Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 12/07/2013, a pag. 12, l'intervista di Rolla Scolari ad Amr Moussa dal titolo " Nella transizione servono i Fratelli musulmani ", preceduta dal nostro commento. Dal FOGLIO, in prima pagina, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo " L’articolo del Nyt sul golpe egiziano è complottista. Copti uccisi nel Sinai ".
Ecco i pezzi:
Il GIORNALE - Rolla Scolari : " Nella transizione servono i Fratelli musulmani"


Amr Moussa Rolla Scolari
Amr Moussa, descritto da Rolla Scolari come "ex candidato presidenziale, ex segretario generale della Lega araba e politico di punta del Fronte di salvezza nazionale, coalizione anti-Morsi", sostiene la necessità di includere anche i Fratelli Musulmani nel processo politico.
Evidentemente il loro disastro appena concluso non è servito a nulla.
A lasciare senza parole, però, è la definizione che Moussa fa dei salafiti, che secondo lui sarebbero "flessibili politicamente e non dogmatici, non sono rigidi come i Fratelli musulmani. In politica possono aggiungere qualcosa".
Più che come un leader del partito laico egiziano, Moussa parla come se fosse l'addetto all'ufficio stampa dei salafiti.
Ecco l'intervista:
Piazza Tahrir è a pochi passi dal tranquillo ufficio di Amr Moussa. Da lì, come nei giorni della rivoluzione del 2011, sono partite enormi manifestazioni che hanno portato alla deposizione del presidente Mohammed Morsi. I suoi sostenitori continuano le proteste mentre un Capo di Stato e un premier nominati da poco lavorano assieme ai generali - senza gli islamisti - alla transizione. «Dobbiamo includere anche i Fratelli musulmani», spiega al Giornale Amr Moussa, ex candidato presidenziale, ex segretario generale della Lega araba e politico di punta del Fronte di salvezza nazionale, coalizione anti-Morsi. Il neo premier Hazem El Beblawi ha detto ieri che la Fratellanza potrebbe avere un ruolo nell’esecutivo in costruzione.
Ci sono voci di disaccordi tra forze politiche ed esercito sulla transizione, cosa succede?
«Non è il momento di litigare. Ci sono priorità e l'attenzione deve focalizzarsi sul futuro».
Teme l'intrusione dell'esercito nella vita politica?
«Il futuro del Paese sarà determinato dalle elezioni. L'esercito rimarrà un esercito, ma questo è un momento di crisi e abbiamo bisogno dei militari per riportare l'Egitto alla normalità. Non mi preoccupa l'esercito, mi preoccupa l’Egitto: lo Stato stava per collassare ».
Qualcuno parla di «restaurazione ». Torneranno nomi dell' Ancien régime?
«Non ci sarà un ritorno del vecchio regime e del passato. Entrambi sono fuori dai giochi. Dobbiamo però includere tutte le forze politiche, a patto che siano pacifiche ».
Anche i Fratelli musulmani?
«Devono essere parte del processo politico».
Intanto però è stato però spiccato un mandato d'arresto per leader della Fratellanza, tra cui la guida, Mohammed Badie.
«Come nell'ex partito di Hosni Mubarak, nella Fratellanza non ci sono soltanto i leader».
Quindi la Fratellanza potrà partecipare alle prossime parlamentari? E se vincesse ancora una volta?
«Le persone sono spaventate dalla recente cattiva esperienza di governo. I Fratelli musulmani non vinceranno».
Non crede che la deposizione del primo leader islamista eletto possa avere ripercussioni oltre l'Egitto?
«Avrà ripercussioni. Quello che è accaduto è un grosso colpo per l'islam politico. I Fratelli musulmani hanno fallito perché si sono rivelati inefficienti nel governare, non perché sono islamisti. Non penso vinceranno elezioni ovunque».
Si presenterà alle presidenziali?
«Non correrò: è il momento delle giovani generazioni. Molti fanno pressioni per una mia ricandidatura, vedremo».
È stato o non è stato un colpo di Stato?
«C'erano milioni di persone: questo è quello che ha innescato il cambiamento. L'esercito non vuole governare».
Quale è stata la sua reazione dopo i morti di lunedì?
«È stato uno choc. La perdita di vite è inaccettabile, l'incitazione alla violenze è male».
Perché i salafiti sono diventati attori così centrali?
«Sono il secondo partito islamista nel Paese. Sono flessibili politicamente e non dogmatici, non sono rigidi come i Fratelli musulmani. In politica possono aggiungere qualcosa».
La piazza è unita nelle manifestazioni, divisa in politica.
«Dobbiamo correre assieme alle elezioni, penso sia possibile: la fragmentazione è dannosa».
Che ne pensa del crescente anti- americanismo della strada egiziana?
«Si indebolirà. Le relazioni con gli Stati Uniti sono molto importanti e rimarranno buone come prima».
Il FOGLIO - Daniele Raineri : " L’articolo del Nyt sul golpe egiziano è complottista. Copti uccisi nel Sinai "

Daniele Raineri

Il Cairo, dal nostro inviato. Il New York Times arriva per primo e pubblica un pezzo sul mistero delle code degli egiziani ai distributori di benzina e sui blackout dell’energia elettrica, entrambi citati come prova dell’imminente collasso economico dell’Egitto ed entrambi magicamente spariti subito dopo il golpe dei generali contro il governo dei Fratelli musulmani. La domanda nell’aria a cui risponde il bureau cairota del New York Times è: il golpe è stato fabbricato in anticipo, con una accorta manipolazione della rabbia degli egiziani? (Anche altri media, per esempio Foreign Policy, stavano lavorando sulla stessa traccia). “Siamo andati a dormire e il mattino dopo quando ci siamo svegliati la crisi non c’era più”, dice un benzinaio, Ahmed Nabawi, al Nyt. Il pezzo è stato però accusato di essere complottista e c’è chi punta il dito contro un collaboratore locale del quotidiano americano, Mayy el Sheikh, legato ai Fratelli musulmani. Una delle fonti citate è Naser el Farash, ex portavoce del ministero del Commercio interno nel governo Morsi. “Il golpe è stato preparato – dichiara – da diversi gruppi dentro lo stato, dai depositi di carburante alle cisterne che lo trasportano ai distributori fino alle stazioni di servizio, tutti hanno partecipato nella creazione della crisi”. La fine istantanea delle code ha fatto il paio con gli aiuti da 12 miliardi di dollari in arrivo da Arabia Saudita, Emirati arabi e Kuwait: così fare il collegamento è irresistibile, due più due uguale quattro, prima è stata creata una penuria di beni artificiale per scatenare proteste e poi è stato il momento del premio dato agli egiziani dall’esterno per aver deposto Morsi. Le poche stazioni di servizio sentite dal Foglio non sono in grado di confermare o di smentire. Farah Halime, egiziana esperta del Council on Foreign Relations che cura l’imprescindibile sito Rebel Economy sull’economia egiziana, ci tiene a smontare la tesi, per quanto suggestiva. La crisi del carburante non è per nulla finita, dice Halime, le code ai distributori ci sono ancora e per quanto riguarda la sensazione di sollievo post golpe potrebbe essere valida la spiegazione più semplice: per una settimana le normali attività si sono interrotte, si è consumata meno benzina, la scarsità era momentaneamente finita. “E ieri dove abito c’è stato di nuovo un blackout elettrico”. Il pezzo del Nyt raccoglie invece maggiori consensi dove cita la collaborazione inesistente degli apparati dello stato con il governo islamista: burocrazia, magistratura, polizia ed esercito hanno indetto uno sciopero bianco non dichiarato e permanente contro Morsi. Hanno cessato di svolgere le proprie funzioni, pur presentandosi al lavoro. Il dopo Morsi ieri è stato celebrato dall’esercito con una violenta operazione nella penisola del Sinai, dove – secondo fonti di al Hayat – “i militari hanno ucciso anche 32 appartenenti al gruppo palestinese Hamas”, perché stavano aizzando le violenze in collaborazione con gli estremisti locali. In tutto, 200 uomini armati sono stati arrestati o uccisi. Il Sinai infestato dai jihadisti è un altro di quei dossier legati alla sicurezza che sono stati trascurati in questo anno di governo dei Fratelli. Ieri un secondo copto è stato trovato decapitato nel nord del governatorato, dopo il prete ammazzato domenica: dal 3 luglio sono sei i copti uccisi in tutto il paese, è da intendersi come una rappresaglia per il putsch.
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