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Informazione Corretta Rassegna Stampa
21.07.2013 Il programma islamista del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti
Analisi di Mordechai Kedar

Testata: Informazione Corretta
Data: 21 luglio 2013
Pagina: 1
Autore: Mordechai Kedar
Titolo: «Il programma islamista del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti»

 Il programma islamista del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti
Analisi di Mordechai Kedar

 (Traduzione dall’ebraico di Sally Zahav, versione italiana di Yehudit Weisz)

Casa Bianca,
da che parte sta ?                      Mordechai Kedar

 Che cosa unisce le manifestazioni dei Fratelli Musulmani in Piazza Rabi’a al-Adawiya al Cairo, le profonde preoccupazioni di Hamas a Gaza, le dichiarazioni dei leader del Movimento islamico in Giordania, e la manifestazione effettuata dal ramo settentrionale del Movimento islamico in Israele?
Il fatto di essere tutti coinvolti nel piano regionale dei Fratelli Musulmani, sostenuto dal governo americano, preoccupati per l’arresto che questo piano ha subito tre settimane fa in Egitto, quando i Fratelli Musulmani sono stati umiliati e rimossi dal potere.

 Il piano era stato presentato pubblicamente il primo maggio 2012, giorno in cui ebbe inizio la campagna elettorale di Mohammed Morsi in Egitto. In quel giorno, Morsi si era presentato ad un comizio elettorale insieme con uno degli ideologi del movimento dei Fratelli Musulmani in Egitto, lo sceicco Safwat al-Higazi, il quale aveva dichiarato con estrema chiarezza: “Noi vediamo che il sogno del Califfato islamico, il sogno della Terra del Califfato, sarà realizzato, se Dio vuole, da Muhammad Morsi, con i suoi sostenitori, i suoi fratelli e il suo partito politico. Noi stiamo vedendo il grande sogno, che tutti condividiamo, gli Stati Arabi Uniti! ! Ritorneranno gli Stati Arabi Uniti, per volontà di Dio. Gli Stati Arabi Uniti saranno ripristinati da quest’ uomo e dai suoi sostenitori, a Dio piacendo. La capitale del califfato, la capitale degli Stati Arabi Uniti sarà Gerusalemme, a Dio piacendo. La capitale non sarà il Cairo, né la Mecca, nè Medina, ma solo Gerusalemme, a Dio piacendo, ed il nostro appello sarà ‘Milioni di martiri stanno marciando su Gerusalemme’ ”.
Poi un cantante dal palco intonò: “Voi che desiderate ardentemente morire da martiri, Siete tutti Hamas, Bandite il sonno dagli occhi di tutti gli ebrei. Dimenticatevi di tutto il mondo, dimenticate le conferenze. Prendete le vostre armi, Dite le vostre preghiere e invocate Allah ...”

Grazie alla diffusione fatta da MEMRI, questo brano è noto in tutto il mondo.
A questo punto è necessario un commento linguistico. Higazi esprime il nome di “Stati Arabi Uniti” con il termine arabo “al-Wilayat al-Arabiyya al-Mutahida”, che è esattamente quello degli Stati Uniti, con l’aggiunta della parola “Arabi”, inserita in mezzo. Questa somiglianza può essere spiegata in due modi:
a) Si allude alla futura forza dello Stato islamico con la creazione di una somiglianza linguistica tra questo Stato e gli Stati Uniti
b) Qualcuno negli Stati Uniti ha dato loro l’idea di costituire un’entità araba parallela a quella americana. Chi ha dato loro l’idea ha usato il termine “al-Wilayat al-Mutahida” - il nome arabo per gli Stati Uniti - come un modello che si potrebbe instaurare in Medio Oriente, ed è questa la ragione per cui l’ideologo della Fratellanza Musulmana Safwat al-Higazi ha adottato questo nome.

Manifestazione in piazza Taharir contro Morsi,
nello striscione, con Obama, l'ambasciatrice Patterson

 Non so chi sia l’americano che ha fornito loro l’idea, ma io credo che abbia servito e lavori tuttora nel Dipartimento di Stato. Le parole dello sceicco Higazi non erano solo uno slogan elettorale destinato ad eccitare le masse, ma sono anche servite per svelare un programma pratico che ha sostenitori nella Casa Bianca, a Washington D.C. Il piano è stato rivelato di recente sul sito Elaph di Internet, un sito liberale di notizie dal mondo arabo che opera nelle vicinanze di Londra.
Il 12 luglio Elaph ha fatto conoscere la parte giordana del programma dei Fratelli Musulmani per creare gli Stati Arabi Uniti. Questo piano si basa sul presupposto che i Fratelli Musulmani continueranno a tenere sotto controllo più Stati in Medio Oriente: dal 2002 controllano la Turchia, nel 2006 hanno vinto le elezioni legislative dell’Autorità palestinese, e nel 2007 hanno preso il controllo della Striscia di Gaza (che è uno Stato a tutti gli effetti). Dalla metà del 2011, al-Nahda, il ramo tunisino dell’organizzazione dei Fratelli, è stato il primo partito in Tunisia. E dalla fine di giugno del 2012, il Presidente dell’Egitto era dei Fratelli Musulmani, inoltre dalla fine del 2011, la Confraternita era una presenza dominante del Parlamento eletto, successivamente esclusa poi per ordine del tribunale.
Inoltre i Fratelli Musulmani rappresentano la forza trainante in Marocco, Libia e Kuwait, e se le cose andranno bene per loro, governeranno anche in Siria. La Fratellanza è sostenuta dal ricco, potente Emirato del Qatar, con la sua al-Jazeera jihadista, il canale televisivo che è in grado, come si è visto fin dal dicembre del 2010, di rovesciare i governanti al fine di consegnare il potere ai Fratelli Musulmani .

 Il Dipartimento di Stato americano ha incoraggiato i Fratelli Musulmani nel loro processo imperialista fin dai tempi del Presidente George W. Bush, e dal gennaio del 2009, il Presidente Obama e il Dipartimento di Stato considerano l’imperialismo politico islamico, come interesse nazionale americano. La ragione per cui gli Stati Uniti sostengono la Fratellanza è che fin dagli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, gli Stati Uniti sono alla ricerca di una classe moderata dell’Islam politico, al contrario di al-Qaeda, con cui l’Occidente potrebbe convivere.
La Fratellanza Musulmana si presta - a parere del Dipartimento di Stato, e ora anche secondo la Casa Bianca - ad assumere il ruolo di potere dominante legittimo negli Stati islamici, che non inciterà all’odio contro l’Occidente in generale, e gli Stati Uniti in particolare.
Al fine di attuare il piano islamico, per prima cosa bisogna rabbonire gli israeliani, in modo che non diano risonanza internazionale al piano politico americano-islamico. Ecco perché, quando Morsi è stato eletto, il governo americano aveva cercato di rassicurare Israele: a Washington, sotto l’egida del Dipartimento di Stato, una delegazione di membri della Knesset israeliana aveva incontrato alcuni rappresentanti del Parlamento egiziano, tra i quali esponenti dei Fratelli Musulmani, con l’obiettivo di creare un collegamento e il dialogo tra le due parti.

 Il Piano per il Nord del Sinai

 Negli ultimi due anni, la Siria è stata travolta da una terribile guerra civile, con, fino a oggi, più di centomila morti, uomini, donne e bambini. Fin dal 1948 quattrocentomila profughi palestinesi sono vissuti in Siria, condividendone la tragica sorte: in centinaia sono stati uccisi e feriti, e in molte migliaia sono fuggiti in Giordania, Libano, Turchia, Egitto e in altri paesi vicini.
Questa situazione preoccupa molto il movimento di Hamas - i Fratelli Musulmani palestinesi - perché se la rivolta dovesse continuare, i palestinesi, che hanno finora vissuto in Siria, scompariranno come gruppo e la loro dispersione in tutto il mondo potrebbe annullare la “questione palestinese” e il loro “diritto al ritorno” in Israele. Questo è il motivo per cui i leader di Hamas hanno concepito quest’idea con Morsi: l’Egitto trasferirà il Nord del Sinai all’autorità di Hamas, dove verranno trasferiti, per un periodo di tempo limitato, i profughi palestinesi dalla Siria e dai paesi in cui hanno di recente trovato rifugio, in seguito alla guerra civile.
Il governo di Morsi ha approvato il trasferimento nel Nord del Sinai, con l’intenzione di svilupparne le infrastrutture - abitazioni, acqua, fognature, elettricità, strade, comunicazioni, industria e scuole.
Tutto questo verrebbe finanziato dagli USA, dal Qatar e da fondi internazionali; inoltre l’Egitto sarebbe beneficiario delle opportunità portate dal lavoro che si verrebbe a creare. L’area verrebbe data in locazione ai palestinesi e il mondo pagherebbe l’affitto all’ Egitto.

Secondo il piano, Hamas diventerebbe responsabile per i rifugiati palestinesi che vivono nel Sinai, soprattutto per garantire che altri movimenti, Fatah in particolare, non intervengano in questa iniziativa. Il popolo di Gaza sarebbe in grado di entrare liberamente nel Nord del Sinai, che diventerebbe uno Stato Islamico palestinese. Unire il Nord del Sinai a Gaza diminuirebbe il “senso di assedio” dei residenti di Gaza e aprirebbe grandi sbocchi economici per le iniziative di costruzione e di sviluppo nel Nord del Sinai, rendendo superflui i tunnel tra Gaza e Rafah.
Gli Stati Uniti sembrano essere consapevoli di questo piano e di accettarlo di buon grado. Se il nome degli Stati Uniti è collegato con il piano, guadagneranno ampio credito per il loro generoso sostegno a favore dei palestinesi, che manterranno anche il loro status di rifugiati, conservato negli ultimi 65 anni con i fondi per l’UNRWA, gran parte dei quali provengono dai contribuenti americani.
La Casa Bianca, il Dipartimento di Stato e i Fratelli Musulmani danno per scontato che Israele sarebbe favorevole a questo piano, considerandolo una soluzione al problema dei rifugiati, per cui Israele non si opporrebbe al finanziamento americano del “rimpatrio” dei rifugiati del 1948, dei loro figli, nipoti e pronipoti, nel Nord del Sinai.

 Ci sono abbastanza “utili idioti” in Israele, che potrebbero incoraggiare questo piano, illudendosi poi che potrebbe porre fine al problema dei rifugiati, ignorando - come al solito – che una concentrazione di rifugiati palestinesi nel Sinai, porterebbe ad una nuova guerra guidata da Hamas, per fare di tutto il territorio una sola Palestina, eliminando in tal modo Israele, in quanto Stato del popolo ebraico.

 La battaglia per l'Egitto

 Gli Stati Uniti non sono l’unico paese che sta lavorando per consegnare il controllo di tutto il Medio Oriente ai Fratelli Musulmani,  l‘Europa è il partner più importante di questa iniziativa.
Il comportamento degli americani e degli europei non è nuovo: quando nel 2009 il Presidente Obama aveva visitato il Cairo per fare il suo discorso alla nazione islamica, aveva scelto di incontrare i rappresentanti dei Fratelli Musulmani, nemico irriducibile del padrone di casa, questa è stata la vera ragione per cui Mubarak non era presente al discorso di Obama. La scusa per la sua assenza era stata la morte di un nipote avvenuta due settimane prima. In Egitto circola la voce che nelle elezioni dello scorso anno, in realtà avesse vinto Ahmed Shafiq, rivale di Morsi, ma che la pressione americana sul governo militare aveva portato alla dichiarazione che il vincitore era Morsi. Questo perchè il desiderio di Obama e del Dipartimento di Stato era che fossero Morsi e la Fratellanza Musulmana a governare il paese.
La presenza di otto rappresentanti dei Fratelli Musulmani nello staff della Casa Bianca (http://blog.beliefnet.com/watchwomanonthewall/?p=14518#)
(http://www.westernjournalism.com/muslim-brotherhood-infiltrates-the-white-house/  rivela chiaramente la parzialità di Obama a favore dei Fratelli Musulmani, una tendenza che si è espressa nella disapprovazione del governo americano al licenziamento di Morsi dalla presidenza all'inizio di luglio. Un uomo di nome Ahmed Aliba era in servizio tra il personale dell'ambasciata americana del Cairo: è stato lui il collegamento tra l'ambasciatore Patterson e la Fratellanza Musulmana, e a coordinare l’incontro dei funzionari americani con i rappresentanti della Fratellanza.

 All'inizio di luglio Morsi è stato rovesciato dai militari e dalle manifestazioni di massa , ma anche per contrastare il piano di cedere il Nord del Sinai a Hamas per insediarvi centinaia di migliaia di rifugiati palestinesi. La caduta di Morsi ha colpito duramente i leader di Hamas a Gaza perché su questo progetto essi avevano costruito il futuro del loro Stato. Anche Erdogan, l'islamista turco, si è infuriato.

 Il coinvolgimento americano nella realizzazione dei desideri dei Fratelli Musulmani non dovrebbe essere una sorpresa per Israele: il Dipartimento di Stato americano aveva esercitato pressioni simili su Ariel Sharon, quando era primo ministro, costringendolo ad accettare la presenza di Hamas alle elezioni parlamentari palestinesi all'inizio del 2006. Il Dipartimento di Stato non ha imparato alcuna lezione dal comportamento di Hamas dopo la conquista della maggioranza dei seggi, e applica ora simili pressioni sul re Abdullah di Giordania.
Ma al contrario di Ariel Sharon, Abdullah sa bene chi sono i Fratelli musulmani e quindi ci sono molte meno probabilità che non cederà alle pressioni del Dipartimento di Stato.
La persona che conosce la verità sui Fratelli Musulmani e lo dichiara apertamente in è Dahi Khalfan, il comandante della polizia di Dubai. Recentemente ha descritto il pericolo dei Fratelli Musulmani per lo stato degli Emirati come non meno grave del pericolo iraniano.

 La "Patria Alternativa" Islamica in Giordania

 Il rovesciamento di Morsi e della Fratellanza è stato un colpo terribile anche per i leader della Fratellanza in Giordania, che, negli ultimi due anni, si è rifiutata di appoggiare l’iniziativa del re Abdullah , a inserire riforme nel governo giordano, riforme che avrebbero concesso maggiore rappresentanza in parlamento agli partiti islamici ed ai residenti nei campi profughi. Re Abdullah li chiama apertamente "lupi travestiti da pecore" e "massoni" (non vi è espressione peggiore nella lingua araba che il re avrebbe potuto usare nei confronti dei suoi cittadini, MK) perché non vogliono le riforme all’interno del regno hashemita; vogliono invece sostituirlo e trasformarlo in un burattino, dopo la presa in consegna del Parlamento e modificare lo Stato in una "monarchia costituzionale", con una costituzione islamica scritta dalla Confraternita, ovviamente.
Il re descrive la sua lotta con la Fratellanza, con l'espressione "la più importante battaglia che dobbiamo affrontare in tutta la regione", più ancora che quella contro l'Iran. Inoltre, non nasconde il suo disprezzo per i diplomatici e i funzionari americani che promuovono la Fratellanza Musulmana con ingenuità, come se il regime della Fratellanza fosse un tipo di democrazia islamica.
Ora, con la caduta di Morsi, i Fratelli Musulmani di Giordania sono isolati, senza più l'appoggio egiziano e in conflitto con il re, che conosce molto bene i loro obiettivi.
Nel corso degli ultimi due anni, delegazioni di alti funzionari americani ed europei sono andate sovente in Giordania, nel tentativo di convincere il re a cambiare la legge elettorale in modo che i Fratelli Musulmani potessero prendere parte alle elezioni e anche per ottenervi risultati positivi. Tuttavia, questi incontri con il re non sono bastati ad americani ed europei: i loro ambasciatori e rappresentanti si incontrano regolarmente con i leader dei Fratelli Musulmani, sia in Usa o in Giordania, e il re è non può porvi rimedio.

I sospetti del re nei confronti dei Fratelli musulmani sono molto ben fondati: da diversi anni, lo slogan " patria alternativa" è stato inserito come argomento pubblico in Giordania. Lo slogan si riferisce alla volontà di rovesciare la monarchia hashemita, che la Gran Bretagna ha importato dal Hijaz 90 anni fa, per far tornare la Giordania ai suoi abitanti originari :
a) una minoranza di beduini abitanti del deserto, che vivono prevalentemente in insediamenti che spostano nel corso degli anni, pur conservando la propria cultura tradizionale e la lingua
b) una maggioranza, costituita da contadini palestinesi e da abitanti delle città, la cui lingua e cultura è diversa da quella dei beduini.

 La popolazione beduina vive prevalentemente a sud e a est di Amman, mentre la popolazione palestinese vive in gran parte a nord di Amman. Il termine “palestinese” per i giordani non si riferisce ai residenti della parte della Terra d'Israele a occidente del fiume Giordano, ma a quei residenti indigeni nel nord-ovest della Giordania che si auto definiscono "palestinesi", adottando il nome dal Mandato Britannico per la Palestina-Israele, dal momento che non vogliono essere chiamati beduini.
A questo gruppo si devono aggiungere altri palestinesi, alcuni dei quali sono i profughi del 1948, mentre  altri si erano trasferiti in Giordania da Israele, Giudea e Samaria, nel corso degli anni.
Tutti hanno la cittadinanza giordana, e quindi secondo le regole dell’ Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, non sono profughi, nonostante il fatto che l’UNRWA li consideri tali.
I residenti indigeni "palestinesi" della Giordania non sono interessati a ciò che accade a occidente della Valle del Giordano, e tollerano in silenzio la coalizione della monarchia hashemita con i beduini locali.
In generale i rifugiati palestinesi vivono in pace, E non fanno richieste politiche, perché si ricordano ancora del Settembre Nero (settembre 1970), quando - sotto la guida di Yasser Arafat – l’Olp aveva cercato di istituire uno stato terrorista palestinese all'interno dello Stato di Giordania e Re Hussein aveva risposto massacrandoli a migliaia.

 Ora, sulla scia della "primavera araba", il vento del cambiamento sta cominciando a soffiare anche in Giordania, e il gruppo coinvolto, più grande e organizzato, è la Fratellanza Musulmana, che ha molti sostenitori tra i vari gruppi palestinesi: i giordani autoctoni, i profughi e i rifugiati politici provenienti da ovest del fiume Giordano, che sostengono la Fratellanza soprattutto perché rappresenta una sfida alla monarchia hashemita.
Da alcuni anni i palestinesi stanno parlando di "patria alternativa", il che significa che sperano di creare uno Stato palestinese sulla terra che ora è  Giordania, o di dividere lo Stato in uno  beduino a Sud-est e uno  palestinese a Nord, o di prendere il controllo sull'intero Stato tramite elezioni o con la violenza.
Talvolta i Fratelli Musulmani in Giordania hanno cercato di organizzare manifestazioni e aprire tende di protesta in una delle piazze di Amman, ma le forze di sicurezza del regno - composte per lo più da beduini – l’ha vietato.
La Fratellanza tende poi a boicottare le elezioni per il parlamento, perché non vogliono seguire le regole del re "pseudo-democratico" e “pseudo- legittimo”. E’ solo un tentativo, perché, dopo tutto, nessuno può rimuovere legalmente il re dal suo trono, il quale tenta di convincere i Fratelli Musulmani a partecipare alle elezioni dando loro un contentino sotto forma di posti di lavoro al governo.

 Paradossalmente, i Fratelli Musulmani in Giordania e la destra israeliana hanno interessi simili: entrambi auspicano che in Giordania si instauri uno Stato palestinese, al posto della monarchia hashemita, per cui chiedono il rovesciamento della monarchia  e la cancellazione dell'accordo di pace tra Israele e il Re di Giordania firmato nell'ottobre 1994.
La destra israeliana contesta l'autorità della monarchia sul Monte del Tempio, avuta grazie all’accordo di pace, mentre la Fratellanza giudica l'accordo un tradimento verso i palestinesi, gli arabi e gli islamici, in sostenza una polizza assicurativa per il regime della famiglia hashemita .
Ecco perché il re Abdullah è diventato il più grande sostenitore della creazione di uno Stato di Palestina in Giudea, Samaria e Gaza, in modo di poter sostenere che la Giordania è la Giordania, la Palestina è a occidente del fiume Giordano, e tutti quelli che vogliono vivere in Palestina devono emigrare nella zona a ovest del fiume.
I Fratelli musulmani, che in maggioranza risiedono nella parte Nord della Giordania, vogliono eliminare la monarchia, e questo li pone in eterno conflitto con il re.
Lo scorso anno, l'elezione di Morsi è stata molto incoraggiante per loro, perché hanno in comune la stessa visione politica.
Avevano tentato di organizzare una manifestazione con almeno 300.000 persone in una delle piazze di Amman per fare una "Piazza Tahrir” in versione giordana, ma le forze di sicurezza giordane hanno scoperto il piano e l’hanno, come al solito, proibita.
Il re è ben informato sull'idea di una "patria alternativa" e molte volte ha reagito dicendo: "La Giordania non sarà una patria alternativa per nessuno", e quindi sostiene la creazione di uno Stato palestinese al di fuori della Giordania.
Il re cerca anche di tranquillizzare il popolo, affermando di non esser mai stato soggetto a pressioni da parte di alcun Presidente americano, da Bill Clinton, a George Bush a Barack Obama, per creare uno Stato palestinese a spese della Giordania. Forse i Presidenti degli Stati Uniti non hanno fatto pressione sul re per creare uno Stato palestinese in Giordania, tuttavia, a mio parere, esiste una pressione per consentire alla Confraternita di diventare parte del sistema politico giordano, soprattutto da parte del Dipartimento di Stato, che da anni cerca di promuovere il progetto politico dei Fratelli Musulmani nel paese.
Per tenere il re tranquillo, il Dipartimento di Stato lavora alla creazione di uno Stato palestinese in Giudea e Samaria, che comprometterebbe la sicurezza dello Stato di Israele, poichè in futuro, questo Stato palestinese diventerà  sicuramente un altro Stato di Fratelli Musulmani governato da Hamas.
Così il cappio islamico si chiuderà attorno al collo di Israele, e sarà esaudito il sogno di Safwat Higazi di stabilire uno Stato del Califfato islamico con Gerusalemme come capitale, e tutti gli islamici del mondo saranno grati all'America per aver spinto Israele sotto l'autobus dei Fratelli Musulmani.
Come si spiega altrimenti l’obiezione del Dipartimento di Stato a riconoscere Gerusalemme - la capitale del popolo ebraico da 3000 anni - come la capitale di Israele, e l'opposizione americana alla sovranità del popolo ebraico su Giudea e Samaria, come stabilito alla Conferenza di San Remo nel 1920?

 Conclusioni

 Il Dipartimento di Stato e la Casa Bianca temono il terrore islamico più di ogni altra cosa. Pertanto, dopo l'11 settembre del 2001, sono stati ossessionati dal desiderio di compiacere i musulmani a qualsiasi costo. Pensano che il governo dei Fratelli Musulmani sulla maggior parte degli Stati musulmani sia la soluzione ideale e la più utile per gli interessi americani, anche se tutto ciò costa l’abbandono di amici e alleati di lunga data. Mubarak, Gheddhafi, Abdullah II e Israele sono tutti parte del sacrificio che il Dipartimento di Stato e la Casa Bianca sono disposti a fare sull'altare del governo dei Fratelli Musulmani sull'intero mondo arabo e islamico mediorientale.
La caduta di Morsi potrebbe essere il soffio di vento che ricaccia il genio islamico-americano nella bottiglia?

Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
Link:
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