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La Stampa Rassegna Stampa
16.07.2013 'Tzilla', di Yehudit Katzir. Alla scoperta della narrativa femminile in Israele
la recensione di Elena Loewenthal

Testata: La Stampa
Data: 16 luglio 2013
Pagina: 31
Autore: Elena Loewenthal
Titolo: «Judith Katzir, Israele scopre la letteratura femminile»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 16/07/2013, a pag. 31, l'articolo di Elena Loewenthal dal titolo "Judith Katzir, Israele scopre la letteratura femminile".


Elena Loewenthal                         Yehudit Katzir

Tutto comincia con un ricordo remoto, di prima che vengano le parole: il contatto fresco con un paio di vecchie ginocchia, dietro il tessuto. E mani dolci che accarezzano il capo di bambina, anzi lo saggiano con i polpastrelli, lo guardano con la pelle. Perché la bisnonna Tzilla, con l’età, ha perso anche il secondo occhio, e la piccola Judith, che quel giorno ha quattro anni, forse persino meno, si domanda come sia possibile: un occhio non è mica una biglia di vetro che rotola via, giù per terra.

Prende l’avvio così l’«Estate di quando comincia la memoria», la prima parte del nuovo, fluviale romanzo di Judith Katzir, scrittrice israeliana cinquantenne giustamente paragonata all’Amos Oz di Una storia di amore e di tenebra , almeno per questo libro da poco uscito in Israele e salito subito in vetta alle classifiche ma anche alla ribalta delle pagine culturali. Un risultato quasi impossibile da noi, ma non tanto consueto nemmeno a Gerusalemme e Tel Aviv, quello di coniugare mercato e critica letteraria, classifiche di vendita e colti dibattiti.

Tzilla , questo è il titolo delle oltre cinquecento pagine di cui si compone il romanzo, narra la storia di una famiglia ma soprattutto della sua capostipite, che porta questo nome squillante. Una donna certamente straordinaria nella sua modestia: né un’intellettuale né un’eroina. Non fonda nulla, non combatte se non sul terreno della propria, personale esistenza. Il primo occhio, nonna Tzilla lo perde durante il terribile pogrom di Odessa, nel 1905, a seguito del quale emigra in Palestina, dove avvia un bizzarro ménage à trois con il marito e il giovane amante che le resterà fedele per tutta la vita. Tanto che quella mattina a Herzliya, non lontano da Tel Aviv, nell’estate del ’67, «dopo la guerra dei Sei Giorni, quando comincia la memoria», «zio» Chanan, il giovane amante ormai invecchiato pure lui, è ancora lì con lei. «Poco dopo se ne andarono tutti e due, nello spazio di qualche giorno. Per anni non fui in grado di dire chi di loro fosse morto per primo, non me lo ricordavo, sapevo solo che il secondo era morto di dolore».

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