La politica dei Fratelli Musulmani al potere si dimostra sempre più criminale anche in Tunisia. Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 26/07/2013, a pag.17, la cronaca di Francesca Paci, dal titolo "Tunisi, ucciso leader dell'opposizione"
Mohamed Brahmi
La Tunisia non ha ancora finito di piangere il secondo politico dell'opposizione laica assassinato in meno di sei mesi che le lacrime sono già pietre. La morte del leader del partito Corrente Popolare Mohamed Brahmi, freddato ieri davanti alla sua abitazione di Tunisi, infiamma la piazza anti islamista già surriscaldata dal trattamento riservato ai Fratelli Musulmani egiziani. Cosi oggi, mentre una Cairo blindata attende la manifestazione convocata dai generali contro la riluttanza a obbedire dei sostenitori di Morsi, il paese che due anni e mezzo fa ha acceso la primavera araba commemora il lutto con uno sciopero generale indetto dal potentissimo sindacato Ugtt (mentre la Tunisair cancella tutti i voli e si fermano i festival estivi). «L'opposizione ha perso l'occasione di liberarsi dei Fratelli Musulmani di Ennahda dopo l'assassinio di Belaid il 6 febbraio scorso, quando avrebbe potuto destituire il governo islamista assai prima dell'Egitto, e ora ci riprova, ma è difficile prevedere il risultato perché è Ramadan e perché la gente si sta abituando alla violenza» nota il produttore televisivo Iosri Buasida. Stamane scenderà in piazza come ha fatto mille volte in questi mesi, ma non crede nella soluzione egiziana: «Ennahda dovrebbe ammettere il fallimento e cedere all'opposizione che farebbe bene a trovare un accordo». L'orizzonte sembra assai più cupo di quanto auspichi Iosri. Mentre i medici dell'ospedale confermavano la morte di Brahmi alcuni suoi familiari puntavano l'indice contro Ennahda, considerato il mandante dell'omicidio come nel caso di Belaid. E ieri sera si contavano già diverse sedi del partito della Fratellanza bruciate, soprattutto nella zona di Sidi Bouzid, città natale della vittima e dell'eroe della rivoluzione Mohammed Bouazizi. Ennahda, ovviamente, respinge le accuse e si unisce al coro delle condanne provenienti dall'Onu, dall'Europa, dagli Stati Uniti che chiedono un'inchiesta «trasparente». Ma l'umore è nero. S'intuisce dalle dichiarazioni, il cordoglio, lo choc. Ai piani alti di Ennahda ci si chiede da tempo se l'aver chiuso gli occhi sulle provocazioni dei gruppi islamisti che da mesi terrorizzano le donne, gli artisti, i luoghi di ritrovo dei laici, non sia stato uno sbaglio strategico. E le parole dei leader che, a partire da Ghannouchi, paventano oggi «una catastrofe» e denunciano gli autori dell'omicidio come «fomentatori della guerra civile» suggeriscono i timori profondi. «Brahmi era un deputato come noi e il suo assassinio ci colpisce tutti in un momento topico per la Tunisia che questa settimana ha visto governo e opposizione accordarsi sulla Costituzione e nominare la Commissione indipendente per le elezioni» ragiona Osama al Saghir, membro di Ennahda e dell'Assemblea Costituente in cui finora le due anime del paese, quella religiosa premiata dal primo voto dopo Ben Ali e quella laica, si sono scontrate. Osama mette in guardia i connazionali: «Lo sciopero generale è un errore, ci sono forze intenzionate a far fallire la transizione tunisina che diversamente da quella egiziana ha scelto il dialogo, tanto che Ennahda ha accolto la legge eletto- rale voluta dall'opposizione» La chiamata a stare uniti, ribadita dal presidente Marzouki, pare destinata a cadere nel vuoto. II day after del 56esimo anniversario della repubblica tunisina è un giorno mestissimo nel paese in mezzo al guado, con l'economia in crisi, la difficile dialettica tra islamisti e liberal e l'amato-odiato modello egiziano che incombe sullo sfondo.
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