Sul FOGLIO di oggi, 27/07/2013, a pag.3, con il titolo "Salvate Boroujerdi, l'ayatollah tollerante", l'appello in favore dell'ayatollah Hossein Kazemeini,
lanciato da Michael Ledeen.
Hossein Kazemeini Michael Ledeen
Pubblichiamo l’appello lanciato da Michael Ledeen nel suo blog “Faster, please” ospitato su Pajamas Media. Ledeen è uno storico e giornalista neoconservatore americano che ha lavorato al dipartimento di stato e al Pentagono e da sempre si batte per un regime change contro la dittatura in Iran.
Un uomo coraggioso e buono sta morendo. L’ayatollah Hossein Kazemeini Boroujerdi è imprigionato nella famigerata prigione di Evin a Teheran dal 2006. Spesso viene torturato, gli sono negate le cure mediche per le sue gravi malattie (compresi disturbi di cuore) ed è tenuto sotto ininterrotta sorveglianza dai funzionari del ministero dell’Intelligence. Questo tipo di trattamento è riservato agli iraniani che sono ritenuti una seria minaccia per il regime tirannico di Teheran. L’ayatollah Boroujerdi minaccia il regime per due ragioni sostiene la tolleranza nei confronti di tutti i credo, religiosi e no, e, in linea con la tradizione sciita, si oppone al coinvolgimento dei leader religiosi in politica. Anni fa disse che “il regime è convinto che o le persone aderiscono all’islam politico o saranno incarcerate, esiliate o uccise. Un comportamento non differente da quello di Osama bin Laden o del Mullah Omar”. Boroujerdi ha in più di un’occasione criticato la dottrina fondamentalista dello stato teocratico iraniano, e si è espresso con parole dure nei confronti dei temi più delicati nel mondo musulmano, compreso l’antisemitismo. Nel 2010 ha fatto gli auguri per Hanukkah agli ebrei di tutto il mondo, dicendo che “ogni credo religioso che ci porta più vicini alla Sorgente (Dio) è la verità. Questa forza porterà l’umanità all’illuminazione. In questo grande giorno celebriamo l’unità tra quanti credono nella luce di Dio”.Il regime non l’ha condannato a morte, temendo le proteste di piazza: rimane uno degli uomini più rispettati in Iran. Al tempo del suo arresto i suoi raduni pubblici erano così affollati che era costretto a tenerli negli stadi. Il regime avrebbe sicuramente preferito che morisse in prigione, così da potersi giustificare dietro ai suoi problemi di salute. Secondo la sua famiglia e i suoi sostenitori, l’ayatollah Boroujerdi è in condizioni critiche. Nel passato, i prigionieri nei campi della morte sono stati trattati meglio se i loro aguzzini erano coscienti dell’attenzione e della preoccupazione internazionali. La stampa popolare è piena di previsioni ottimistiche sul nuovo presidente iraniano, e un centinaio di membri del Congresso americano ha sostenuto una maggiore apertura nei negoziati tra America e Teheran. Dovremmo ormai aver capito che il modo in cui uno stato tratta i suoi cittadini è indicatore dei suoi comportamenti a livello internazionale. Il trattamento di uomini e donne come l’ayatollah Boroujerdi ci dà un’immagine oscura delle ambizioni globali dell’Iran. Quanti vogliono che l’occidente sia più aperto nei confronti dell’Iran devono chiedere che l’Iran sia più aperto nei confronti del suo popolo. Boroujerdi è un buon punto di partenza. I nostri diplomatici dovrebbero fare un cambio di passo nei negoziati per la liberazione dell’ayatollah Boroujerdi, negoziati che dovrebbero essere rafforzati all’Onu da Samantha Power (che ha spesso sostenuto la causa dei dissidenti politici). Nel frattempo, dovremmo scrivere a tutti i nostri governanti – ovunque nel mondo – per chiedere loro di sostenere pubblicamente il rilascio di Boroujerdi. E’ la cosa giusta da fare e al tempo stesso un buon test delle intenzioni del nuovo governo iraniano. Boroujerdi libero!
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