Le economie mediterranee distrutte dalla UE, adesso tocca a Israele Commento di Vitaliano Bacchi
Testata: Informazione Corretta Data: 21 luglio 2013 Pagina: 1 Autore: Vitaliano Bacchi Titolo: «Le economie mediterranee distrutte dalla UE, adesso tocca a Israele»
Le economie mediterranee distrutte dalla UE, adesso tocca a Israele Commento di Vitaliano Bacchi
Anni '30, nazismo: i tedeschi non comprano dagli ebrei Anni '2000, unione europea sostituisce ebrei con Israele
Con la politica economica della Ue ostile ad Israele, probabilmente abbiamo toccato il fondo; bisogna tornare alle sanzioni della Società delle Nazioni contro la politica colonialista del fascismo e che determinò il regime di autarchia per ritrovare sanzioni economiche di tale gravità e ostilità, ma non giuste e ragionevoli quali furono quelle di allora, bensì solo violente e immotivate. Il 28 giugno scorso l'organismo deliberativo di Bruxelles della UE ha adottato un provvedimento di politica economica e finanziaria antisionista che ha una gravità senza precedenti; si tratta della imposizione ad Israele a cessare la politica di risanamento e riorganizzazione di territori diversi da quelli dei confini - armistiziali ! - del 1967 e del conseguente boicotaggio di ogni operazione di finanziamento di investimenti nel progetto israeliano di miglioria fondiaria e urbanizzazione delle zone considerate dalla UE eccentriche rispetto il confine della risoluzione ONU sui due stati ed in realtà invece territorio della Stato di Israele regolato da convenzioni internazionali che ne legittimano la miglioria fondiaria anche in favore delle comunità arabe che vivono all'interno dello Stato sionista. Una risoluzione di politica economica che impone ad uno stato libero e democratico confini discrezionali e concepiti con esclusivo riguardo agli interessi arabi nella zona; l'investimento economico israeliano nelle terre indicate è di enorme importanza per lo sviluppo urbanistico e industriale di zone altrimenti relitte al deserto o alla pastorizia e che con la bonifica israeliana hanno per la prima volta nella storia la possibilità di diventare centri di lavoro, stabile insediamento ed occupazione per migliaia di famiglie. Mai uno Stato moderno è stato sottoposto ad una tale opera sistematica e feroce di odio di delegittimazione e di sanzione; il regime giuridico empirico ed incolto che regola il funzionamento della UE impedisce oggi di poter valutare razionalmente l'effetto economico pratico di questa odiosa risoluzione, se vincolante per i paesi membri o solo programmatica per la banca centrale e gli istituti comunitari del finanziamento estero. Certo è che per finanziare il progetto di urbanizzazione e sviluppo economico delle aree indicate come vietate da Bruxelles, Israele deve individuare una partnership diversa da quella comunitaria europea perchè qui l'assenso contrattuale (non di beneficienza) alla crescita economica e al progresso è stato negato e la sua irrazionalità economica è tipicamente comunitaria, nel suo perfetto stile inibitorio e devastante, come nel caso della imposizione alla Grecia di licenziare venticinquemila salariati del pubblico impiego, in applicazione della ennesima equazione tedesca sulla austerità dei conti pubblici, quelli degli altri ovviamente. L'enorme gravità del fatto deve essere valutata comparativamente con la correlativa politica di finanziamento a fondo perduto alla comunità palestinese che i paesi UE e l'organismo centrale attuano da anni nonostante i vincoli del bilancio incompatibili con la densità salariale del pubblico impiego della Grecia siano gli stessi: il flusso finanziario filopalestinese trae risorse dalle economie di bilancio imposte a paesi che, per rispettare i vincoli comunitari di pareggio, non sanno più che cosa mangiare. E' venuto il momento per l'Italia di decidere fra l'avvilente soggezione alla politica monetaria pangermanistica della UE e la scelta di uno sviluppo economico nazionale e autonomo, capace di restituire alle classi sociali distrutte dalla politica comunitaria dell'austerità i volumi monetari sufficienti a sostenere e finanziare una domanda di consumi oggi inibita e devastata dal pangermanesimo dominante nella politica economica europea, vantata come valida e razionale da economisti rimossi di recente da ogni carica politica e che si sono vantati di essere “il più tedesco degli economisti italiani”. Una scuola che vanta fra i suoi teorici sia il ministro federale delle finanze Schauble, sostenitore della risoluzione salariale greca, che Albert Speer. Uscire dalla UE è indicato dai monetaristi sia di estrazione marxista (Emiliano Brancaccio) che di estrazione liberista (Paolo Savona) e quindi a tutto campo, come il solo inevitabile rimedio al disastro finale: lo si faccia subito e se per farlo sarà necessario sollevare l'incidente politico della inaccettabilità della politica comunitaria sulla partnership economica con Israele, a stare dalla parte di chi saprà proporne l'approvazione in parlamento come legge dello Stato saranno in tanti. Tutti quelli che hanno intelligenza attuale del fatto che il boicottaggio pangermanistico comunitario ad Israele è il modello paradigmatico degli imminenti attacchi tedeschi alle economie mediterranee: le nostre, quella italiana, quella spagnola, quella greca e quella di Israele. Stavolta a formulare involontariamente l'identico destino di queste economie è stato proprio quel potere comunitario che sta lavorando per distruggerle: lapsus freudiano.