model Bar Refaeli"
Il negozio FOX a Ramallah dopo l'apertura
Ecco una scritta "coming soon", che vuol dire "imminente apertura" non "arrivo presto", non è un "poster2 di Bar Refaeli !
"Arrivo presto" Bar Refaeli sorrideva promettente e sicura di sé su un poster pubblicitario. E forse la modella israeliana, icona di bellezza e charme, non si aspettava di essere respinta. Eppure è accaduto,a Ramallah, nei Territori occupati, dove il poster che annunciava l'imminente apertura di un negozio di abbigliamento è diventato obiettivo della rabbia e delle proteste dei palestinesi. La scritta "Coming soon" ha campeggiato infatti per due giorni su una vetrina di un centro commerciale di Ramallah. Era l'annuncio di Fox, una catena di moda israeliana per uomini, donne e bambini, affidato al volto che da anni le fa da testimonial. Ma quella pubblicità più che creare attesa ha provocato vibranti proteste sui social network e sulle radio palestinesi, sollevato anche il problema della traballante economia della Cisgiordania e rinfocolatole proteste contro lsraele. Tanto che all'improvviso il sorriso di Bar Refaeli è scomparso, con tutto il poster. Fox è una catena di abbigliamento con 135 negozi in Israele e 245 nel resto del mondo tra Asia ed Europa, con partecipazioni e accordi di distribuzione per marchi americani molto noti come Billabong e American Eagle. L'apertura annunciata a Ramallah, grazie a un accordo di franchising con un imprenditore locale, è la prima nei Territori. E non è stata accolta per niente bene. la radio Voice of Palestine ha cominciato subito a diffondere messaggi molto critici, con addirittura un ascoltatore che incitava a gettare bombe su quella vetrina. Il Comitato nazionale palestinese per il boicottaggio di Israele ha spiegato con chiarezza i motivi della protesta: «Fox ha negozi in diversi insediamenti e sostiene l'occupazione da parte di Israele; è una vergogna che proprio mentre in Europa cresce il boicottaggio, ci siano degli imprenditori palestinesi che aiutano Israele a fare affari a Ramallah».
Per la verità i prodotti Fox vanno alla grande anche tra i palestinesi e sono in vendita pure a Gaza. Ma un negozio esclusivo Fox non ha mai varcato la linea dei Territori. Sono molti i marchi che hanno deciso di puntare sulla capitale amministrativa della Cisgiordania scommettendo su una ripresa dell'economia dei Territori. Fox è uno di questi, da tempo si vocifera di un'apertura di Ikea, che ha già un suo punto vendita a Tel Aviv.
L'economia della Cisgiordania è strettamente legata a quella di Israele: 3,8 miliardi di beni e servizi arrivano ogni anno da Israele, secondo solo a Gran Bretagna e Cina. Ma è un canale a senso unico, secondo i palestinesi, che accusano anche il governo dell'Autorità palestinese di tollerare questa invasione commerciale che di fatto aumenta la dipendenza. E anche la scelta d Bar Refaeli non deve essere stata d'aiuto. La bionda modella —ospitedi Fazio e della Littizzetto a Sanremo, a febbraio scorso—ha partecipato a campagne promosse dal governo israeliano e si è espressa diverse volte con dichiarazioni di sostegno all'esercito (anche se ha evitato, tra molte polemiche, il servizio militare obbligatorio grazie a un matrimonio lampo terminato con un divorzio ancora più lampo). Non è chiaro cosa accadrà al negozio Fox. L'apertura era prevista per il mese prossimo e la compagnia l'ha confermato anche dopo la rimozione della pubblicità, lunedl scorso. Harel Wizel, comproprietario della Fox, ha spiegato al quotidiano Yedioth Ahronoth di non sapere nulla della pubblicità e che al momento il piano prevede l'apertura di un solo negozio. E le proteste dei palestinesi? «Non rivolgo troppa attenzione a questa vicenda»
Commento-nota di Deborah Fait:
Francesco Mimmo e’ davvero impareggiabile! Non sa l’inglese e questo per un “inviato” all’estero puo’ non essere una colpa ma e’ sicuramente un grave difetto e, cosa piu’ grave, non si prende la briga di verificare le notizie che dà. Arroganza? Forse ma credo che soprattutto si tratti di superficialita’ e certezza che chi legge ne sa meno di lui e beve tutto bovinamente. Scrivere che l’Ikea in Israele ha gia’ un suo punto vendita a Tel Aviv e’ una notizia non vera, alias menzogna. Ikea ha due punti vendita in Israele, uno a Netaniah, aperto 9 anni fa, e uno a Rishon le Zion inaugurato circa tre anni fa. Un terzo punto vendita sara’ aperto tra Haifa e Acco in un prossimo futuro. Quindi niente Ikea a Tel Aviv come il signor “coming soon” scrive. Bastava informarsi no? Estremamente semplice e soprattutto doveroso per evitare di diffondere bufale inutili e, in casi diversi da questo, molto dannose (vedi virus della poliomelite). Sono dettagli , e’ vero, sciocchezze nel caso specifico dell’Ikea, ma, se tanto mi dà tanto, dimostrano una cosa sola: non credere mai a quello che si legge su certi giornali.
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