Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 14/07/2013, a pag.14, con il titolo "Al Qaeda rivendica la fuga da Abu Graib" il commento di Maurizio Molinari.
Abu Graib
Maurizio Molinari
«Siamo stati noi, lo abbiamo pianificato per mesi»: Al Qaeda rivendica l’assalto alle prigioni di Taji e Abu Ghraib che ha portato alla fuga di migliaia di detenuti, 500 dei quali sarebbero militanti e capi dei mujaheddin. La dinamica degli attacchi descrive l’operazione più sofisticata messa in atto negli ultimi due anni dallo «Stato islamico dell’Iraq e del Levante» ovvero il ramo iracheno di Al Qaeda. Il momento di inizio è stato l’esplosione quasi contemporanea di 12 autobombe attorno alla prigione di Abu Ghraib per disorientare il personale di sorveglianza mentre razzi e colpi di mortaio piombavano sui cancelli di entrata, aprendo la strada a dozzine di jihadisti ognuno dei quali aveva indosso un corpetto esplosivo ed aveva giurato di non tornare vivo senza aver liberato i detenuti.
Durante l’attacco, protrattosi per alcune ore, le forze governative irachene hanno tentato di soccorrere il personale a difesa del carcere ma altre unità militari di Al Qaeda sorvegliavano le strade di accesso, e sono riuscite a bloccare il transito. Secondo le valutazioni del governo iracheno, almeno mille detenuti sono fuggiti da Abu Ghraib e 500 di loro sarebbero militanti o comandanti di Al Qaeda. A Taji c’è stato un attacco di Al Qaeda ma senza sfondamento da parte delle unitàkamikaze e questo, secondo la polizia irachena, lascia presumere che si sia trattato di un diversivo, per obbligare i governativi a non concentrare i soccorsi su Abu Ghraib.
Al Qaeda aveva lanciato un anno fa la campagna «Abbattiamo le mura» tesa a liberare i propri militanti imprigionati nelle carceri irachene e ora i fuggiaschi potrebbero andare ad unirsi ai gruppi di volontari impegnati nella guerra civile in Siria contro il regime di Bashar Assad. Un portavoce del premier iracheno, Nuri alMaliki, ha assicurato che «gran parte degli evasi» da Abu Ghraib - il carcere reso noto dagli abusi sui prigionieri iracheni commessi da alcuni militari americani - sarebbe stata «catturata o uccisa» nelle ore seguenti l’assalto anche grazie all’imposizione del coprifuoco nelle aree adiacenti alle carceri, ma ciò non toglie che Al Qaeda può rivendicare il maggior successo militare dall’indomani del completamento del ritiro delle forze Usa nel 2011. Se a ciò si aggiunge che la campagna di attentati ha già causato nel 2012 circa tremila vittime non è difficile concludere che il governo al-Maliki si trova alle prese con un’organizzazione jihadista rafforzata dall’adesione di molti sunniti contrari a politiche governative che considerano sbilanciate a favore della maggioranza sciita.
Ad accentuare la contrapposizione sunniti-sciiti c’è proprio la crisi siriana perché il governo di al-Maliki ha scelto di far transitare i rifornimenti militari iraniani per il regime di Damasco mentre la popolazione sunnita è in maggioranza solidale con i ribelli anti-Assad. Di Siria ha parlato al Congresso di Washington il generale Martin Dempsey, capo degli Stati Maggiori Congiunti degli Stati Uniti, illustrando per la prima volte le cinque opzioni militari che il Pentagono ha sottoposto al presidente Barack Obama: addestramento dei ribelli, attacchi contro obiettivi selezionati, imposizione delle no-fly zone, creazione di zone cuscinetto e controllo delle armi chimiche.
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